Tra le piacevoli e sorprendenti interpretazioni che hanno lasciato il segno in “Mare Fuori” c’è sicuramente quella di Artem, attore già ammirato nel film “La paranza dei bambini” e che nella serie, andata in onda su Rai Due, ha interpretato magistralmente il personaggio di Pino. La voce dello schermo ha intervistato Artem che ha raccontato quanto la recitazione sia importante nel suo percorso di vita, i suoi sogni nel cassetto e ha lanciato un messaggio importante a tutti i ragazzi che sono costretti ad affrontare situazioni difficili…
Salve Artem, benvenuto su “La voce dello schermo”. Partiamo da “Mare Fuori”. Com’è stato per te interpretare Pino? Cosa ti è piaciuto di più di lui?
Salve a tutti. Pino mi è piaciuto perché è un ragazzo che nella vita ha sofferto tanto, che è cresciuto senza un padre, è diverso dagli altri e con cui forse ho tanto in comune. È un personaggio particolare, pieno di amore perché ama molto gli animali e ritengo che chi non li ami sia povero da questo punto di vista.
Pino mostra un forte legame con il suo cane. Che rapporto hai con gli animali?
Adoro gli animali, purtroppo non ho mai avuto l’opportunità di avere un cane perché non ho mai avuto lo spazio. Ma fin da piccolo ho sempre voluto averne uno. Interpretando Pino ho potuto in parte realizzare il mio sogno, perché ho passato molto tempo con Warrior, il cane che nella serie si chiama Tyson. È stato molto bello creare questo legame con lui.
Ci sono state scene molto forti che riguardano il tuo personaggio. Qual è stata la più dura da girare?
Stranamente le scene che sembrerebbero più difficili sono quelle che trovo più semplici da interpretare. Mi viene più facile girare le scene in cui devo liberare le mie emozioni e sfogare, per certi versi, la mia rabbia. Forse la più difficile da interpretare mentalmente è stata quella sotto la doccia con “O’Chiattill” (Nicolas Maupas). Avrei preferito una bella donna! (ride ndr.)
Riguardo una seconda stagione, ti piacerebbe farne parte e quali sviluppi immagini riguardo Pino?
Ovviamente vorrei farne parte. Penso che non possa esserci “Mare Fuori” senza Pino. Dovrebbe essere girata il prossimo anno ma sinceramente non riesco a pensare a degli sviluppi riguardo il mio personaggio perché è imprevedibile, non sai mai cosa aspettarti da lui. Mi immagino una seconda stagione emozionante, come lo è stata la prima.
Torniamo ancora più indietro. Come hai mosso i tuoi primi passi nella recitazione e quando hai capito che questo mondo ti apparteneva?
Mi sono ritrovato quasi per caso su un set. Non avevo mai studiato recitazione né fatto particolari scuole di teatro e non avrei mai immaginato di poter fare questo mestiere. Inizialmente mi sono ritrovato spaesato, non sapevo cosa fare per migliorare. Adesso sto studiando tanto, mi sto formando per interpretare ruoli sempre più impegnativi e costruirmi sempre di più come attore. Credo che il talento debba essere compensato anche dal duro lavoro, dal sacrificio e dallo studio della recitazione. Sono sempre stato un combattente, amando la box, e voglio lottare per vincere anche nel mondo del cinema.
Un’altra esperienza a cui sei molto legato è “La Paranza dei bambini”. Che ricordi hai di quel set?
Tantissimi ricordi. Grazie a questa esperienza, e dopo il Festival di Berlino, ho conosciuto lo straordinario mondo del cinema. Mi sono ritrovato dalla strada al Red Carpet di Berlino in giacca e cravatta. È stata un’esperienza straordinaria ma, mentre tutti si godevano il momento, io mi chiudevo in me stesso pensando che fosse soltanto un’illusione passeggera. Temevo di ritrovarmi da un momento all’altro alla vita di tutti i giorni. Tuttavia, quell’esperienza mi ha dato grande energia e mi ha aperto gli occhi su ciò che volevo fare realmente. In seguito mi sono ritrovato, per caso, a fare il casting per “Mare Fuori” e, nonostante ciò, non ero consapevole di quello che stessi facendo. Non ho mai avuto una guida in questo mestiere e spesso ho imparato sbagliando, dagli errori di mio padre a quelli dei miei amici più grandi. Sono riuscito a trarre insegnamento dagli aspetti negativi della mia vita e adesso sto dedicando tutto me stesso in questa arte.
