La sesta stagione di “Rocco Schiavone” volge al termine su Rai 2 e si è dimostrata, ancora una volta, un fiore all’occhiello della nostra serialità e un prodotto a cui difficilmente gli spettatori riescono a rinunciare. Abbiamo intervistato Alberto Lo Porto per concludere il nostro viaggio all’interno della serie diretta da Simone Spada, prodotta da Cross Productions e con protagonista Marco Giallini nei panni del vicequestore più controverso della tv. L’attore siciliano si è raccontato su “La voce dello schermo” parlandoci degli aspetti che ama di Antonio Scipioni, del suo legame con la serie, di come Giallini l’abbia ‘battezzato’ durante il suo primo giorno di set e ci ha confidato altre curiosità che lo riguardano, dal teatro al suo amore per la commedia. A voi…
Salve Alberto, benvenuto su “La voce dello schermo”. La sesta stagione di “Rocco Schiavone” volge al termine. Cosa ami di questo prodotto?
Salve a tutti, grazie. Amo girare la serie perché è un lavoro divertentissimo e stimolante. Inoltre, in Valle D’Aosta si sta benissimo e ci sono dei posti incredibili. Mi piace la sinergia che si è creata con tutto il cast, la regia e la produzione. Può capitare nel mio lavoro di terminare un progetto e perdere i contatti con le persone che ne hanno fatto parte. In “Rocco Schiavone”, invece, c’è anche una continuità affettiva, oltre che professionale, ed è un set molto appagante dal punto di vista umano.
Cosa ti affascina dell’interpretare Scipioni, invece?
Mi piace la sua normalità, non ha tante velleità o criticità ma è semplicemente una delle tante persone del nostro Paese che, per lavoro, è costretta a emigrare in un posto totalmente diverso dal suo. Ha i suoi valori e uno spiccato senso della giustizia che lo accumuna tanto a me.
Ogni stagione che si conclude lascia aperto l’interrogativo sul rinnovo. Avete mai avuto il timore che non si facesse una nuova stagione di “Rocco Schiavone”?
Chi fa l’attore vive con il timore! (ride ndr.) Situazioni del genere non dipendono mai soltanto da noi. Possiamo metterci del nostro, farci trovare pronti quando serve e sperare che ci sia una continuità nel progetto su cui si sta lavorando. Tuttavia, nel caso di “Rocco Schiavone” non ho vissuto questo timore perché, ogni volta che escono i nuovi episodi, la serie riscuote sempre grande successo, le persone la amano ed essendo tratta dai romanzi di Manzini, ha alle spalle un successo strepitoso anche per quanto riguarda i libri. Personalmente spero sempre venga realizzata una nuova stagione, ne sono fan anche da spettatore e mi piace guardarlo. Mi diverte interpretare Scipioni, lo farei sempre e lunga vita a ‘Rocco Schiavone”!
C’è qualche momento che ricordi con particolare piacere?
Ricordo i siparietti con Marco Giallini in occasione del mio arrivo sul set, durante la seconda stagione. Ero già fan della serie, l’avevo vista e mi era piaciuta tanto, ovviamente nutrivo una grande stima nei confronti di Marco e sono arrivato il primo giorno con il timore reverenziale. Avevo quattro scene tutte tra Scipioni e Schiavone. Ero carico e allo stesso tempo emozionato, ma ci pensò Marco a sdrammatizzare dopo la quarta scena, dicendomi: “A Scipiò, ma a te chi te raccomanna che parli più de me?” (ride ndr.). Ha rappresentato il mio battesimo nella serie. Chiaramente non mi raccomandava nessuno ma è il modo di fare di Marco, siamo diventati molto amici e spero che il legame che c’è nella vita si percepisca anche dalle scene che giriamo.
Secondo te, “Rocco Schiavone” com’è cambiato negli anni?
Il cambiamento c’è ed è dettato dall’evoluzione che Manzini fa avere ai suoi personaggi. Schiavone ha una propria evoluzione, rimane sempre un po’ burbero, che tiene le distanze dalla gente ma notiamo diversi cambiamenti: durante le prime stagioni era più preso dall’altro sesso, adesso meno. Anche Scipioni appariva più frivolo, superficiale, faceva il compitino, gli appostamenti ed era un po’ più donnaiolo. Ultimamente è diventato un viceispettore, si è guadagnato la fiducia di Rocco, si muove più da solo e lo vediamo più partecipe fino a percepire un suo grande coinvolgimento emotivo nei nuovi episodi e che porta Schiavone a dirgli “dobbiamo stare calmi, non possiamo perdere la lucidità”. C’è un cambio di marcia dettato dall’evoluzione dei personaggi e dei loro rapporti.
Alcune volte si è parlato troppo delle polemiche e troppo poco delle tematiche profonde che la serie tratta: racconta problematiche importanti come la ludopatia e nei nuovi episodi si parla anche di pedofilia…
Sì, le polemiche sono assolutamente un aspetto marginale di fronte alle tematiche profonde che la serie tratta e a quello che Schiavone è: è dramma, commedia, crime, psicologia, andare a fondo all’animo dei personaggi e a volte è stato giudicato in maniera troppo riduttiva. Antonio ha creato un personaggio di grande successo, tridimensionale e dobbiamo considerare anche quanto sia controverso e con diversi drammi alle spalle che non lo rendono sereno.
Riguardo le altre tappe della tua carriera, riusciresti a tracciare quelle fondamentali?
Come prima tappa direi quella legata alla mia formazione, fatta di gavetta e di teatro. Ogni progetto mi ha lasciato tanto. Oltre a “Schiavone” mi è piaciuto tanto girare anche “È per il tuo bene” con Marco Giallini, Giuseppe Battiston, Valentina Lodovini, Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi e Matilde Gioli. In questo film ho avuto la possibilità di cimentarmi nella commedia ed è un genere che mi appassiona tantissimo.
In che modo ti piacerebbe sperimentarti in futuro?
Mi piacerebbe interpretare un personaggio con dei disturbi mentali perché la trovo una sfida molto interessante. Inoltre, mi piacerebbe girare altre commedie perché più ne faccio più sono contento.
Se fossi un giornalista che domanda faresti ad Alberto?
Gli chiederei: “rifaresti la scelta che hai fatto tanti anni fa?” e risponderei di sì perché fare questo lavoro, soprattutto a teatro, è come fare psicanalisi e terapia, è uno step fondamentale per la conoscenza di noi stessi e se non hai consapevolezza dei tuoi meccanismi funzionali difficilmente riesci ad arrivare a una serenità duratura. Il teatro è stato un grande strumento conoscitivo della mia identità.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Ho passato una vita ad ascoltare la voce dello schermo. È confortante, di compagnia ed è tranquillizzante.
Di Francesco Sciortino.