Comprendi la potenza di cinema e teatro quando riescono a lanciare dei messaggi importanti e, nel momento in cui accade, diventano veri e propri strumenti fondamentali per fare sentire la propria voce anche di fronte a urla disperate che rimangono inascoltate. È il caso di “Insultati. Bielorussia”, che nasce come un testo teatrale scritto dal drammaturgo bielorusso Andrei Kureichik e scappato dal regime. Quattro anni fa, durante la seconda del covid era stato realizzato un documentario diretto da Caterina Shulha, tratto dal testo di Kureichik e con un cast d’eccezione come Luca Argentero, Stefano Fresi, Ambra Angiolini e Ivano De Matteo. Dopo il successo del docu-film, lunedì 28 ottobre andrà in scena una lettura sul palco al teatro Golden a Roma che rappresenta un’altra occasione per dare voce al popolo bielorusso e sostenerlo nella loro lotta contro la dittatura. Abbiamo intervistato per l’occasione un’attrice apprezzatissima che abbiamo visto in prodotti interessanti come la seconda stagione de “Il Re” e “Ipersonnia” e che da qualche anno sta portando avanti con grande determinazione il progetto “Insultati. Bielorrusia”. Caterina si è raccontata parlando dello spettacolo che andrà in scena il 28, dell’interesse che ha suscitato il documentario da lei diretto e delle altre interpretazioni in cui l’abbiamo ammirata durante la sua carriera. A voi…
Salve Caterina, benvenuta su “La voce dello schermo”. “Insultati. Bielorrusia” debutta al teatro Golden il 28 ottobre alle ore 19.30. Cosa dobbiamo aspettarci?
Salve a tutti, grazie. È un progetto che nasce quattro anni fa, durante la seconda ondata di Covid, e arriva in lingua italiana dopo essere stato scritto da Andrej Kureichik, tradotto in tantissime lingue e messo in scena in molte parti del mondo. Essendo bielorussa, mi ritenevo la persona giusta per parlare di questo argomento. Sono riuscita a coinvolgere tanti nomi importanti per il documentario e siamo andati in giro per vari festival, ottenendo un importante riscontro. Un anno fa abbiamo vinto un bando che finanzia la serata al Teatro Golden del 28 ottobre e ci consente di mettere in scena lo spettacolo per circa 300 persone. Saremo sette attori che leggeremo e interpreteremo il testo teatrale con la speranza di portarlo in tour perchè sarebbe un bel cammino per questo progetto.
Come mai hai deciso di raccontarti anche a teatro?
Curando anche la regia di “Insultati. Bielorussia”, volevo seguire questo progetto in prima persona. Ci tenevo a portarlo a teatro perché è un luogo sempre meno frequentato dalle persone e siamo riusciti a organizzare questo evento a inviti ottenendo un notevole riscontro. Mi hanno scritto anche tante mamme che hanno adottato bambini bielorussi anni fa. Questo spettacolo può rappresentare un luogo di ritrovo per tanta gente. Ad esempio un tassista, l’altro giorno, ha notato la maglietta con scritto “Free Belarus”, ha voluto conoscere dettagli a riguardo, ho raccontato un po’ cosa sta accadendo e verrà lunedì. Credo che il teatro, un po’ come il cinema, sia il metodo più efficace per raccontare una storia.
Quando si è portavoce di un messaggio così importante, perché secondo te il teatro diventa importante, dal momento che spesso non ha una rilevanza mediatica grande come cinema o televisione?
In un mondo che si sta digitalizzando sempre di più, rimango dell’idea di difendere le buone vecchie abitudini. Per me il teatro dovrebbe trovare una modalità più attuale in base alle esigenze delle persone di oggi. Noi, ad esempio, abbiamo deciso di realizzare uno spettacolo dalla durata di un’ora, che rappresenta un tempo più opportuno rispetto ai nostri impegni e a come sono strutturate le nostre vite oggi.
Hai curato la regia anche nel docu-film. Com’è stato cimentarti dietro la macchina da presa?
È stato molto divertente e mi sono accorta che ci sono tanti modi per relazionarsi con le persone, per farsi capire e bisogna sempre trovare il proprio metodo. È bello e affascinante capire chi hai davanti, come prenderlo, come spiegare le cose, anche sbagliando, e scegliere di parlarne insieme. Ho grande rispetto per i registi e mi sono sempre trovata bene da quando ho iniziato questo lavoro. Ho condiviso le idee dell’altro ed è stato molto bello trovarsi dall’altra parte.
Hai avuto la determinazione del voler fare sentire a ogni costo la tua voce riguardo questo argomento. Cosa ti ha spinto a perseguire su questa direzione?
