La seconda stagione de “Il Patriarca” è tornata a incuriosire il pubblico di Canale 5 da due settimane con nuove storie avvincenti e con un ritmo incalzante che non stanca mai lo spettatore, sempre più curioso di capire quali saranno le sorti di Nemo Bandera e famiglia. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare su “La voce dello schermo” Neva Leoni, che ci sta regalando un’accattivante interpretazione nei panni di Lara Bandera. L’attrice, che ha fatto parte di altri prodotti di successo come “Cuori” e “Il Paradiso delle signore“, ha raccontato quali sono gli aspetti che rendono interessante la serie diretta da Claudio Amendola, ha confidato cosa le abbia regalato un personaggio come quello di Lara e ha ricordato le altre tappe fondamentali della propria carriera, che testimoniano la grande voglia di mettersi in gioco dell’attrice. Neva si è infatti divisa tra cinema, teatro, serie tv e web dimostrando una notevole curiosità nell’esplorare ogni linguaggio della recitazione e una preparazione fuori dal comune. Presto la vedremo nell’attesissima serie tv “Belcanto” di Carmine Elia, che promette di regalarci altre sorprese. Nel frattempo ammiriamola nella seconda stagione de “Il Patriarca” e cerchiamo di capire meglio quale sarà il futuro di Nemo Bandera. A voi…
Salve Neva, benvenuta su “La voce dello schermo”. Ti stiamo vedendo nella seconda stagione de “Il Patriarca”. Quali sono gli aspetti che ami di più della serie?
Salve a tutti, grazie. Sicuramente “Il Patriarca” vanta una squadra formidabile e si è stabilita, dal punto di vista umano e lavorativo, una connessione straordinaria. I miei colleghi attori sono molto divertenti, bravi ed è stato un piacere lavorare con loro. La sintonia di questo set è uno degli aspetti che mi hanno fatto amare questa serie e spero si percepisca da fuori. La parte tecnica, inoltre, è una delle migliori con cui abbia lavorato, è un piacere vederli all’opera, recitare in queste condizioni ti regala una grande sicurezza e ci ha permesso di rendere al massimo nelle nostre interpretazioni.
Riguardo Lara, per un’attrice è sempre importante cercare una diversità nei personaggi che interpreta. Cosa ti ha permesso di esplorare di diverso questo ruolo?
È stato il mio primo personaggio completamente drammatico. È profondamente incastrata in una modalità con la quale non vuole avere niente a che fare ma che non riesce a scrollarsi di dosso. È una persona che ha cercato per una vita di allontanarsi da un certo tipo di mondo, ma non è riuscita a farlo e adesso vive con le conseguenze che ciò comporta. Ha subìto un grande abbandono da parte del padre, che nonostante abbia perdonato la mette in una situazione molto complessa e pericolosa, in cui è costretta a farci i conti dalle circostanze ma dalla quale vorrebbe starne fuori. È molto diversa rispetto agli altri ruoli da me interpretati e ho potuto toccare corde da me ancora inesplorate. È stato molto interessante per me.
Come si riesce a entrare in un personaggio del genere, cercando di assorbire il suo vissuto drammatico?
Ovviamente nonostante siano situazioni profondamente diverse da quelle che mi riguardano, perché raccontiamo di una famiglia che ha a che fare con la criminalità, per avvicinarmi a un personaggio del genere ho dovuto prendere spunto da alcuni stati d’animo del mio vissuto. Il sentimento che prova costantemente Lara è quello della rabbia, motivo per cui ho incanalato il dolore che mi accompagnava in quei giorni a causa della perdita di mio padre e ho potuto trasmetterlo al mio personaggio.
Tra tanti personaggi divisi tra bene e male, Lara sembrava la più orientata verso il bene. Ci sarà un’inversione di rotta nei prossimi episodi?
