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Intervista ad Andrea Lattanzi: “Bisogna sensibilizzare la gente a tornare al cinema” L’attore presenta "Io e il Secco", film diretto da Gianluca Santoni e attualmente nelle sale, parla dell'attuale situazione del cinema italiano e ricorda gli anni in "Summertime".

Giu 7, 2024
Foto di Davide Musto

È uscito nelle sale, il 23 maggio, “Io e il Secco”, interessantissimo film diretto da Gianluca Santoni con protagonisti Andrea Lattanzi, il giovanissimo Francesco Lombardo, Barbara Ronchi e Andrea Sartoretti. Il film racconta, attraverso gli occhi di un bambino, lo stato d’animo del piccolo Denni, che non riesce a sopportare le violenze subite dalla madre e che lo spinge a chiedere aiuto al Secco per liberarsi dal padre. Abbiamo intervistato, su “La voce dello schermo”, Andrea Lattanzi, chiamato a interpretare il Secco, un piccolo furfante a cui viene assegnato un compito troppo grande. Andrea ci ha parlato degli aspetti che ha amato del film e del suo personaggio, della poca rilevanza che spesso viene data a molti film di qualità e ha ricordato alcuni dei ruoli più celebri della propria carriera come quello di Dario in “Summertime”, seguitissima serie Netflix. A voi…

 

Foto di Davide Musto

Salve Andrea, benvenuto su “La voce dello schermo”. Parliamo di “Io e Il Secco”. Quali sono gli aspetti che ti hanno colpito del film?

Salve a tutti. Grazie. La sceneggiatura mi ha fatto innamorare immediatamente del progetto. In seguito, nel momento in cui abbiamo girato il film, sicuramente il lavoro con il regista, Gianluca Santoni, e con il bambino, Francesco Lombardo, perché ha rappresentato un’esperienza nuova per me e mi è rimasta nel cuore. Si è creata una bellissima squadra.

Cosa ti ha messo alla prova del tuo personaggio?

Il lavoro con Francesco, che interpreta Denni, è stato un bel banco di prova perché sentivo la responsabilità di rapportarmi con lui, perché i bambini sono puri e non sono quasi nemmeno coscienti di stare su un set a girare un film.

Quando si recita, come si riesce a fare da guida un bambino?

Ho avuto la fortuna di aver già recitato con bambini e questo mi aveva un po’ aiutato. Ho dovuto mettere in atto il lavoro preparato in precedenza e Gianluca è stato bravissimo a dirigerci, a darci le indicazioni giuste per ricreare il legame tra Denni e il Secco, su cui avevamo già lavorato prima e che ci ha permesso di andare sul set pronti. Gianluca dava le battute al bambino e io lo spalleggiavo. Si è creato un bel rapporto, giocavo con lui, ci scherzavo e cercavo di farlo sentire a proprio agio.

Il film tratta la violenza domestica vista dagli occhi di un bambino… come pensi possa aiutare un film del genere?

Secondo me è sempre importante e fondamentale parlarne. Tuttavia, affrontare questo tema attraverso gli occhi di un bambino riesce a colpirti ancora di più. Ci sono state tantissime persone che, uscendo dalla sala, ci hanno detto che non capita spesso di vedere raccontata la violenza attraverso gli occhi di un bambino e credo che sensibilizzare il pubblico in questo modo sia molto importante, perché è un film anche per i ragazzini.

Oltre alla violenza domestica, il film racconta anche la criminalità ed è una tematica che è sempre stata presente tra cinema e televisione. Che messaggio daresti ai giovani per salvarsi dalla vita di strada?

Dipende da che tipo di criminalità, “Io e il Secco” racconta più un contesto di vita dove, purtroppo e inevitabilmente, delle volte ci si ritrova senza volerlo. Il consiglio che potrei dare io è quello di avere la forza di scappare via, cambiare aria e vita. Inoltre, se si ha la possibilità, è fondamentale chiedere aiuto a qualcuno. La vita è una ed è un peccato buttarla via così. Purtroppo ci sono tanti esempi sbagliati di quella che è la criminalità in sé ed è importante sensibilizzare la gente sin dalle scuole.

