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Mer. Apr 2nd, 2025

Intervista a Ettore Bassi: “In ‘Dio, come mi amo… Per amarti di più!’ esploriamo la relazione tra uomo e donna all’interno della società” L’attore, sempre presente tra teatro e serie tv, presenta su “La voce dello schermo” il libro edito da Graus Edizioni, scritto con Debora Iannotta e con prefazione di Roberto Vecchioni.

Mar 25, 2025

È stato pubblicato, l’8 marzo, “Dio, come mi amo… Per amarti di più!”, libro edito da Graus Edizioni e scritto da Ettore Bassi e Debora Iannotta che esplora la relazione uomo-donna dalla Seconda Guerra Mondiale fino ad arrivare ai nostri giorni. Abbiamo intervistato, su “La voce dello schermo”, proprio l’autore: Ettore Bassi. Ettore ha spiegato i motivi che l’hanno portato a scrivere questo romanzo epistolare, assieme a Debora Iannotta, e a non dedicarsi soltanto alla carriera d’attore, dal momento che è sempre presente a teatro e in serie tv di successo. Ettore ha parlato di relazioni, di rispetto verso se stessi e verso gli altri, di altre interessanti tematiche affrontate in “Dio, come mi amo… per amarti di più” fino ad arrivare a raccontare del suo rapporto con Roberto Vecchioni, che ha curato la prefazione del libro. Oltre a presentarci il romanzo, l’attore ci ha confidato altri aspetti della propria carriera, dall’amore per il teatro al legame di stima professionale che lo lega profondamente a uno dei registi più interessanti degli ultimi anni: Carmine Elia. A voi…

 

Salve Ettore, benvenuto su “La voce dello schermo”. Nelle scorse settimane è stato pubblicato “Dio, come mi amo… Per amarti di più!”, scritto da te e da Debora Iannotta. Da dove nasce l’idea di realizzare questo romanzo epistolare e di approfondire la relazione tra uomo e donna?

Salve a tutti, grazie. L’idea nasce dall’esigenza e dall’urgenza di trattare il tema della relazione, visto il periodo di grande sofferenza e difficoltà che uomini e donne stanno vivendo all’interno della nostra società. Era importante riuscire a guardare meglio quali potrebbero essere maggiormente le cause, al di là di come ci viene presentato il problema dal pensiero dominante, dalla superficialità dei salotti televisivi e dalle informazioni che arrivano dai media, che sono tendenziose perché vogliono raccontare soltanto di un uomo brutalizzante e di una donna inerme. Questo, oltre a essere fuorviante, può risultare anche pericoloso. Dal momento che riteniamo che l’uomo e la donna saranno in grado di salvare questa società soltanto prendendosi per mano, abbiamo pensato e avvertito l’urgenza di esplorarlo.

Il libro lancia diversi messaggi, tra cui il rispetto verso l’altro. Cosa significa per te rispettare l’altro?

Il rispetto verso l’altro parte innanzitutto da quello verso se stessi. Credo sia la chiave fondamentale da cui partire e da cui nasce anche la prima parte del titolo: “Dio, come mi amo…”. Amare me stesso vuol dire che devo conoscermi e avere approfondito l’incontro con tutte le mie ferite e i miei dolori. Devo cercare di avvicinarmi il più possibile a chi sono davvero per potermi amare e rispettare. In questo modo sarò in grado, poi, con la mia identità autentica, di avvicinarmi all’altro e di rispettarlo per quello che è. Il rispetto è la consapevolezza e la coscienza di chi si rende conto che è di fronte a qualcuno che è unico. Dopo di che, per accompagnarsi, sarà necessario prendere una posizione di una identità il più possibile risolta che, richiedendo un processo molto lungo, la si otterrà con il tempo. Inoltre, il rispetto, quello dell’unicità di ognuno, è anche nella diversità di genere: l’uomo è fatto in un modo e la donna in un altro.

 
Com’è stato fare questo percorso con Debora Iannotta?

È stato emozionante e ci siamo resi un po’ cavie della nostra stessa ricerca: io e Debora ci siamo occupati, per quanto riguarda la parte epistolare del racconto, di scrivere io le lettere di Riccardo e lei quelle di Gilda, i nostri due personaggi. Lo abbiamo fatto senza confrontarci mai, per provare noi stessi a mettere la massima autenticità e ci siamo consultati soltanto alla fine. C’eravamo dati dei riferimenti su cui appoggiare la storia, il contesto storico di ogni capitolo e l’evento legato a esso che può avere turbato la coppia. Questa narrazione va avanti per circa sessant’anni del secolo scorso, dagli anni ’40 agli anni ’90, nell’arco di una vita di questa coppia che sono sempre Riccardo e Gilda ma una volta sono piccoli borghesi, un’altra operai e un’altra ancora attivisti e artisti etc. Crescono in base alla società e incontrano, vivono e subiscono tutti questi cambiamenti giganteschi che abbiamo vissuto in quegli anni e che probabilmente, arrivando in maniera poco veemente e poco accompagnata, hanno anche traumatizzato le parti in gioco: l’uomo e la donna.

