Lunedì 10 febbraio andrà in onda su Rai 1 “La bambina con la valigia”, film tv diretto da Gianluca Mazzella che racconta la storia di Egea Haffner, diventata simbolo della tragedia dell’esodo istriano – dalmata, che da bambina fu costretta ad abbandonare Pola e a trasferirsi a Bolzano per sfuggire alla minaccia di Tito e dei ‘titini’. Abbiamo intervistato Claudia Vismara, alla luce della messa in onda del film in cui interpreta Ersilia, la madre di Egea. L’attrice, che riprenderà da giorno 19 febbraio il ruolo di Caterina Rispoli nelle nuove puntate di “Rocco Schiavone”, si è raccontata parlando di cosa abbia significato per lei, dal punto di vista emotivo e artistico, interpretare il personaggio di Ersilia e ricordare una pagina di storia triste come quella che riguarda l’esodo istriano. Ma non è tutto, Claudia ci ha regalato qualche piccola anticipazione che riguarda Caterina e il riavvicinamento a Rocco Schiavone, a cui abbiamo assistito durante il finale della quinta stagione, e ci ha confidato altre interessanti curiosità sulla sua carriera, sul momento appagante che sta vivendo e sui personaggi da lei interpretati. A voi…

Salve Claudia, bentornata su “La voce dello schermo”. Partiamo da “La bambina con la valigia”, film tv in onda lunedì 10 febbraio su Rai 1. Presentiamo un po’ il film…
Salve a tutti, grazie. Il film ci mostra la storia di Egea Haffner che, nel corso degli anni, è diventata il simbolo dell’esodo istriano. Viene raccontata attraverso gli occhi di una bambina che si trova costretta a lasciare tutto quello che conosce, la sua casa e suoi affetti, e a trasferirsi assieme alla sua famiglia a Bolzano per sfuggire alla minaccia di Tito e dei “titini”, che vogliono riconquistare Pola, la città dove vivevano.
Interpreti Ersilia, la madre di Egea…
Sì, è un personaggio che ho amato particolarmente perché pieno di contraddizioni, molto verace, impulsivo e incosciente. Fa la parrucchiera e appartiene a un ceto sociale differente rispetto alla famiglia Haffner, che erano dei gioiellieri importanti di Pola, ed è sposata con Kurt Haffner. A causa della differente estrazione sociale, il loro matrimonio è sempre stato osteggiato dalla famiglia Haffner. Nel momento in cui Kurt viene prelevato dalla polizia titina per quello che sembra un semplice controllo, ma dal quale non farà più ritorno, la famiglia comprenderà che per sopravvivere sarà necessario lasciare Pola. Inizierà così il grande esodo per andare incontro all’ignoto.
Quali aspetti ti hanno colpito di lei?
È stato interessante raccontare la scelta di Ersilia: decide di non seguire il resto della famiglia a Bolzano perché non avrebbe potuto sopportare la convivenza con Nonna Maria, trasferendosi a Cagliari e affidando la figlia Egea alle cure della nonna e della zia. Compie questa scelta con grande struggimento, essendo ovviamente legata alla figlia da un legame profondo, ma è una donna talmente bisognosa della sua indipendenza che è costretta ad andare a Cagliari dalla sorella, con la promessa che, prima o poi, sarebbe tornata a riprendere Egea.
Da attrice, quali aspetti ti ha permesso di esplorare Ersilia?
È molto più impulsiva e sfrontata rispetto a quanto non lo sia io, è un tornado, molto impavida, è come se venisse colta da un fuoco ed è un aspetto che ho amato tantissimo di lei. Si tratta del mio primo personaggio da mamma, da quando lo sono diventata nella vita reale, e la tematica di allontanarsi dalla figlia ha rappresentato qualcosa di terrificante per me. Se dovessi immaginare di compiere le stesse scelte di Ersilia probabilmente non so come riuscirei a sopravvivere e come deve essere stata la separazione delle famiglie in quegli anni. È stato un lavoro molto impegnativo e interessante per rendere il suo essere combattuta e far comprendere cosa significhi fare la scelta giusta. Ersilia decide di separarsi dalla figlia per darle ciò di cui ha bisogno e un futuro migliore, compie una scelta d’amore e di protezione per la figlia, che le è costa tantissimo e che mi ha fatto riflettere molto. Infine, raccontiamo una pagina di storia che troppo spesso è stata strumentalizzata e non troppo ricordata, mentre dovremmo riflettere di più su avvenimenti del genere.
