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Ven. Set 6th, 2024

Intervista a Filippo Contri: “In ‘Amici per caso’ contro pregiudizi ed etichette. Carlo Verdone un maestro” L’attore romano, conosciuto per aver fatto parte di “Vita da Carlo” e in cui lo rivedremo nella terza stagione, presenta il film diretto da Max Nardari e gli aspetti che ha amato del suo personaggio.

Lug 18, 2024
Foto di Maria La Torre

Giovedì 25 luglio uscirà nelle sale “Amici per caso”, commedia diretta da Max Nardari, distribuita da Adler Entertainment e con protagonisti Filippo Contri, Filippo Tirabassi, Rocco Fasano, Giulia Schiavo e Beatrice Bruschi. Abbiamo intervistato, su “La voce dello schermo”, il protagonista Filippo Contri. L’attore ha presentato il film e il personaggio di Pietro, un uomo che palesa evidenti difficoltà a scrollarsi di dosso pregiudizi ed etichette e che affronterà diverse vicissitudini che lo metteranno alla prova. Filippo ha, inoltre, confidato diversi aneddoti dal set di “Vita da Carlo”, in cui lo vedremo prossimamente nella terza stagione e nuovamente al fianco di Carlo Verdone. Questo e altro nella nostra chiacchierata con Filippo. A voi…

Salve Filippo. Benvenuto su “La voce dello schermo”. Partiamo da “Amici per caso”. Presentiamo il film che vedremo dal 25 luglio al cinema e cosa ti ha messo alla prova dell’interpretare Pietro?

Salve a tutti. Grazie. “Amici per caso” è una commedia corale, divertente, frizzante e piena di colpi di scena e con un cast meraviglioso.
Sicuramente non è stato facile per me interpretare un personaggio fortemente ignorante e con una mentalità retrograda. La difficoltà principale è stata fare in modo che non risultasse una caricatura o una macchietta. La chiave è stata rendere il personaggio molto naturale. Pietro compirà un percorso, perché ha bisogno di un inserimento nella società e di captare delle informazioni per migliorarsi. Ha vissuto un’infanzia difficile e ho cercato di mettermi nei suoi panni, pensando che comunque ci sono tante persone che vivono delle realtà poco libere. Il risultato è stato un personaggio divertente e allo stesso tempo fragile. Nonostante Pietro rappresentasse degli stereotipi, è stato stimolante aver avuto la possibilità di lavorare affinché le battute avessero una loro potenza e non venissero giudicate.

Il personaggio di Pietro è un po’ retrogrado. Secondo te cosa significa essere moderno nel 2024?

Essere moderno per me significa cercare di abbandonare il concetto di “pregiudizio” e di “etichette” e non prendere una posizione con leggerezza e superficialità. Bisogna provare a mettersi nei panni di una persona quando la si ascolta ed essere più empatici. Ritengo sia fondamentale rispettare la libertà delle persone.

Che rapporto hai con la modernità?

Come tutte le persone, come anche Pietro, ho vissuto diverse fasi nella mia crescita e adesso mi sento moderno. Sono cresciuto in una famiglia con un padre che usciva la mattina per portarmi a scuola e rientrava da lavoro alle 20.00. Per cui la prassi era questa e chiunque non la rispettasse lo percepivo come un qualcosa di inusuale. Oggi, appena vedo un padre alle quattro del pomeriggio con un bambino, penso che possa essere un libero professionista e che viva in maniera differente rispetto alla prassi. Essere moderni significa accettare e riconoscere le diversità, anche a partire dal modo di vivere.

Cosa ti ha dato l’opportunità di evolverti e di cambiare il tuo modo di pensare?

Oggi, avendo fatto due lavori differenti, venendo prima dalla consulenza ed essendomi trovato a cambiare tutte le carte in tavola e a voler fare quello che mi avrebbe sempre dato la possibilità di esprimermi al cento per cento, ovvero l’attore, ho cambiato il mio modo di pensare. Ho cambiato anche il mio modo di vestire, preferendo spesso la comodità alla bellezza di ciò che indosso. Mi sento una persona molto aperta, rispettosa, ritengo la libertà un concetto chiave di ogni individuo ed è importante non limitare la libertà di nessuno.

La tua famiglia ha supportato la tua decisione di voler fare l’attore?

