Dal 25 luglio, a rendere più divertente la nostra estate cinematografica ci penserà “Amici per caso”, la commedia diretta da Max Nardari, distribuita da Adler Entertainment e con un cast interessantissimo e che annovera Filippo Tirabassi, Filippo Contri, Beatrice Bruschi, Giulia Schiavo, Rocco Fasano e Mirko Frezza. Abbiamo intervistato su “La voce dello schermo”, in occasione dell’uscita del film, Giulia Schiavo che nel film interpreta il personaggio di Valeria e che abbiamo già conosciuto nei panni di Nina Bandera ne “Il Patriarca”, serie targata Mediaset, diretta da Claudio Amendola e che ritornerà presto a tenerci compagnia sui nostri teleschermi. Giulia ha raccontato degli aspetti che ha amato della commedia di Nardari, di cosa significa per lei spaziare da ruoli divertenti a drammatici e ha dato qualche piccola anticipazione sulla seconda stagione de “Il Patriarca” e su “Malamore” di Francesca Schirru, film che uscirà prossimamente e che l’ha messa alla prova con un ruolo molto impegnativo. Una chiacchierata che ci farà comprendere e apprezzare la versatilità di Giulia. A voi…
Salve Giulia, benvenuta su “La voce dello schermo”. Da giovedì 25 luglio ti vedremo al cinema in “Amici per caso”, quali sono gli aspetti che ti hanno colpito del film?
Salve a tutti, grazie. È una commedia fresca, brillante, scritta davvero bene e caratterizzata da imprevisti, colpi di scena divertenti ed equivoci. Sono rimasta colpita sin dal primo momento e ridevo tantissimo già leggendo la sceneggiatura nell’immaginare le scene che avremmo girato. Il film è caratterizzato da un’interessante ironia ed è un aspetto che ritengo molto importante sia nella finzione che nella vita. Far parte di questo set è stato molto bello, sia per il clima molto leggero che si respirava, sia per le amicizie che mi ha permesso di creare con gli altri attori e questa sintonia è stata fondamentale anche per la riuscita del film. È stata un’esperienza che porterò sicuramente nel cuore.
Per quanto riguarda il tuo personaggio, quali sono gli aspetti che ti hanno conquistata di Valeria?
È stato bello addentrarsi in quella dimensione di leggerezza e, in certi casi, è più difficile fare commedia rispetto al dramma.
Valeria è un’amica e collega del personaggio interpretato da Filippo Tirabassi, lavora in una galleria d’arte con lui, è molto comprensiva, leale, con la battuta pronta, simpatica e un personaggio pieno di sfumature e gioioso. Nella storia risulterà fondamentale per far comprendere a Pietro alcuni aspetti sulla diversità e del fatto che accettare una sessualità diversa sia un valore aggiunto.
Cosa ti fa sorridere nella vita?
Mi fa sorridere, in senso buono, quando trovo davanti delle persone che hanno un cuore, semplici e oneste perché ritengo siano caratteristiche rare in una società come quella odierna e in cui tutti vogliono essere qualcuno o qualcosa di irraggiungibile e di diverso.
Cosa pensi invece che faccia sorridere di te alla gente?
La spontaneità, che sono una persona diretta, spesso goffa e buffa e anche quando provo a darmi un tono non ci credo nemmeno io ed emerge sempre la mia vera essenza. Credo che la mia autoironia sia uno degli aspetti che mi contraddistingue. Tendo spesso a sdrammatizzare le situazioni, attraverso l’ironia riesco a entrare in confidenza con gli altri e la riverso su me stessa. Fa parte della mia personalità da sempre.
A breve riprenderai il ruolo di Nina Bandera nella seconda stagione de “Il Patriarca”. Come riesci a passare da tipologie di ruoli così differenti con ottimi risultati?
Credo sia fondamentale, per passare da un genere a un altro, rimanere in ascolto. In fin dei conti, il lavoro di attore non è altro che vivere, dare vita ai personaggi e quando accogli un ruolo nuovo devi essere in grado di sintonizzarti su quelle frequenze, cercare di capire le sue esigenze e cosa lo muove. Sicuramente non è facile e mentre per interpretare ruoli drammatici ci si può appigliare a un trauma vissuto nella propria vita, nella commedia è più difficile mantenersi sempre leggeri e, allo stesso tempo, all’interno di una profondità. Chiunque, nella vita, prova emozioni contrastanti tra di loro, che passano velocemente da fasi della vita più semplici ad altre più complicate e quello che serve per dar vita ai personaggi che arrivano è cercare di attingere da qualcosa che magari hai vissuto e diventa facile se vai a pescare dalle tue esperienze personali.
Nina non è un personaggio semplice, si colloca al confine tra bene e male. Cosa ti ha affascinata di lei?