Perché è importante, secondo te, guardare prodotti come “La bambina con la valigia”?
È fondamentale per il valore storico che ha, essendo una pagina di storia poco ricordata ed è un film che, nonostante sia ambientato tra gli anni ’40 e ’50, possiede delle tematiche estremamente attuali. Di recente abbiamo assistito a un esodo di portata quasi biblica dopo il cessate il fuoco a Gaza e questo film racconta qualcosa di simile: il dover abbandonare tutto per scappare dalla guerra, dalla minaccia, dalla sopraffazione e abbiamo il dovere, attraverso il cinema, di ricordare che cosa significhi questo e cosa abbiamo vissuto in prima persona per cercare di non farlo capitare più. Speriamo di sensibilizzare il pubblico su delle tematiche molto importanti.
Un’attrice come vive le interpretazioni così drammatiche? Si lascia trasportare dalle emozioni?
Per quanto mi riguarda, assolutamente sì e non c’è un’altra via per interpretare una scena drammatica. Provengo dal metodo Stanislavskij e Strasberg e per me girare una scena mi porta a sprofondare realmente in ciò che sto interpretando. Ci sono, invece, attori che mantengono un certo distacco ma, secondo me, è un aspetto che si percepisce da fuori. Quando si riesce a toccare empaticamente gli spettatori è perché stanno sentendo qualcosa di vero, che gli appartiene e significa che sei riuscito a calarti totalmente in quello che stai vivendo.
Dal 19 febbraio tornerai a interpretare Caterina nelle nuove puntate di “Rocco Schiavone”. Cosa possiamo anticipare a riguardo?
Durante queste stagioni, Caterina non è tornata nella squadra di Rocco e non tornerà nemmeno in questa, ma la rivedremo nella Questura di Aosta, nella task force che si occupa di violenza domestica. Questo ritorno crea un certo scompiglio a Rocco, perché Sandra naturalmente è gelosa. Tuttavia, per conoscere sviluppi più approfonditi dobbiamo aspettare la prossima stagione, in cui sarà molto più presente. Manzini semina molto lentamente questo ritorno e perdono di Caterina. Verranno lanciati dei segnali, ci saranno delle cose non dette tra lei e Rocco e un confronto su ciò che è successo.
Ogni stagione viene accompagnata da qualche polemica di troppo. Perché secondo te, nonostante le tematiche profonde trattate, si giudica con troppa leggerezza un prodotto del genere?
Rocco Schiavone, come ogni antieroe che si rispetti, è pieno di lati meravigliosi ma anche di lati umani che lo portano a sbagliare o a essere scomodo. La serie è mal vista da alcuni, secondo me, in maniera limitata perché giudicare un personaggio di fantasia in questo modo e tarpare le ali alla serie è un gesto un po’ superficiale, tant’è che è un prodotto molto amato dal pubblico. Alcune critiche che ci sono state fatte negli anni sono un po’ assurde, a mio parere, perché “Rocco Schiavone” non viene studiato a scuola e nessuno l’ha mai definito un modello etico, ma è semplicemente un personaggio di fantasia.
Quali aspetti ami di Caterina?
La porto sempre nel cuore e di lei amo che sia un po’ sfuggente e che non si sia capito ancora chi è, cosa pensa, chi ama, se è una buona o una cattiva. È contraddittoria e misteriosa. Nel momento in cui Rocco le chiede maggiori spiegazioni su quale sia la sua reale storia, risponde: “è una lunga storia”, ma non la racconta mai. Il suo modo di essere la rende, allo stesso tempo, affascinante perché non si arriva mai a comprendere fino in fondo quale sia la sua vera natura. La seconda stagione ci ha permesso di indagare di più su di lei, sugli abusi che ha subìto da parte del padre e ho dovuto fare un lavoro molto grosso di scavo interpretativo e psicologico, perché fortunatamente non era uno stato d’animo che potevo comprendere e con cui ho avuto a che fare tra le mie relazioni vicine. È stato molto impegnativo indagare su tematiche così forti e scottanti e mi sono preparata tantissimo per la seconda stagione.