Ho perso mio padre nel periodo in cui stavo finendo l’università. Il percorso accademico e lavorativo l’avevo immaginato in una certa maniera e in un determinato momento, prima di fare l’attore, mi sono ritrovato insoddisfatto. Parlavo spesso con mia madre e ci siamo convinti a rischiare e a provare a fare qualcosa che potesse essere più nelle mie corde. Mia mamma voleva che io fossi convinto della mia scelta e io lo ero, contavo e speravo su di me. Credo che sia importante nella vita fare qualcosa che pensi che sai fare, farla bene e che ti fa stare meglio. Piano piano sono arrivati diversi progetti fino a mettere in moto il motore, nonostante le difficoltà del mestiere d’attore e le preoccupazioni che quest’onda possa rimanere quello che è ora, possa diminuire o diventare uno tsunami. Penso che anche mio padre mi avrebbe supportato.

Con chi hai legato di più del cast?

Sicuramente con Filippo (Tirabassi ndr.). È stato una benedizione perché siamo diversi eppure ci troviamo, abbiamo legato tantissimo e credo di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo da lui. Mi trovo molto bene a dialogare con lui, a scambiare le battute e a provare. È stato un set veloce e difficile, viste le temperature e le location, e ci siamo dati una grande mano durante le riprese. Quando è finito il film siamo rimasti amici e a ottobre faremo una commedia insieme a teatro. Sarà molto bello portare avanti questa amicizia, davanti a un copione teatrale e ritrovarsi a casa a giocare magari alla playstation, poi spegnere la play e fare dei ragionamenti più profondi.

Tu sei romano, uno dei simboli della romanità è Carlo Verdone. Hai avuto modo di lavorare con lui per due stagioni, in attesa della terza, in “Vita Da Carlo”. Com’è stato far parte di questa esperienza?

È stato il sogno di ogni bambino. Quando ho iniziato a vedere la televisione e a ridere per la prima volta davanti uno schermo c’era quasi sempre la sua faccia dietro. Poter lavorare con lui per me era il massimo e il fatto che continui a esserlo dopo averlo conosciuto è qualcosa di gigantesco e di bellissimo. Carlo è la romanità, il cinema e la commedia ed è stato il regalo più bello che potessi chiedere da attore. Sono quattro anni ormai di collaborazione e di lavoro fianco a fianco per diversi periodi dell’anno. Sapere che puoi contare su una persona come lui è una bella garanzia, un onore e la cosa più grande che si possa coltivare.

Ti ricordi la prima volta che vi siete incontrati?

Assolutamente sì. La prima volta che ci siamo conosciuti ci siamo scambiati due battute e lui è andato nel suo camerino. In quel momento ci rimasi un po’ male perché non avevamo nemmeno avuto il tempo di bere un caffè. Non passarono nemmeno cinque minuti e mi bussarono nel camerino per dirmi che Carlo voleva conoscermi. Andai da lui con molta sana spavalderia e, dopo aver parlato pochissimo del più e del meno, mi disse di cominciare a recitare le battute. Ho sempre avuto la memoria di ferro ma in quel momento ho avuto un attimo di smarrimento. Ho cominciato a prendere un ritmo, anziché instaurare una comunicazione. Lui mi fermò dicendomi: “Calma, calma”. In quel momento mi sono reso conto che il cinema ha bisogno di poggiarsi su di te, devi incuriosire, andare più piano, prendere tempo sulle battute. Carlo mi ha insegnato a vivermela da protagonista ma allo stesso tempo con più leggerezza e incisività. Mi ha aiutato a vivere bene il set e a capire le dinamiche di un attore. È stato un maestro.

Quali sono state le scene che ti hanno colpito di più?

Sicuramente la scena a Piazza Augusto Imperatore con Antonello Venditti. Ho visto Carlo dare una lezione di recitazione intensiva ad Antonello e il cantante che ascoltava le sue dritte. Antonello è stato bravissimo e ha fatto un’interpretazione brillante. Quest’anno, inoltre, c’è stata una giornata di lavoro in cui c’erano anche Maccio ed Ema Stokholma ed è stato divertentissimo. Mi è rimasta impressa una scena esilarante tra Carlo e Maria Pagliato, in cui lei passava l’aspirapolvere in un momento di concentrazione dell’attore in vista del Festival di Sanremo. Durante quelle scene era difficile trattenere le risate e potevi soltanto buttarti a terra con le lacrime.

Si sa qualcosa riguardo l’uscita?

Credo che dovrebbe uscire verso settembre o ottobre.

Che rapporto hai con la romanità? Come la vivi?