In questa serie bene e male sono molto confusi e, nonostante troviamo dell’oggettività nel male e nella criminalità, questi due concetti si vanno un po’ a intersecare tra loro, dando vita a una situazione più grigia che bianca o nera. Lara si aggrappa molto alla sua idea di morale, a cui tiene molto e che le permette di stare in piedi. Possiede questa sua necessità di comportarsi in maniera corretta e seguendo la retta via. Proverà a continuare su questa linea, ma sarà sempre più difficile…
Com’è stato essere diretta da Claudio Amendola?
Dopo la prima stagione, è stato bello confermarsi ancora una volta sotto la sua direzione. È una persona molto attenta agli attori, con una grande capacità di mantenere il set in uno stato di serenità e di positività e la situazione non è cambiata tra una stagione e l’altra. Ammiro molto la sua capacità di mettere insieme e di gestire un’ottima squadra e lo trovo molto bravo a perseguire un’idea di scena e di storia dall’inizio alla fine.
Qual è secondo te il punto di forza de “Il Patriarca”?
Sicuramente il ritmo è uno dei punti di forza, perché non lascia spazio alla noia e c’è sempre una conseguenza alle proprie azioni che viene sviluppata con un passo serrato, che permette di tenere l’attenzione alta ed è gestito in una maniera tale da permettere di sedimentare le informazioni.
Ci sarà una chiusura del cerchio o ci possono essere spiragli per una nuova stagione? La prima ci aveva fatto penare tra cancellazione e rinnovo…
Sì, l’incertezza sul rinnovo ci aveva un po’ spiazzato, non era prevista e ce ne dispiaceva molto. Tuttavia, si è deciso di andare avanti perché la serie era piaciuta e abbiamo avuto la possibilità di proseguire. Credo che una storia possa andare avanti per sempre, ma il finale della seconda non lascerà le persone con l’amaro in bocca com’è accaduto con la prima stagione. Avremo una conclusione di stagione, ma se si vorrà andare a esplorare ci sarà modo di farlo e sono davvero curiosa di capire che cosa potrebbe succedere a questi personaggi in un’ipotetica terza stagione. Ma non posso dire di più…
Facendo un passo indietro alle altre esperienze della tua carriera, quali sono state quelle che ti hanno lasciato di più?
Ogni esperienza mi ha lasciato qualcosa di importante e sono una persona che dà molto peso al rapporto umano. Quando possibile, cerco di portarmi dietro dai set delle amicizie che rimangono anche dopo. Dal punto di vista artistico, ogni interpretazione mi ha dato la possibilità di esplorare qualcosa di nuovo e di diverso e di dare in quel momento a un determinato personaggio una parte di me inedita. È stato come creare un puzzle sempre più completo e sviluppare corde sempre più diverse da poter toccare. “Cuori” ad esempio mi ha dato tantissimo da un punto di vista di dolcezza, di forza, nell’essere femminile e quasi materna. Ne “Il Paradiso delle signore” interpretavo un personaggio più giovanile, più impulsivo, spinto dai propri sogni, dai propri desideri e non dalle conseguenze, mentre Lara de “Il Patriarca” è più dura, più rabbiosa, testarda e capace di portare avanti ciò che pensa. Sono tutte parti che grazie a lavori diversi sono riuscita a sviluppare e che mi hanno dato l’opportunità di lavorare su me stessa. Direi che ogni set mi ha lasciato qualcosa di fondamentale e ho imparato tanto da ogni ruolo.
In futuro come ti piacerebbe esplorare questa diversità artistica?
In questo momento mi sento molto aperta a tutto quello che può arrivare. Credo di aver raggiunto un momento di serenità e di grande fiducia nel futuro. Penso che arriverà ciò che deve e che sto andando verso la direzione giusta.
“Il Paradiso delle signore” ha regalato a voi del cast molto affetto da parte del pubblico. Quanto è importante per un’attrice essere amata dal pubblico?
