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Intervista ad Arianna Becheroni: “Amo trasformarmi. ‘Never Too Late’ vi mostrerà un mondo distopico da curare” L’attrice, che ci ha regalato brillanti interpretazioni come quella di Alice in “Bang Bang Baby”, si racconta su “La voce dello schermo” presentandoci la serie che vedremo su Raiplay dal 22 novembre.

Ott 24, 2024
Foto di Jacopo Peloso, Stylist: Domenico Diomede, Photographer Assistent: Davide Lo Re, Stylist Assistent: Antonietta D'Alessio, Make up artist: Costanza Bigagli, Hair Stylist: Evelyne Salimusaj, Press Office: Amendola Comunicazione

Arianna Becheroni è un’attrice che non ha paura di sfidare se stessa. Nonostante la giovane età, ha già impressionato per le grandi interpretazioni che ci ha regalato e soprattutto per la sua attitudine ad andare alla ricerca di personaggi mai banali. L’abbiamo conosciuta in “Mio fratello rincorre i dinosauri”, ma è stato soprattutto in “Bang Bang Baby” che ha potuto tirar fuori li meglio di sé interpretando la protagonista Alice. Di recente l’abbiamo vista al fianco di Paolo Calabresi e Claudia Potenza ne “L’anima Salva” e in questi giorni è protagonista femminile nell’attesissima serie di RaiPlayNever Too Late”. Abbiamo avuto il piacere di intervistare proprio Arianna, che ci ha presentato la serie e il personaggio di Maria, ha ricordato l’importante esperienza di “Bang Bang Baby”, ci ha confidato il suo amore per il trasformismo e di quanto sia importante per lei sperimentare nella recitazione. A voi…

Salve Arianna. Benvenuta su “La voce dello schermo”. Iniziamo da “Never too late”, quali sono gli aspetti che ti hanno colpito della serie?

Salve a tutti. Grazie. Della serie mi ha colpito il fatto che sia molto ambiziosa, i temi di cui parla e il genere post apocalittico e di azione, che ritengo una rarità nel nostro Paese. Era un bell’esperimento, adoro il trasformismo, giocare con i personaggi e diventare qualcun altro nella forma più assoluta possibile. Questo ruolo mi ha offriva questa possibilità ed è stato bellissimo interpretare un personaggio in un’epoca dove il mondo è diverso e dove si vive in un modo differente. Affrontare il percorso di preparazione al personaggio è stato immaginazione pura.

Quali corde ti ha permesso di toccare il personaggio di Maria?

Maria è particolare perché vuole dimostrarsi forte agli occhi degli altri e fa sempre la dura. Ha una situazione in famiglia divisa tra il padre, che vuole che intraprenda la sua stessa carriera e facendola entrare nelle milizie verdi, e dall’altro la madre, ribelle e figlia dei fiori. Nonostante sia stata divisa tra queste due strade, è riuscita a trovare il suo percorso ed è un qualcosa comune a tutti noi. L’ho trovata simile a me, ma anche totalmente diversa. Ho imparato a non giudicarla e a capirla. È molto bella la sua sensibilità e ciò che nasconde dietro la gabbia: all’apparenza sembra un soldato, ma dentro è una bambina fragile, che ha bisogno di amore e di sicurezze ma che non vuole ammettere.

Dal punto di vista della storia, dove ci catapulterà “Never Too Late?”

La serie vi catapulterà in un mondo in cui la natura è malata, non c’è più ossigeno, non possiamo avere accesso alla natura, gli animali sono vietati e da anni la natura è in cura. Lo scenario della serie si apre nel momento in cui sembrava essere arrivato il momento di riaprire alla natura, ma viene rimandato. Questi ragazzi, che si ribelleranno, per puro divertimento e voglia di scoprire questo mondo a cui non possono avere accesso, forzeranno i confini e si imbatteranno in nuovi scenari inaspettati.

Un mondo tanto paradossale quanto reale, che sottolinea la paura più di vivere la realtà che una vita virtuale. Tu sei giovane, cosa pensi a riguardo?

Credo che la tecnologia ci possa offrire grandi possibilità ma allo stesso tempo ci stia rovinando tutti. L’intelligenza artificiale e i social ci portano a vivere più un mondo virtuale piuttosto che goderci la vita. Da una parte vorrei essere nata anni fa, quando non c’erano ancora cellulari, ci si chiamava al telefono di casa o si scrivevano lettere. Era tutto così vero, ci guardavamo più intorno, alzavamo gli occhi e ci veniva di andare a parlare con la gente che incontravamo. Adesso siamo sempre con gli occhi inchiodati sul cellulare e ci accorgiamo poco di quello che accade attorno a noi. È un gran peccato perché siamo una generazione che ha un sacco di sogni, un fuoco interiore meraviglioso e, se non viene usata bene la tecnologia, rischiamo di rovinarci.

Perché il pubblico deve guardare “Never Too Late”, secondo te?

Perché tutti abbiamo una grande responsabilità nei confronti del mondo in cui viviamo, perché è nostro. Per i giovani lo trovo un prodotto attuale e, anche se la serie non si basa su fatti scientifici reali, ci offre uno degli ipotetici scenari che si potrebbe presentare in un futuro lontano. “Never Too Late” ci fa rendere conto e ci fa riflettere su ciò che dovremmo fare, come il dover prendersi cura dell’ambiente, e quanto sia importante far capire anche agli adulti quanto sia fondamentale che insegnino a trattare bene il nostro mondo. La serie ci insegna a mettere da parte l’orgoglio, a guardarci dentro e fuori, a saper chiedere scusa, a ripartire da capo e a unirci, perché l’unione fa la forza.

