Ha debuttato il 20 dicembre, su Rai2 e RaiPlay, “The Net – Gioco di squadra”, prodotta da Cross Productions, diretta da Volfango De Biasi e Lorenzo Sportiello e con protagonisti Alberto Paradossi, Beatrice Arnera, Massimo Ghini, Gaetano Bruno e Maurizio Mattioli. La serie racconta le vicissitudini calcistiche ed extracalcistiche di una famiglia, i Tessari, che possiede una società di calcio che non riesce a tornare ai fasti di un tempo a causa della nuova situazione economica che coinvolge i club del calcio moderno.
Abbiamo intervistato il protagonista, Alberto Paradossi, che ricordiamo particolarmente per le sue interpretazioni in “Permette? Alberto Sordi” nei panni di Fellini e in “Hammamet” in quelli di Bobo Craxi.
Alberto ci ha parlatato della serie, della sfida che ha rappresentato per lui interpretare Vincenzo Tessari e ci ha confidato, infine, aneddoti e retroscena riguardanti le altre interpretazioni che lo hanno reso celebre. A voi.
Salve Alberto. Benvenuto su “La voce dello schermo”. Partiamo da “The Net – Gioco di squadra”. Quali sono gli aspetti che ti hanno affascinato della serie?
Salve a tutti. Grazie. Mi ha incuriosito sin da subito che si tratta di un prodotto europeo, sperimentale e con i personaggi che fanno da cross-over tra le tre serie. Inoltre, è stata la prima volta che ho interpretato un personaggio tipico della commedia con dei lati dark accentuati. Infine, è stato entusiasmante far parte di una serie sul calcio in un Paese nel quale tutti giocano a fare gli allenatori della nazionale.
Quali sono, invece, quelli che secondo te catturano lo spettatore?
Prima di tutto l’argomento, visto il richiamo che il calcio ha nei confronti di milioni di italiani. Troviamo personaggi tridimensionali e non ci sono buoni e cattivi. Questo è un aspetto che mi piace molto. I protagonisti presentano una parte molto umana che spesso fa prendere scelte e decisioni sbagliate, come vediamo nel mio personaggio. Non si cade nella retorica dei buoni e cattivi e questo fa riflettere sul fatto che ci troviamo di fronte a un certo tipo di televisione.
Vincenzo Tessari è un personaggio particolare, qual è stata la sfida nel doverlo interpretare?
Prima di tutto, il primo obiettivo che mi sono prefissato è stato quello di donargli credibilità e veridicità, per esempio ho preferito non caratterizzarlo troppo con la gestualità riguardante il naso, dal momento che fa uso di cocaina. Mi interessava inizialmente renderlo credibile nei suoi gesti quotidiani. Dopo, è stata una bella sfida riuscire a stare all’interno della sua arroganza e allo stesso tempo fragilità. Cerca di emanciparsi dal padre, ma non ci riesce. C’è un rapporto morboso, viziato e malato con il padre. Mi ha conquistato, inoltre, la spontaneità che possiede. Agisce in un determinato modo perché crede ci sia una buona motivazione, anche se spesso questo modo di fare lo porta a prendere direzioni sbagliate. Tutti i personaggi della serie presentano una brama di potere, Vincenzo capirà dove può esercitare in maniera spontanea quel potere.
C’è qualche aneddoto dal set che vorresti condividere con i nostri lettori?
In un’avventura di tre mesi ce ne sono tantissimi. Ad esempio, non ho mai guidato una Ferrari e a malapena guido una Punto. Mi sono ritrovato a dovere guidarne una a 200km/h e saperla portare bene è stata una bella sfida. Inoltre, ho fatto il reportage a una narcolettica Beatrice Arnera perché si appisolava nei posti più improbabili, ma devo giustificarla perché si divideva tra due set ed è stata impeccabile nel proprio lavoro. In lei ho trovato una grande amica ed è stato il regalo più bello di questo set. Infine, ho preso una brutta dissenteria in Kenya.
Che rapporto hai con il calcio?
Sono un tifoso, seguo il calcio da quando sono piccolo ma mi sto un po’ disinnamorando perché sembra un po’ Wall Street che uno sport, visti i risvolti finanziari che stanno emergendo negli ultimi anni. Tutti questi soldi che girano mi hanno un po’ tolto la leggerezza del tifo.
Problematica che emerge anche in “The Net”…
Sì, infatti è una serie molto interessante per gli appassionati, che conoscono molto bene cosa accade nel mondo del calcio; e anche per chi non segue tanto il calcio, perché questo sport in “The Net” è un veicolo per trattare anche altri argomenti e storie interessanti.
Non sei nuovo in casa Rai. Un’altra interpretazione da ricordare è quella nei panni di Fellini in “Permette? Alberto Sordi”. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
È stata la prima interpretazione importante e mi porto quella leggerezza tipica della prima volta, che non significa mancanza di serietà, ma maggiore spensieratezza. Se avessi riflettuto a fondo su ciò che stessi facendo sarei impazzito. Devo ringraziare Edoardo Pesce che è stato un collega impeccabile. È stato il ruolo più grande avuto fino a quel momento e lui mi ha aiutato tanto. Da quel set porto la collaborazione che dovrebbe esserci in tutti i set e che ti porta a lavorare con serietà ma divertendoti.
Ci sono altri personaggi che ti hanno messo alla prova e che vorresti ricordare?
Sicuramente Bobo Craxi in “Hammamet” di Gianni Amelio. È stato il mio vero e proprio esordio, un ruolo minore rispetto a quello in “Permette?”, ma mi sono trovato di fronte a Pierfrancesco Favino che interpretava mio padre. C’era una scena in cui avrei dovuto suonare la chitarra e cantare “Piazza Grande” di Lucio Dalla. In tre mesi ho dovuto imparare a suonare e a cantare questo pezzo che non è proprio facilissimo per chi suona da poco. È stato un altro ruolo che ricorderò per sempre.
C’è un ruolo che ti piacerebbe interpretare in futuro?
Vorrei fare un film di spionaggio e interpretare una spia.
Se potessi rubare un ruolo a un tuo collega, quale ruberesti?
Lo ruberei a Gary Oldman per la sua interpretazione in “Leòn”. Ho visto il film quando avevo 15 anni circa e mi affascina ancora oggi.
Dove ti vedremo prossimamente? C’è qualcosa che puoi anticiparci?
Ho finito le riprese dell’opera prima di Neri Marcorè, una commedia agrodolce ambientata negli anni sessanta, nel pieno boom economico a Milano. Il titolo è “Zamora”.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Significa connessione con gli altri e con sé stessi e unione.
Di Francesco Sciortino