Prima di tutto il dovere morale, sono bielorussa e metà italiana ma quello che faccio qui non ha niente a che vedere con ciò che fanno le persone in Bielorussia. Il popolo bielorusso è sempre più trascurato perché non si parla più della loro situazione odierna ma si sentono notizie soltanto riguardanti la guerra in Ucraina e la situazione tra Israele e Palestina. In Bielorussia ci sono giovani e anziani che scendono tutti i giorni in strada per protestare. L’unica cosa che posso fare da qui è raccontare un popolo che non ha più voce e mi sembra il minimo che possa fare.
Hai mantenuto i contatti con la tua terra natale?
Qui ho soltanto mia mamma, ho quasi tutti i parenti lì e ci andavo spesso prima che scoppiasse la situazione di cui parliamo in “Insultati. Bielorussia”. Purtroppo non posso più andarci, per ovvi motivi.
Sono riusciti a raccontarti la situazione?
No, è un argomento tabù, vivono in una vera e propria dittatura e non è un argomento che può essere affrontato al telefono.
Perché la gente deve venire a teatro a guardare “Insultati. Bielorussia”?
Per tanti motivi, soprattutto perché ci saranno persone che non sanno nulla sull’argomento ed è fondamentale informarsi. Inoltre, è importante se si ha voglia di emozionarsi o di vedere persone per un’ora che fanno qualcosa di diverso e scambiano opinioni su qualcosa che pensiamo sia lontano ma che in realtà è tanto vicino.
Ti abbiamo vista nella seconda stagione de “Il Re”, serie Sky diretta da Giuseppe Gagliardi. Cosa porti nel cuore di questa esperienza?
Porto la fiducia che mi diede Giuseppe Gagliardi, che incontrai per un provino e diversi call back. Credo che lui non si sia fermato davanti al capello biondo e al viso angelico. Mi ha affidato il ruolo di una donna molto forte. Qui in Italia a volte ho difficoltà a toccare corde di personaggi più forti e lui mi ha fatto un regalo meraviglioso che è stato anche tutto il set. Ho lavorato benissimo anche con Luca Zingaretti, che è un’anima gentile. È stata un’esperienza molto bella, di crescita e di sicurezza verso me stessa.
“Ipersonnia”, invece, ti ha permesso di toccare corde particolari…
Sì, anche questa è stata molto interessante perché di progetti del genere non se ne fanno tanti qui. È stato bello poterne far parte e avere un modo di recitazione molto lento, molto pacato e dilatato in linea con la scrittura del film e l’argomento. Mi sono trovata molto egregiamente con il regista, Alberto Mascia, e con Stefano Accorsi, che è stato un collega molto generoso. È stato un set unico.
Emerge la tua voglia di variare nel tuo lavoro. Cosa significa per te?
Non accomodarsi mai sulla sedia, sono sempre stata così. Quando arrivavo su un set e un regista mi chiedeva di mettere una parrucca perché serviva che interpretassi un personaggio con i capelli corti ero la prima a chiedere di tagliarli. È un continuo mettersi alla prova e il bello di questo lavoro è questo. Si ha spesso l’abitudine di incastrarci in ruoli ben precisi perché è la cosa più comoda da fare. Credo che quando si perde la voglia di nuove sfide ci si dovrebbe chiedere perché si fa quel lavoro. Quando ho un po’ di tempo libero cerco sempre di fare cose diverse.
A quali altre interpretazioni sei più legata?
Sicuramente sono molto legata al musical “The Land of Dreams” di Nicola Abbatangelo perché è stato gratificante e appagante. Non avrei mai pensato di esserne capace: abbiamo fatto un mese di prove in Bulgaria, abbiamo girato due mesi e io cantavo, recitavo e ballavo in inglese. Non avevo mai cantato su un set, ho fatto tre mesi di lezioni di canto prima di iniziare e non pensavo di potercela fare. Invece, ne è uscito un film delizioso che non ha avuto tantissimo successo solo perché non siamo abituati ai musical come in America. Siamo stati coraggiosi e bravi a farlo.
Se fossi una giornalista che domanda faresti a Caterina?
Chiederei: “Mentre guardi sempre avanti ti guardi mai indietro?”. È una cosa che ho imparato a fare da poco e se mi guardo indietro mi devo riconoscere per vedere da dove sono partita e non bisogna dimenticarlo.
Questo portale si intitola la voce dello schermo. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Quando vado al cinema la voce dello schermo diventa la mia vita, mi dimentico dove mi trovo e vengo trascinata all’interno della storia.
Di Francesco Sciortino