Di recente ti abbiamo vista anche ne “l’Anima Salva” al fianco di Paolo Calabresi e di Claudia Potenza. Interpretare Caterina che esperienza è stata?

È stato un film molto bello. Nonostante sia stato un po’ impegnativo interpretare un personaggio che fa un’evoluzione verso la pazzia e che poi ritorna verso una consapevolezza, è stata una storia fuori dal comune, adoro i ruoli drammatici ed è stato bello perché mi sono preparata da sola al personaggio e mi sono fidata molto del mio istinto. Ho sofferto con lei e interpretarla mi ha portato a livelli massimi di concentrazione e a una full immersion nel personaggio. Mi è piaciuto molto il risultato e ho amato lavorare con tutti. Abbiamo unito le nostre arti per creare qualcosa che rappresentasse tutti noi.

Le piattaforme danno la possibilità di sperimentare, mettersi in gioco. Cosa significa per te sperimentare?

Tutto quello che per me è sperimentare va al di fuori delle piattaforme, sperimento con il corpo. Adoro meditare, giocare e l’essenza di un attore è tornare bambini perché un bambino non giudica, vive e si immagina un mondo dal niente e utilizza l’immaginazione in un modo formidabile ma che crescendo poi perde.

Tu hai avuto la possibilità di interpretare personaggi fuori dal comune. Credi che ruoli del genere siano dettati dal caso o siano scelte dettate da una tua consapevolezza?

Credo che gli attori possano scegliere più strade ed è importante conoscere la natura creativa che un attore vuole rappresentare. Dal momento che ciò che ho scelto è il trasformismo, che in Italia viene praticato sempre meno, mi porta a volermi trasformare nel vero senso della parola. Questo richiede anche tanto tempo. In America, ad esempio, quando girarono “Toro Scatenato”, De Niro si preparò un anno con un vero pugile, girarono le riprese, si interruppero a metà lavoro, ingrassò per sei mesi e girarono l’ultima parte del film. In Italia siamo molto più sbrigativi ed è più difficile fare questo. A me piace il poter immedesimarmi in altre persone, diventare loro e tornare in me dopo aver imparato qualcosa. I personaggi che interpreto nascono con me e muoiono per poi darne vita a un altro.

Da dove nasce questo amore per il trasformismo?

Da piccola guardavo i film americani, non riconoscevo gli attori e questa cura nei dettagli costante, anche nelle camminate o nei sorrisi, mi incuriosiva tantissimo. Una caratteristica di ogni personaggio è il tempo-ritmo, la recitazione è vita e nasce dall’essere. Io sono una persona che parla velocemente o che a volte è un po’ agitata e quando devo interpretare personaggi calmissimi dover cambiare il tempo ritmo e riuscire a renderlo autentico è una sfida molto impegnativa. Mi piace tantissimo mettermi alla prova.

Il tuo primo ruolo da protagonista è stato Alice in “Bang Bang Baby”. Cosa hai amato di lei?

Sono cresciuta con lei. Mi hanno presa quando avevo quattordici anni, poi la serie è stata rimandata per il covid, e sono stata all’interno del personaggio per tre-quattro anni. Ho avuto intorno delle persone che mi hanno cresciuto come una nipote o figlia ed è stato un set veramente importante. Mi ricordo che un giorno Adriano Giannini mi disse: “Arianna, non ti scordare mai Alice e goditela ora che stiamo girando perché sarà raro interpretare un personaggio così bello” e infatti Alice mi ha permesso di sperimentare tanto. Ho assimilato molte cose sue, perché è stato difficile staccarsi di lei e avevo acquisito anche delle sfaccettature che le appartenevano. È stato un regalo dal cielo, che mi ha cambiato la vita, mi ha insegnato l’umiltà e tantissime altre cose.

Foto di Jacopo Peloso, Stylist: Domenico Diomede, Photographer Assistent: Davide Lo Re, Stylist Assistent: Antonietta D’Alessio, Make up artist: Costanza Bigagli, Hair Stylist: Evelyne Salimusaj, Press Office: Amendola Comunicazione

A un certo punto hai sentito l’esigenza di fare teatro con il personaggio di Ifigenia in “Clitemnestra” di Andò. Da dove nasce la tua voglia di fare teatro?

Il teatro è la casa della recitazione. Vi racconto un aneddoto interessante su come sia andata: chiesi alla mia agente di cercarmi dei provini per spettacoli teatrali perché mi avrebbe fatto piacere interpretare un ruolo a teatro. Lei mi diceva che era un mondo particolare, più chiuso e non sapeva se riusciva a trovare qualcosa che facesse al caso mio. Casualmente è arrivato il provino per lo spettacolo di Andò ed è stato come se lo avessi chiamato e la vita me lo avesse dato. È stata una coincidenza molto bella e come se qualcuno mi avesse guidato verso quella direzione. Ho iniziato a sei anni a cimentarmi nel teatro e credo che per un attore sia fondamentale saper stare anche sul palco. Ovviamente è un modo di recitare diverso tuttavia è bello vedere come si può raccontare in modo veritiero qualcosa con la difficoltà in più del palcoscenico, in cui bisogna usare tutto il corpo. Ho sentito la necessità costante di avere delle sfide, di spingermi sempre più in là, oltre ciò che ci viene bene, perché soltanto rischiando di fallire impariamo qualcosa di nuovo e questa esperienza è stata così tanto importante che io dovrò assolutamente tornare a teatro perché mi è piaciuto tantissimo!

Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Prima di tutto sapere ascoltare, perché ci siamo disabituati a farlo, pretare attenzione e sapersi guardare dentro. Spesso mentre guardiamo un film ci sentiamo rappresentati o individuiamo qualcosa di noi. Lo schermo dà la possibilità di salvarci e l’arte ci salva costantemente.

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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