Come sei riuscito a ottenere il ruolo ne “La paranza dei bambini”?
Due anni prima rispetto ai casting del film, mi trovavo davanti a un bar ad Aversa. C’era una fila enorme per realizzare la terza stagione di “Gomorra”. Avevo sedici anni, capelli rasati e la passione per la boxe. Ho fatto una foto, grazie alla quale sono entrato nell’archivio di Massimiliano Pacifico, e diedi il numero di mia madre, poiché ero ancora minorenne. Dopo due anni, dalla produzione de “La paranza dei bambini” hanno contattato Massimiliano, che gestisce i casting in territorio campano, per segnalargli qualcuno. Da quanto so io, trovarono la mia foto in archivio e chiamarono mia madre. Quando la chiamarono, non ci credevo. Andammo insieme al casting ed è stata apprezzata molto la mia naturalezza, ma non ebbi più notizie per mesi. A quei tempi lavoravo in un autolavaggio, stavo mettendo qualcosa da parte per partire per Londra e realizzare il sogno di diventare boxeur. Credevo che sarebbe stata la boxe a salvarmi la vita. Invece, dopo sette mesi e mentre lavoravo, hanno chiamato nuovamente mia madre. Io ero titubante, perché avrei perso una giornata di lavoro. Lei ha insistito, mi portò a fare il casting e mi presero.
Secondo te, cosa è piaciuto del tuo modo di recitare?
Come ho detto prima, credo li abbia colpiti la mia naturalezza. Riguardo “La paranza dei bambini”, dovevo girare una scena mentre guardavo una parete e dovevo immaginare che si trattava di una vetrina di Rolex. Cercavo di ricreare situazioni della vita reale e le trasportavo sul set. Anche in “Mare Fuori” ho cercato di fare la stessa cosa e il regista, Carmine Elia, mi ha anche detto che è stato colpito dal mio essere naturale nel recitare.
Come stai continuando il tuo percorso nel mondo della recitazione? Quali obiettivi ti stai prefiggendo?
Adesso sto studiando alla Showtime Academy e ho avuto l’opportunità unirmi a loro. Faccio dizione, recitazione, canto e mi sto formando per il cinema. Voglio confermarmi come attore e dimostrarmi un attore versatile. Voglio far vedere che so cimentarmi anche in altri ruoli, non soltanto in quelli in cui mi avete visto. Sento di poter interpretare qualsiasi tipo personaggio. Mi piacerebbe un ruolo come quello di Dustin Hoffman in “Rain Man” o di Eddie Redmayne ne “La teoria del tutto”, per intenderci. Amo i ruoli difficili, raccontare la sofferenza, il degrado e anche quello che ho vissuto io.
“Mare Fuori” è un prodotto che fa riflettere sulle scelte giuste da fare nella vita. Secondo te, come si fa a prendere la strada giusta?
Per imboccare la strada giusta devi avere una passione, devi amare quel che fai e fare qualcosa che ti faccia stare bene, perché fare qualcosa controvoglia non ha senso. Devi cercare di dedicare tutto te stesso a quello in cui credi e metterci il cuore. Se fai un lavoro che ami fare, vivi mentre lo fai. Non ha senso lavorare soltanto per soldi, sono soltanto un’illusione. Sono solo carte e non ha senso avere una casa enorme se poi sei solo nella vita. L’apparenza non serve a nulla se non vali molto. A me personalmente è il percorso e la battaglia a darmi la spinta, nonostante la fatica, il sudore, le cadute e il rialzarmi.
Che messaggio daresti ai giovani come te?
Vorrei dare un messaggio a tutti i giovani e voglio incitarli a trasformare le cose negative della vita in cose belle, nonostante l’ambiente in cui siano cresciuti, nonostante le situazioni difficili che passano nella vita o in famiglia. Credo che le cose facili durino troppo poco e non devono buttarsi a prendere brutte strade. Io mi vanto di venire dal nulla perché ho più fame rispetto a chi ha avuto tutto.
Questo portale si chiama “la voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
La voce dello schermo è importante per comunicare e soprattutto per trasmettere un messaggio. Io ad esempio spero di trasmettere, attraverso lo schermo, un messaggio di forza, di motivazione e di speranza ai ragazzi.
Di Francesco Sciortino