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Gio. Set 5th, 2024

Intervista a Claudia Potenza: “‘Madame Luna’ di Espinosa lascia il segno. I registi devono lottare per la loro libertà” L'attrice racconta il momento d'oro che sta vivendo, da "Madame Luna" a "Indagine su una storia d'amore", dagli esordi in "Basilicata Coast to Coast" di Rocco Papaleo a "Vita da Carlo" al fianco di Carlo Verdone.

Lug 12, 2024
Foto di Mirko Morelli

Sarà un’estate molto intensa per Claudia Potenza. La stiamo vedendo al cinema, in questi giorni, al fianco di Paolo Calabresi ne “L’anima Salva, film diretto da Federica Biondi. Il 17 luglio verrà presentato, in anteprima, a Taormina “Madame Luna”, che uscirà nelle sale il giorno seguente e che vanta la regia di Daniel Espinosa, regista di fama internazionale che ha diretto pellicole come “Morbius” e “Life”. Infine, l’attrice sarà anche in “Indagine su una storia d’amore”, nuovo film di Gianluca Maria Tavarelli. Abbiamo avuto il piacere di intervistare Claudia per parlare del suo luglio da incorniciare. L’attrice ha raccontato di cosa abbia significato per lei essere diretta da un regista come Espinosa, del rapporto con Tavarelli, dell’esperienza in “Vita da Carlo” e della sua “romanità” acquisita che ha lasciato a bocca aperta persino Carlo Verdone. Questo e altro nella nostra intervista a Claudia. A voi…

Foto di Mirko Morelli

Salve Claudia. Benvenuta su “La voce dello schermo”. Partiamo da “Madame Luna”. Cosa ti ha colpito di questa esperienza e di Nunzia, il personaggio che interpreti?

Salve a tutti, grazie. Per prima cosa ti direi che mi ha colpito la dura storia di questo film. È stato importante il lavoro svolto con Daniel (Espinosa ndr.) per costruire al meglio il percorso sotto la sua guida. Inoltre, il processo di costruzione del personaggio mi ha portato a non giudicarlo ed è la prima cosa che si insegna nelle scuole di recitazione. Quando ci si trova di fronte una storia tosta, con una tematica delicata come quella del traffico d’uomini e la vita dei rifugiati si crea un dissidio interiore. Il film racconta avvenimenti realmente accaduti e gli argomenti che tratta mi devastano ogni giorno che passa. Cercare di capire cosa ci sia dietro le azioni delle persone è stata una dura prova.

Il film indaga una tematica sempre attuale, come il traffico d’uomini e cosa significa essere rifugiati. Ti ha dato la possibilità di approfondire il tuo punto di vista e di viverlo con i tuoi occhi…

Sì, ovviamente la mia idea di partenza si è rafforzata ancora di più perché ho avuto l’opportunità di conoscere tante persone che vivono questa condizione nella vita reale e che hanno partecipato al film. Ho parlato con tante mamme di bambini e tante famiglie che sono riuscite a ricostruirsi una vita e con tante persone arrivate da poco. Mi chiedo come si possa ancora oggi essere di un pensiero così retrogrado come quello di chiudere una porta davanti a una vita e come si possa lasciare in mare delle persone e chiudere i porti. Il traffico di persone è qualcosa che ci colpisce e allo stesso modo lo fa chi si approfitta di un proprio simile. Soltanto l’idea che qualcuno possa chiudere una porta a chi è in difficoltà mi colpisce tremendamente e oggi accade di continuo.

Cosa ti ha lasciato il lavoro con un regista come Daniel Espinosa?

È un regista molto incisivo, un mix di grande follia e di discrezione. È un aspetto che mi piace e che sostengo tanto, perché non c’è bisogno di molto per guidarti nel migliore dei modi ma serve incoscienza e una grande consapevolezza nel sapere dove condurre gli altri. Daniel è un grandissimo condottiero e ti fa sentire sempre molto al sicuro. Credo sia la capacità principale che deve possedere un regista: sapere dove ti deve condurre con precisione.

Che differenze hai notato rispetto al nostro cinema?

Ho notato un’abitudine diversa a sperimentare e un’attitudine nel volere fare tante prove.

In Italia credi sia facile o difficile sperimentare? Perché secondo te siamo meno abituati alla sperimentazione?

In Italia non è facile sperimentare perché a volte si è poco liberi, ma ci sono tanti motivi. A volte si è poco liberi dentro e altre volte si ha un po’ le mani legate per tanti motivi. I registi spesso si sentono o si rendono poco liberi e non soltanto per responsabilità loro. Tuttavia credo che, in generale, abbiamo sempre la possibilità di migliorare la situazione e bisogna combattere per la libertà e anche per le piccole cose, sempre, ce l’ha insegnato la storia.

Foto di Marta Tagliavia

Come pensi debba approcciarsi un regista italiano alla sperimentazione?

