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Intervista alla regista Alessandra Gonnella: “In ‘Miss Fallaci’ raccontiamo gli anni meno conosciuti di Oriana Fallaci” La regista parla della sua idea di cinema su “La voce dello schermo”, che segue la scia tracciata da mostri sacri della commedia romantica come Woody Allen, Nora Ephron, Nancy Meyers tra tanti, e anticipa alcuni interessanti aspetti riguardanti la nuova serie di Rai1 con Miriam Leone protagonista.

Feb 17, 2025
Foto di Stefano Broli

Martedì 18 febbraio debutterà su Rai 1 “Miss Fallaci”, attesissima serie tv con protagonista Miriam Leone nei panni di Oriana Fallaci e tratta dal corto di Alessandra GonnellaA Cup of Coffee With Marilyn”.
Abbiamo intervistato su “La voce dello schermo” proprio la regista Alessandra Gonnella, che ha diretto ‘Miss Fallaci’ assieme a Luca Ribuoli e Giacomo Martelli e che ha già avuto modo di farsi conoscere e apprezzare da critica e pubblico grazie al corto da cui è tratta la serie che vedremo su Rai 1 e che le ha permesso di vincere un Corto d’argento ai Nastri D’argento del 2020. La regista ha confidato come sia nata l’idea di raccontare alcuni aspetti della vita di Oriana Fallaci, come abbia fatto a coinvolgere nel progetto Miriam Leone e come il corto sia diventato, in seguito, la base per la nascita della serie tv. Ma non è tutto, Alessandra ha parlato dello stile e del genere che predilige, dei suoi registi di riferimento e della sua idea di fare cinema. Questi e altri aspetti di Alessandra Gonnella, una regista che rappresenta presente e futuro del cinema dei nostri giorni. A voi…

Foto di Greta Larosa

Salve Alessandra, benvenuta su “La voce dello schermo”. Il 18 febbraio vedremo “Miss Fallaci”. Da cosa nasce questa tua voglia di raccontare Oriana Fallaci?

Salve a tutti, grazie. Sono sempre stata appassionata di Oriana Fallaci sin da quando frequentavo il liceo. Mi ha sempre conquistato la sua tenacia e il suo stile di scrittura con il suo humor ironico e pungente. Nel momento in cui mi sono trasferita a Londra, intorno ai diciannove anni, è aumentato il mio amore per questo personaggio e mi hanno affascinato i suoi anni giovanili, che erano meno conosciuti al pubblico e in cui mi rivedevo molto. Inizialmente ho maturato l’idea di raccontare un aneddoto che riguardava lei e Marylin Monroe e ho realizzato il corto “A Cup of Coffee with Marilyn” con Miriam Leone. Mi ha dato grandi soddisfazioni, ottenendo anche il Nastro d’Argento. In seguito, durante il periodo del Covid, ho realizzato questo concept seriale di otto puntate che trattava più in profondità ciò che è accaduto a Oriana in quegli anni.

I primi due episodi sono stati proiettati al Festival Del Cinema di Roma. Cosa dobbiamo aspettarci da tutti gli episodi?

I primi due episodi fanno comprendere meglio chi era Oriana in quel periodo: una ragazza che negli anni ’50 viveva da sola a Milano, con i genitori preoccupati per lei perché pensava soltanto alla scrittura, era molto ossessiva e precisa nel proprio lavoro ma in redazione non veniva trattata alla pari. A quel punto, decise di scommettere di riuscire a intervistare vari divi di Hollywood, tra cui Marilyn. L’inizio approfondirà quanto raccontato nel corto, attraverso flashback e ripercorrendo il viaggio di Oriana in America. Si racconteranno i drammi che la riguardarono, dall’aborto al primo amore che l’aveva ossessionata.

Quali sono le caratteristiche che ti hanno affascinato di lei?

Sicuramente la tenacia, l’impulsività nel rischiare, la grande intelligenza e il suo modo di essere così brillante. Ho ammirato la sua determinazione nel voler aspirare qualcosa di più e nel volere ottenere ciò che desiderava. È una fonte d’ispirazione e personalmente cerco di attingere dalla sua voglia di andare avanti nonostante tutto e tutti perché un bravo artista o regista sceglie le proprie battaglie e deve avere l’intelligenza di comprendere che il progetto è quello giusto, dal momento che ci dedicherà mesi e anni.

La serie tv è diretta da te, Luca Ribuoli e Giacomo Martelli. Com’è stato condividere la regia?

Ho imparato tantissimo da entrambi ed è stato un bell’allenamento per me, anche perché la serialità ti permette di stare più a lungo su un set e comporta una lavorazione lunga. È stato un lavoro che ha richiesto grande energia e un’ottima comunicazione tra noi per trovarci sulla stessa linea d’onda. Da una parte ho ascoltato i loro consigli e i loro insegnamenti e dall’altra ho potuto esprimermi nel migliore dei modi.