Secco, per certi versi, fa quasi da padre al piccolo Denni…

Sì, come ha detto Barbara Ronchi, che tengo a citare, “mi immaginerei questo ragazzo che si continua a vedere con Denni e continuano a passare le giornate insieme”. È stato bello creare sul grande schermo questo rapporto d’amicizia, l’ho vissuto e rivederlo mi è piaciuto ancora di più perché ho apprezzato il bel messaggio che trasmette il film, di speranza e di costruire qualcosa.

Com’è stato recitare al fianco di Barbara Ronchi e Andrea Sartoretti?

È stato bellissimo, Barbara e Andrea sono due attori straordinari, due persone con un’umanità enorme e di una bravura immensa. Sono stato onorato di recitare con loro, seguivo entrambi, è stato uno step in più nella mia carriera e non capita tutti i giorni. Sono felice e onorato di aver fatto parte di questa esperienza.

Come valuti la situazione attuale del cinema italiano? Credi ci sia un allontanamento da parte del pubblico nei confronti della sala?

Se l’allontanamento c’è, è dato dalle distribuzioni dei film, perché in sala vediamo spesso le stesse cose. La gente è stanca di ascoltare sempre le stesse storie e vorrebbe guardare qualcosa di diverso. Ci sono dei film che vengono distribuiti in pochissime sale e sono dei gioiellini pazzeschi ed è fondamentale cercare di aiutare anche queste opere a essere viste da più persone e questo potrebbe cercare di riavvicinare la gente al cinema. Altrimenti la gente si abitua a stare sul divano dicendo: “Tanto esce al cinema ma tra pochi mesi lo guardo a casa”. Bisogna sensibilizzare la gente a tornare al cinema e spero capiti presto prima che ci sia un collasso. Speriamo che si possa cambiare musica il prima possibile.

Mi riallaccio a quanto hai detto tu, un film come “Io e il Secco” avrebbe meritato sicuramente più visibilità e crediamo se ne sia parlato troppo poco…

Sono d’accordo, stiamo puntando tantissimo sul passaparola, le persone che vanno a vederlo ci inondano di messaggi stupendi ma siamo molto dispiaciuti del fatto che non ci sia stata una pubblicità, un cartellone, un manifesto e un tentativo di sponsorizzarlo di più. Io sono un po’ triste e me ne rammarico perché il film funziona alla grande, sta andando molto bene e stiamo combattendo per dargli la visibilità che merita. È uscito in 40 sale e abbiamo fatto dei numeri clamorosi. Chissà cosa avrebbe potuto fare se fosse uscito con 300 copie e sponsorizzato nel modo giusto. C’è un grande dispiacere.

Come mai ha avuto un numero così basso di copie?

Perché le distribuzioni non ci credono, non sto parlando ovviamente della Europictures perché ha creduto nel film, ma delle distribuzioni in generale che non credono tanto in questi prodotti. Ormai è diventato un mercato basato sul prendere per poi andare in streaming. Le grandi distribuzioni non credono in questi gioielli. Trovo vergognoso che un film come “La Chimera” di Alice Rohrwacher con Josh O’Connor sia uscito in pochissime sale. È un film bellissimo, fatto molto bene, con una storia molto interessante e di una regista acclamata in tutto il mondo. C’è un sistema malato in Italia da curare.

Diventa importante essere presenti in prima persona per dare al film l’attenzione che merita…

Sì. Ogni sala in cui abbiamo presentato il film era piena di gente e ho visto grande affetto e attenzione da parte del pubblico. Gli spettatori magari hanno anche bisogno di avere un rapporto umano con gli attori e con i registi e, secondo me, fare eventi di questo tipo è importante perché sta accadendo per via del cambiamento che hanno vissuto la società e il cinema. Non voglio dare la colpa alle piattaforme di streaming perché è anche giusto che ci siano, ma si dovrebbe lavorare nel migliore dei modi per fare cose destinate al cinema, e che rimangono per la sala, e prodotti per le piattaforme. Serve trovare una quadra perché altrimenti rischiamo di far morire il cinema. Bisogna avvicinarsi e riavvicinarsi al pubblico e a chi viene in sala, parlandone e presentandosi. Trovo sia il modo giusto di aiutare il cinema.