Sicuramente il fatto che sia un personaggio al limite, che lotta per il bene ma è circondata dal male. Credo sia un personaggio in fondo positivo e che cerca la libertà in un contesto claustrofobico. Nina rivendica costantemente il suo volere e le sue scelte, anche molto ribelli e coraggiose perché opporsi a una società patriarcale non è facile per tutte noi donne. Nina per me incarna questo aspetto: il voler prendere e ritagliarsi una posizione in una società che fondamentalmente non te lo permette. In questa seconda stagione interpretarla mi è piaciuto ancora di più perché, senza fare spoiler, avrà un’evoluzione, trascinandosi un dolore grande che la porterà a fare scelte ancora più combattute e si troverà a dover fronteggiare degli avvenimenti estremi e non con poca sofferenza. È stato molto interessante per me raccontare questa crescita del personaggio perché siamo andati più in profondità e non vedo l’ora che sia novembre, quando dovrebbe uscire la serie, per vedere ciò che succederà.
Che rapporto si è creato con Claudio Amendola?
È stato bellissimo e Claudio mi ha dato dimostrazione di quanto sia stato fiero di avermi scelta e per me non è scontato. Alla fine di ogni ciak veniva da me ad abbracciarmi, essendo molto paterno e affettuoso, e questo l’ho percepito sin da subito nel momento in cui mi ha detto che sarei stata io a interpretare Nina. Ho avvertito immediatamente il suo affetto professionale. Sono stata gratificata un sacco da lui durante questa stagione e dicevo: “vorrei sempre Claudio accanto a me per farmi sentire bene!”. È un rapporto molto bello, lui è molto umano ed è fondamentale per me avere a che fare con persone del genere perché puoi anche essere l’attore più bravo del mondo ma se non mantieni la tua umanità e umiltà credo sia un peccato. Lui è molto amato dalle persone perché in primis si ricorda che è una persona. Fare l’attore è un lavoro come tanti altri e senza una troupe che si muove attorno a noi non saremmo nulla.
Cosa ti infastidisce nella vita?
L’ipocrisia e l’insistenza, quando ti trovi in delle situazioni in cui tante persone mancano di empatia e continuano a insistere come se nulla fosse. Non riesco a trovare una motivazione valida affinché una persona non debba comprendere il prossimo e alcune situazioni.
Ci sono altre esperienze a cui sei più legata?
Tra ottobre e novembre scorsi ho girato “Malamore” opera prima di Francesca Schirru, prodotta da Rai Cinema che uscirà non prima dell’autunno e sono molto legata al personaggio di Mary. Non posso dire molto se non che per me esiste un prima e un dopo quel film perché quel personaggio mi ha lasciato un’impronta nella vita che ho continuato a portarmi dietro anche dopo. Non è mai semplice quando un’esperienza ti lascia così tanto e bisogna saperlo gestire. Allo stesso tempo è come se ogni ruolo fosse un cassetto pieno di roba che io conservo gelosamente dentro di me e quando è il momento di interpretarne uno nuovo è come se andassi a riaprire questi cassetti e a prendere qualcosa che mi serve. Spero che di questi cassetti ce ne saranno sempre di più.
Se potessi rubare un ruolo a una tua collega quale sceglieresti?
Ti direi il ruolo di Emma Stone in “Poor Things” perché ha dato vita a un personaggio femminile incredibile e sono molto soddisfatta e fiera che in questo momento sto girando un cortometraggio con delle corde simili a quel quel ruolo perché racconta di una ragazza appena nata, nel corpo di una ragazza ma con la testa di una bambina, che sta scoprendo il mondo ed è la cosa più divertente che ci sia.
Quali sfumature della femminilità ti piacerebbe esplorare in futuro?
È stato un anno in cui mi sono cimentata in tanti ruoli che hanno avuto a che fare con la femminilità, affrontando tematiche di violenza di genere partendo da Nina, che affronta un certo tipo di violenza mentale, mentre “Malamore” affronta la violenza sia fisica che mentale e ha lasciato il segno per questo motivo, perché raccontare sullo schermo una violenza di questo tipo, sapendo che c’è un femminicidio al giorno, è stata dura per me e mi ha portata ad avere una preoccupazione e una sensibilità ancora maggiore sul tema.
Perché credi sia importante realizzare prodotti di questo tipo?
Realizzare film e prodotti con queste tematiche è fondamentale per riflettere su cosa stiamo diventando e che non possiamo permetterci di andare alla deriva così tanto. È importante utilizzare un veicolo così grande, come il cinema, per denunciare qualcosa. Mi piace e piacerebbe sempre di più cercare ruoli che possano portare la donna in uno stato sempre più sacro, perché ha il diritto di avere una parità sotto ogni punto di vista. Sarebbe bello mettere in luce donne impegnate, che lottano per essere quello che sono, ma rimanendo loro stesse. Mi sembra anche assurdo parlare di lotta, perché dovrebbe essere la cosa più normale del mondo ma non lo è perché la vita quotidiana ci dimostra tutt’altro.
Se fossi una giornalista che domanda faresti a Giulia?
Se fossi una giornalista le chiederei se la Giulia di dieci anni fa si sarebbe mai immaginata che avrebbe avuto delle soddisfazioni del genere e avrebbe vissuto tutto questo. Risponderei che non me lo sarei mai immaginata e che sono tanto fiera di esserci arrivata da sola e non mollando neanche un giorno anche se comunque questo è soltanto l’inizio e non mi sento minimamente arrivata. È stata una crescita continua e voglio crescere ancora artisticamente, giorno dopo giorno.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Significa veicolare un messaggio, essere in grado di percepire un concetto attraverso la potenza dello schermo.
Di Francesco Sciortino