La vivo sia dal punto di vista calcistico che nella vita. Sono molto tifoso e rappresenta un momento di condivisione con la famiglia e di svago nella vita. Nonostante gli amici si organizzassero per le trasferte, io amavo vedere le partite con papà e mamma e gli amici più stretti. Amo Roma, vivo benissimo qui, mi piace quando c’è caldo e quando c’è freddo. Mi piace la cucina romana e conservare il mio accento, nonostante abbia una buona dizione, e utilizzare alcune abitudini romanesche come il gesticolare, le espressioni o il modo di camminare. Amo la romanità e mi diverte. Anche se mi incuriosiscono le altre territorialità.

Ti piacerebbe cimentarti in un dialetto differente?

Tantissimo. La mia fidanzata è di Pesaro e mi è arrivato di recente un progetto con una cadenza simil romagnolo/marchigiano. Mi sono divertito molto, mi ha dato una mano lei, la sorella e il suo fidanzato. È stato molto divertente e mi piacerebbe lavorare con dei coach per la realizzazione di un accento perfetto. Ho rivisto di recente, per la seconda volta, “Palazzina Laf” e l’interpretazione di Riondino e di Germano è stata incredibile e ho pensato proprio a un lavoro di questo tipo. Ogni tanto arrivano dei provini riguardo lingue e dialetti, parlo molto bene lo spagnolo e l’inglese ed è un mondo che mi piacerebbe esplorare ulteriormente e non vedo l’ora che qualcuno voglia scommettere su di me e stravolgermi.

Tra l’altro hai fatto parte di un progetto spagnolo di recente…

Sì, un progetto spagnolo che sta andando molto bene in Spagna. Si intitola “La casa in fiamme” e ho avuto l’onore di condividere lo spogliatoio e di festeggiare il mio compleanno con un gruppo corale che mi ha fatto sentire di stare accanto a delle stelle nell’universo, sentivo la loro energia ed erano attori meravigliosi e di ogni fascia d’età. Mi sono divertito ed è stata un’esperienza incredibile. Ho interpretato un italiano che viveva in Spagna e ho avuto la possibilità di parlare sia lo spagnolo che l’italiano e di aggiungere parole che non erano in sceneggiatura. Mi sono molto divertito ed è stato carino.

Quali particolarità ti hanno colpito di questo set?

È stato bello conoscere il regista Dani De La Orden, entrare nel suo mondo, vederlo ragionare, immaginare una scena con della musica sotto. Mi ha permesso di conoscere un ambiente un po’ diverso dal nostro, anche a partire dal fatto che attori noti condividessero uno spogliatoio comune fino al modo in cui sono stato accolto nonostante il mio ruolo fosse marginale. È stato come stare in un set internazionale e di grande qualità.

Altre esperienze di cui hai fatto parte che porti nel cuore?

Ho finito di girare una serie su Netflix diretta da Riccardo Donna, intitolata “Mrs Playmen” con Carolina Crescentini nei panni di Adelina Tattilo e con Domenico Diele. È stato un bellissimo set. Ho avuto l’opportunità di recitare con Francesca Colucci, che non avevo visto mai all’opera ed è stato bello accorgermi che, oltre a possedere una fisicità interessantissima, aveva dentro tanta anima e tanta voglia di lavorare. Poi ho incontrato nuovamente Giuseppe Maggio, con cui giocavo a calcio assieme da piccolini ed è sempre bello ritrovarsi sui set e condividere anche questi legami. Inoltre, faccio arti marziali da quando sono piccolino e ho fatto due scene d’azione, è stato bellissimo e conoscere Samuele Brancato, che mi ha insegnato a enfatizzare diversi movimenti, ed è stato molto bello. Dopo questa esperienza vorrei iscrivermi a un corso da stunt professionale perché mi piace girare le scene da solo, senza controfigure, e non mi stanco mai. Cado mille volte e mi rialzo ancora più carico.

Se potessi rubare un ruolo a un tuo collega quale sceglieresti?

Vorrei rubare a Paul Mescal il ruolo ne “Il Gladiatore II”.

Se fossi un giornalista, che domanda faresti a Filippo?

Gli domanderei: “Consiglieresti mai a chiunque di intraprendere la tua professione?” E risponderei: “Assolutamente sì”, perché è il mestiere più bello del mondo e, anche se è difficile avere delle opportunità, lo avrei consigliato anche a mio padre che faceva tutt’altro.

Fare l’attore è il mestiere più bello del mondo perché…

Perché puoi divertirti, essendo te stesso, giocando e immaginando come se non ci fosse fine all’immaginazione.

Questo portale si intitola “La voce dello schermo”, cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Significa perdersi all’interno di un racconto, soffermarsi su qualcosa di nuovo, viaggiare e imparare. Più la voce è bella e più la possibilità di affidarmici è elevata e più mi ci affido, più mi perdo e più il risultato si compie.

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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