Un’altra delle esperienze che ti ha dato tanto è “Summertime” su Netflix. Cosa ha rappresentato per te recitare in questa serie e interpretare Dario?

È stata una ventata di aria fresca, fatta di sole, estate, mare, ho trovato un bel gruppo ed era un mondo pop che volevo iniziare a esplorare. Ho lavorato in tanti progetti autoriali ma sentivo il bisogno di avvicinarmi al pubblico e di farmi conoscere. Questo prodotto mi ha aiutato tantissimo su questo aspetto. Mi sono trovato benissimo anche con la produzione, Cattleya, che ha fatto il possibile per la riuscita della serie e ne sono molto grato. È stato molto bello e la potenza che ha Netflix è un qualcosa di clamoroso. Sono stato in Francia, in Spagna e a New York e mi hanno fermato per strada per “Summertime”. Questo per sottolineare anche l’importanza delle piattaforme senza dimenticare però il cinema. Sono stato contento della scelta che ho fatto e la rifarei altre cento volte.

Secondo te è l’attore che decide che direzione far prendere alla propria carriera o le casualità che ti portano a interpretare un personaggio piuttosto che un altro?

Credo dipenda soprattutto dall’attore. Spesso assistiamo a dei prodotti che diventano scadenti perché vengono scelti non attori. Ci sono persone che studiano e si fanno il mazzo e io sono stato uno di quelli che ha studiato e continua a studiare. Cerco continuamente di mettermi in gioco e alla prova. Credo sia l’attore a crearsi il proprio futuro e a gettare le basi. Parlando per le mie esperienze, cerco sempre di capire se un progetto è adatto a me, se ha delle potenzialità, leggo le sceneggiature prima, mi consulto molto con la mia agente, Lucia, e cerchiamo di ponderare molto sulle scelte da fare.

Tu cominci la tua carriera d’attore dall’America, dalla New York Film Academy. Che cosa ti ha insegnato? Quale impronta artistica ti ha lasciato?

Mi ha cambiato radicalmente, mi ha aperto un mondo e sono cresciuto tantissimo, al di là degli studi. Andare fuori può salvarti, ho vissuto prima a Londra per due anni e poi a New York per un anno e mezzo e queste due esperienze mi hanno fatto cambiare totalmente. Vivere quegli anni mi ha dato un’energia pazzesca.

Quali altre esperienze ti hanno lasciato tanto e perché?

Non posso non citare il primo film che ho fatto, “Manuel”, perché è stato quello che mi ha battezzato e mi ha portato per la prima volta a Venezia e fuori dall’Italia, nei festival europei. Ma tutte le esperienze a cui ho fatto parte sono state fantastiche, la stessa “Summertime” mi ha permesso di affacciarmi a un mondo inedito per me. Sono tutti bagagli con all’interno esperienze che porto nel cuore.

Se potessi rubare un ruolo a un tuo collega quale sceglieresti?

Più che rubare ti dico un attore che stimo tantissimo e che mi ha fatto amare ogni ruolo che ha interpretato: Luca Marinelli. Sono il primo ad andare in sala quando esce un film dove c’è lui e apprezzo il suo percorso artistico. Mi piacerebbe molto lavorare un giorno con Luca e affiancarlo mi permetterebbe di prendere tanti spunti. Ragiono in modo più americano, sono contento del successo degli altri e se qualcuno fa un bel lavoro gli stringo volentieri la mano. Se qualcuno fa un percorso stupendo tanto di cappello.

Se fossi un giornalista che domanda faresti ad Andrea?

Probabilmente chiederei se sono felice in questo momento e risponderei di sì.

Dove ti vedremo prossimamente?

Mi vedrete in una bella serie con protagonisti diversi in ogni puntata, ma non posso dire altro. Uscirà a ridosso del prossimo anno.

Questo portale si intitola la voce dello schermo. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

La voce dello schermo è tutto, è vita e senza schermo e senza voce non esisterebbe l’arte. Lo schermo ha una potenza così forte da poter cambiare le cose e da poter far cambiare modo di pensare alla gente, serve per dare spunti, idee e vita agli spettatori. Cerchiamo di non sottovalutarlo.

 

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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