Com’è stato vincere un Corto D’Argento?

È stato molto importante vincere un premio così prestigioso e mi ha un po’ cambiato la carriera dall’oggi al domani. Speriamo di vincerne tanti altri! (ride ndr.)

Come hai convinto Miriam Leone a far parte di questi due progetti?

Non pensavo accettasse. Con Diego Loreggian, che ha co-prodotto il cortometraggio con me, siamo riusciti a coinvolgerla. Le abbiamo esposto in maniera chiara il progetto, spiegandole che nonostante fosse un cortometraggio avrebbe dovuto interpretare un personaggio affascinante come quello di Oriana Fallaci, girandolo a Londra e per metà in inglese.

Come ha reagito?

È rimasta molto colpita dalla passione, dalla tenacia e dalla chiarezza della visione che avevo riguardo il cortometraggio. Sono contenta dei risultati che abbiamo ottenuto ed è stato fondamentale che Miriam tornasse per girare la serie. Ci lega sia il corto che la serie ed è uno degli aspetti che rendono speciale questo progetto e qualcosa che non succede spesso. Siamo partiti da un’idea e siamo arrivati a una serie tv, con attori di spessore e attirando l’attenzione di un colosso come Paramount.

Ti sei trasferita in Inghilterra, cosa cercavi di diverso rispetto a ciò che offriva l’Italia?

Sono sempre stata appassionata della cultura e la letteratura anglosassone, ho sempre studiato bene l’inglese e sapevo che grazie a questa lingua avrei potuto comunicare con tutto il mondo. Quando ho visitato per la prima volta Londra, mi sono resa conto di voler vivere qui ed è un luogo molto stimolante. A livello umano mi ha cambiato e mi ha fatto maturare tantissimo. Ogni giorno c’è una cosa diversa da fare, ci sono talenti molto bravi ed è una sana competizione in cui sei stimolato a fare meglio per vedere chi è più bravo e in maniera meritocratica.

Cosa pensi di aver portato invece del tuo essere italiana in Inghilterra?

Forse qua si avverte una sorta di diffidenza nei confronti del cinema internazionale e si percepisce quando si parla di iconografia e di riferimenti. Da italiana credo di portare un’estetica di immagini che derivano da dove sono cresciuta, dai film che ho guardato e dalla pluralità di voci che mi sono arrivate. Cerco di miscelare tutte queste caratteristiche con un modo più scorrevole ed essenziale che è quello inglese. Mi piace unire entrambi i mondi, rendendoli fruibile e pensando a cosa potrebbe piacere a un inglese o a un americano o un italiano.

Ogni regista ha il proprio marchio di fabbrica e la propria “Z” di Zorro. Quali pensi siano i tuoi?

Sicuramente lo humor, che si percepisce dal ritmo tipico della comedy e credo sia molto importante per me. È fondamentale inoltre essere dinamici con le sequenze ed è come se fosse un’unica coreografia, nei movimenti, nei dialoghi, nelle inquadrature e nel taglio molto specifico che ho sempre cercato di dare sia ai corti che nella serie. È un qualcosa che si trova a metà strada tra lo stile europeo e quello inglese e amo molto unire questi due stili.

Foto di Stefano Broli

Quali sono i tuoi riferimenti alla regia?

Sicuramente Woody Allen, Nora Ephron, Nancy Meyers, Chantal Akerman e Greta Gerwig su tutti. Amo il loro modo di intendere il cinema, l’immagine e la loro storia.

Se fossi una giornalista che domanda faresti ad Alessandra?

Le chiederei “Quando riusciremo a vedere il tuo primo lungometraggio sullo schermo?” ed è una domanda che mi faccio ogni giorno. Risponderei che ci sto lavorando, consapevole di non partire da zero, e che sono in cammino, con i dovuti ostacoli, ma che sono fiduciosa che accadrà anche se non so ancora bene quando. L’ho già scritto, sono pronta a realizzarlo, ci tengo molto, perché è estremamente mio e giocherà tra le mie due terre: Italia e Inghilterra. È una commedia romantica, è il genere che prediligo e ho in testa una serie di film che seguono questa scia. Mi piacerebbe raccontare delle storie d’amore, viste da un punto di vista femminile, nuovo, originale e che ancora in Italia è poco diffuso. Vorremmo vedere più film d’amore, che ci spingono a trovare connessioni tra le persone.

Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Significa sentirsi rapiti e trasportati da ciò che c’è sullo schermo e mi fa sentire su un’altra dimensione.

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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