I registi hanno bisogno di combattere moltissimo e provo grande ammirazione verso chi lo fa per la propria libertà e per quello che desidera. L’altro giorno un mio amico regista mi ha detto: “Io non ho mai avuto padroni, discuto con dei capi” e credo che bisogna discutere con cognizione di causa, avere degli argomenti da fare valere e se dal primo giorno ti senti di avere padroni è la fine. Io dico sempre che devi pensare da elefante quando sei formica e dobbiamo sentirci in questa condizione anche se sentiamo di non aver raggiunto ancora ciò che desideriamo. Il non avere padroni è una condizione che devi sentire dentro di te altrimenti verrai mangiato ogni secondo e sarei sempre una preda appetibile.

L’estate è una stagione particolare per l’uscita di film. In questo periodo, però, stiamo vedendo nelle sale diversi film italiani interessanti. Come interpreti la scelta di uscire al cinema nei mesi estivi?

In passato l’avrei definita una scelta bizzarra, invece in questo momento lo trovo molto interessante, anche per via delle iniziative che riguardano il cinema. La gente in città è molto curiosa e bisogna spronare le persone ad andare nelle sale. Ci sarà chi vorrà andare al mare e chi al cinema. Ognuno di noi rappresenta una fetta di società e mi auguro che la gente abbia sempre più sete di sapere. Ormai è cambiato un po’ tutto, anche dal punto di vista internazionale, siamo abituati a vedere film in estate, magari per noi può sembrare un po’ una novità ma speriamo sia un incentivo per andare al cinema.

Altro progetto che ti riguarda in questo periodo è “Indagine su una storia d’amore”, dove hai ritrovato Tavarelli e con cui avevi lavorato già in “Non Mentire”. Si tratta di un film diverso rispetto a “Madame Luna”…

Con Gianluca abbiamo un bellissimo rapporto professionale e questo film è molto bello, molto intelligente e ironico e sono molto contenta di aver fatto questa partecipazione. C’è una particolarità che riguarda questo set, che verrà svelata tra qualche giorno e che mi rappresenta. Quello di Marisa è un ruolo che mi ha divertito molto. È una vicina di casa pugliese, divertente e un personaggio molto carino.

Recentemente ti abbiamo vista anche in “Vita da Carlo”, dove hai interpretato la moglie di Max Tortora. Che comicità ti ha permesso di esplorare Carlo Verdone?

Sono tanto grata anche a Carlo, essendo uno dei maestri della commedia italiana. Questa esperienza mi ha permesso di stare continuamente su un qualcosa da esplorare e che ho potuto conoscere ogni giorno con lui. Interpretare una donna romana è stato molto interessante e Carlo era convinto che lo fossi davvero. Quando me lo chiese, io risposi: “No, Carlo. Non sono di Roma” e lui, con aria stupita, mi disse: “Ma allora da dove te esce ‘sta romanità?”. Da lì è nato un amore professionale che continua ed è stato bello incontrarsi.

Sei stata candidata ai David e ai Nastri d’argento per “Basilicata Coast To Coast” e “Piccola Impresa meridionale”. Cosa hanno rappresentato per te le esperienze con Papaleo?

È iniziato tutto da lì per cui ha significato tutto, anche se Rocco dice che non è così. Gli sarò grata per sempre, è stato un sogno proseguire per un secondo film e mi farebbe piacere ritrovarlo nuovamente dal punto di vista professionale. È il mio padrino artistico e Maria Teresa sarà sempre dentro di me e saremo sempre insieme.

Altre esperienze a cui sei maggiormente legata e perché?

Ovviamente “Monte” di Amir Naderi che ritengo un’esperienza di vita totalmente unica e indimenticabile, tant’è vero che mia figlia si chiama Nina in onore di quel personaggio. Ho avuto a che fare con una persona come mai nessuno nella mia vita come Amir: un artista unico perché ha una rarità umana, artistica, un modo di fare particolare, racconta delle ossessioni e si muove tra questo e un’unicità umana. È stato un vivere tutto questo con gli occhi spalancati. Ho vissuto diverse esperienze di notevole difficoltà ma penso che questa rappresenti l’apice. Ha avuto un fascino incredibile, girando nelle montagne per due mesi e mezzo, è stata un’esperienza molto dura e le montagne ti regalano un qualcosa di irraccontabile. Potevo soltanto restituire il bello di questa esperienza chiamando mia figlia come quel personaggio, per omaggiare questo set.

Foto di Marta Tagliavia

In questi giorni è in sala “Inside Out 2” della Disney, il film di animazione che indaga le emozioni. Quali sono state le tre emozioni più grandi che hai provato sul set?

Sicuramente gioia, ansia e nostalgia.

Se potessi rubare un ruolo a una tua collega, quale sceglieresti?

Ora non saprei ma a undici anni ti avrei risposto Natalie Portman in “Leòn” perché mi sarebbe piaciuto esordire in quel modo.

Se fossi una giornalista che domanda faresti a Claudia?

Chiederei cosa vorrei fare di impossibile e risponderei forse morire e tornare in vita.

Questo portale si intitola la voce dello schermo. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Se penso allo schermo non posso non pensare al cinema. Ti risponderei che ascoltare la voce dello schermo rappresenta il mio momento di maggiore riflessione e, assieme alla lettura, il momento di massima fruizione, per cui prendo e tengo!

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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