Il pubblico da un certo punto di vista è fondamentale perché la sua risposta ci fa capire se un prodotto è arrivato a loro. È molto importante farsi amare perché è il nostro primo critico e lo specchio del nostro lavoro, bisogna non darlo per scontato e avere rispetto della sua intelligenza. Tuttavia, nel momento in cui si interpreta un ruolo negativo a volte la paura di farsi odiare da lui potrebbe impedirti di prendere delle decisioni che magari possono risultare più giuste per il personaggio. Bisogna avere l’accortezza di accettare che non si deve essere necessariamente un personaggio positivo, che è giusto che il pubblico non provi amore per lui se è un antagonista e si comprenda che attore e ruolo interpretato siano due entità differenti.
C’è stato un personaggio negativo da te interpretato che ti ha fatto vivere una situazione del genere?
Sì. Ho cominciato la mia carriera in tv con un personaggio negativo: Rosa Francini in “Che Dio Ci Aiuti”. Era la sorella del personaggio di Azzurra e in completa opposizione con lei. Mi sono divertita tantissimo a interpretarla, è stata un’esperienza molto divertente ed era un personaggio che faceva molta attenzione a mandare il messaggio giusto e non completamente naturale e trasparente. Tuttavia, essendo un ruolo negativo, non fu un personaggio tanto amato da chi seguiva la serie e ho imparato ad avere a che fare con un pubblico che non ti apprezza particolarmente quando vesti i panni di un’antagonista.
Ma nel momento in cui interpreto una cattiva da attrice devo esserlo necessariamente. Anche se il pubblico non lo comprende del tutto, ho le mie giustificazioni per comportarmi così e soprattutto non posso mai giudicare il mio personaggio.
Hai esplorato vari mondi: dal cinema alle serie tv, dal web al teatro. Cosa hai imparato da due mondi così opposti come teatro e web?
Credo che la recitazione sia sempre la stessa a prescindere dal mezzo. C’è ovviamente una differenza che intercorre tra progetto e progetto e tra un genere e un altro. Ma da un punto di vista più ampio do la stessa dignità sia a un’interpretazione su un set, su un palco o sul web. È sempre molto divertente approcciarsi a situazioni diverse e non sapere cosa accadrà. Inoltre, diversificare i vari mondi della recitazione mi ha permesso di imparare tanto e di scoprire tanto da ognuno di loro. Mi sono avvicinata al web perché era il campo iniziale di mio marito e l’ho conosciuto lì, apprezzavo ciò che faceva e mi incuriosiva. È stato molto bello avere la possibilità di recitare con lui. Il teatro, invece, è la scuola suprema della recitazione perché il lavoro che fai mentre lavori a un progetto teatrale è un mondo a parte e c’è sempre qualcosa da raccogliere e io cerco di farlo il più possibile.
Cosa ami della recitazione?
La possibilità di esplorare realtà diverse e di allenare l’empatia. Quello che devi fare mentre reciti è non metterti a guardare un personaggio con aria di giudizio, devi sempre essere dell’idea che si comporta in un modo per un qualcosa di più profondo e scoprirlo è un grande esercizio di empatia. È uno degli aspetti che più amo del mio lavoro.
Ci sono prossimi progetti che ti riguardano e che puoi accennarci?
Il prossimo anno uscirà una serie di Carmine Elia che si intitola “Belcanto” nella quale avrò un ruolo che ho amato molto. Non c’è ancora una data di uscita e non posso dire tanto ancora. Però posso dire che sarà interessante e non vedo l’ora di farvela conoscere. Attendetela perché la sto aspettando con ansia anche io. E ovviamente spero che le prossime puntate de “Il Patriarca” siano seguitissime e che le persone possano darmi un feedback su questo lavoro che ho amato molto.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
È sempre interessante perché è una voce che non è la tua ma che risuona con te. È il motivo per cui ci piace guardare lo schermo e siamo attirati da lui. È una voce esterna da te ma che ti può fare capire che cosa hai dentro se ascolti quella giusta.
Di Francesco Sciortino