Di recente ti abbiamo vista anche ne “Il Patriarca”. Che esperienza è stata per te?
È stata molto piacevole perché sono passata finalmente dall’essere ispettrice a commissario e ad avere il potere delle indagini! (ride ndr.) Mi ha permesso, inoltre, di girare con Claudio Amendola scene molto divertenti, soprattutto durante gli interrogatori. Era un personaggio super tosto, tenace, sfrontato e mi sono confrontata con la tematica dell’omosessualità che non avevo mai esplorato nelle mie precedenti interpretazioni. Mi sono divertita tantissimo perché c’era un gruppo eccezionale, siamo diventati molto amici e durante le trasferte a Bari sembrava che fossimo in gita scolastica. È stato un lavoro bellissimo.
Ti piace cambiare aspetto?
Sì, moltissimo! Ne “Il Patriarca” ho indossato una parrucca perché nello stesso periodo stavo girando “Rocco Schiavone” e non potevo toccare i capelli, ma li avrei anche tagliati ed ero disposta a fare anche un cambio radicale perché è una delle cose che più ti fa entrare nel personaggio. Ne “La bambina con la valigia” ho potuto cimentarmi con dei look anni ’50 e ’60 e questi costumi mi hanno trasportato in un’epoca lontana da me. Cambiare aspetto rende più facile sentirsi qualcosa di diverso da te stesso.
Di recente sei stata impegnata a teatro. Quali opportunità ti offre questo mondo?
Teatro e cinema sono due mondi tanto complementari quanto diversi. Da attrice, stare sul palco ti trasmette molte più emozioni e dà una grande scarica di adrenalina rispetto al set, perché c’è un rapporto diretto con il pubblico. Andare in scena e non fermarsi qualunque cosa accada è elettrizzante ed è impagabile. Nel cinema e nelle serie tv sono presenti tantissime pause, cambi di inquadratura e ripetizioni di scena che a volte rendono difficile mantenere sempre alto il livello emotivo. A teatro, invece, è come se tu non mollassi mai perché fin quando si è sul palco bisogna stare dentro a ciò che si sta interpretando. Sono esperienze molto diverse che si compensano. Non riuscirei mai a rinunciare né all’uno né all’altro.
Cos’è per te la recitazione?
Un grande gioco che mi permette di stare a contatto con me stessa. Penso di avere scelto questo mestiere perché ho bisogno di provare grandi emozioni e di sentire la vita in modo forte. Questo è il lavoro perfetto, perché ti permette di sprofondare in cose che altrimenti non avresti l’opportunità di esplorare, di vivere vite che sono lontanissime da te e di attraversare varie epoche storiche. È come tornare bambini, fantasticare e giocare al gioco del ‘vorrei essere’. Probabilmente faccio questo lavoro perché sono una bambina mai cresciuta (ride ndr.).
Chi vorrebbe essere Claudia?
Da attrice, vorrei essere una guerriera ed è da tanto tempo che mi piacerebbe interpretare un ruolo del genere. Un personaggio simile a quelli di “Game of Thrones” sarebbe meraviglioso. Mi piacerebbe vestire i panni di un’eroina che va a cavallo, un po’ violenta e un po’ eroica, sarebbe stupendo e permetterebbe sia al mio lato femminile che maschile di sentirsi appagati. Da persona, sono molto felice e soddisfatta di quello che sono: non posso dirmi infelice della mia carriera, sono mamma di una bambina meravigliosa, ho un compagno fantastico accanto e una famiglia che amo. Mi sento molto fortunata, anche se c’è sempre qualcosa di più a cui ambire ed è il motore che spinge tutti noi a migliorarsi. Mi piacerebbe, ad esempio, esplorare maggiormente il canto, scrivere un romanzo o trasferirmi in Africa per aprire un centro di recupero per animali selvatici. Ho parecchi progetti, vediamo quali potrei realizzare e quali sono un po’ troppo fantasiosi.
Di Francesco Sciortino