La prefazione è di Roberto Vecchioni. Com’è nata questa collaborazione?

Due anni fa, portai in scena uno spettacolo tratto da un romanzo di Vecchioni, “Il mercante di luce”. Ci siamo conosciuti durante quell’occasione, è venuto a vedermi, si è emozionato molto ed è nato un rapporto di affetto e di stima. Per me lui è sempre stato un idolo e sono cresciuto con le sue canzoni. L’idea di fare uno spettacolo su un suo romanzo era stimolante, figuriamoci riuscire a instaurare un rapporto di affetto e di conoscenza. Quando gli ho prospettato l’idea di scrivere questo libro e di chiedergli se volesse partecipare in qualche modo, anche con un commento o una frase, ha dimostrato una grandissima generosità e si è prodigato per scrivere una prefazione che rende questo libro una pubblicazione prestigiosa. La sua firma in prefazione rappresenta un dono immenso.

Il libro è, per certi versi, figlio dello spettacolo “Dio come ti amo…per uomini che amano le donne”. Come concili il lavoro di attore con quello di autore?

Sono due cose che vanno a braccetto, cerco anche di farle crescere sempre di più, essendo in una fase della mia carriera e della mia vita in cui sento l’esigenza di mettermi alla prova anche stando dalla parte di chi crea. Lavoro anche come attore scritturato per altri progetti, ma l’idea di essere sempre più ampiamente e profondamente autore delle mie cose sta crescendo perché avverto l’esigenza di dire quello che sento oggi. Credo che il compito di un artista sia quello di mettere a disposizione del prossimo quella sensibilità, esperienza e possibilità che ha avuto nell’osservare la società e l’umanità e per rendere il prossimo partecipe della sua visione e del suo punto di vista. Penso che gli artisti debbano avere questo ruolo, non tutti lo fanno, io voglio farlo e sento che prenderà sempre più corpo.

Cosa ami del teatro?

Tutto. È il luogo della continuazione dell’anima, dell’incontro, del dono per gli altri e per se stessi, della ricerca, dell’espressione, dell’incontro, della crescita e fa parte degli strumenti dell’umanità ed essa non può prescindere dal teatro.

Tra le tue tappe cinematografiche e televisive, quali pensi siano quelle fondamentali della tua carriera d’attore?

Credo siano state tutte fondamentali, anche quelle meno fortunate, perché sono state anelli di una lunga catena che oggi mi rendono quello che sono. Mi sento un attore e un uomo decisamente maturato nel tempo. Ho fatto parte di tanti progetti, molto diversi tra loro, e non hanno fatto altro che arricchire il mio bagaglio d’esperienza, permettendomi di trarne insegnamenti un po’ dappertutto.

Uno dei registi con cui hai lavorato in diversi lavori è Carmine Elia. Che rapporto c’è tra voi due?

C’è un rapporto di grande stima reciproca professionale e umana. Ci siamo conosciuti sul set de “La porta rossa” e da lì è rimasta una grande amicizia perché lo considero non solo di talento ma uno dei pochi che difenderebbe a spada tratta le proprie idee e tra queste ci sono anche gli attori che ritiene validi per i suoi progetti. È un regista che si spende, questo gli rende molto merito e sento di voler dare il mio affetto artistico e la mia vicinanza a professionisti come lui.

Ci sono novità riguardo una seconda stagione di “Noi siamo leggenda”?

Al momento no, credo ci sia una viva argomentazione in ballo e vedremo cosa accadrà.

Ci sono ruoli in cui dove ti vedremo prossimamente che puoi accennarci?

Sarò impegnato a teatro e a presentare il libro in giro per l’Italia. È un progetto che mi prende moltissimo, voglio fare in modo che venga divulgato e conosciuto il più possibile e andrò anche in tv a presentarlo. Poi sarò in giro con lo spettacolo “Dio come ti amo…per uomini che amano le donne”, che ha generato il libro e tratta questo tema che abbiamo sentito la necessità di approfondire all’interno di un libro. Inoltre, sto preparando un nuovo spettacolo e ci sono tanti progetti teatrali e spero editoriali perché questa esperienza di scrittore e di autore mi ha molto convinto.

Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Oggi significa ascoltarla con attenzione e con pensiero critico. Dallo schermo arrivano cose molto varie e alcune se non vengono osservate o capite in un certo modo possono risultare anche pericolose o fuorvianti. La voce dello schermo è una voce importante, che va capita e su cui c’è bisogno di prestare molta attenzione perché può essere sia amica sia ingannevole.

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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