Il 31 ottobre esce nelle sale “Berlinguer – La grande ambizione”, film diretto da Andrea Segre e con un cast di grandissimi attori come Elio Germano, Paolo Pierobon, Elena Radonicich, Francesco Acquaroli, Paolo Calabresi e Giorgio Tirabassi. Il film racconta una parte di vita, dal 1973 al 1978, del politico e leader del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer.
Con immenso piacere, abbiamo intervistato su “La voce dello schermo” Francesco Acquaroli, un grande attore che ha fatto parte di grandissimi prodotti di successo del grande e del piccolo schermo come “Romanzo Criminale – La serie”, “Suburra”, “Rocco Schiavone”, “Smetto Quando Voglio”, “Dogman” e “A Casa Tutti Bene – la serie”. Francesco si è raccontato parlandoci degli interessanti aspetti che racconta il film di Segre, di cosa abbia rappresentato per lui vestire i panni di Pietro Ingrao e, infine, ci ha confidato altri interessanti retroscena dal set di “Berlinguer – La grande ambizione” e del proprio lavoro. A voi…
Salve Francesco, benvenuto su “La voce dello schermo”. Il 31 ottobre uscirà nelle sale “Berlinguer – La grande ambizione”. Cosa ti ha colpito di questa esperienza?
Salve a tutti, grazie. Mi hanno colpito tanti aspetti: rivedere filmati di quell’epoca, vedere un’Italia così diversa, più preoccupata del futuro di tutti, questo senso di collettività e di prospettiva comune che adesso non esiste più, credo sia la cosa che mi ha colpito di più. Ho avuto modo di conoscere le figlie di Pietro Ingrao, che mi hanno parlato del loro papà e ho scoperto quanto fosse aderente l’immagine di quello che era fuori con quello che era dentro casa: un uomo moderno, empatico, che ascoltava, che sapeva parlare e coinvolgere. Ho scoperto tante cose che mi hanno confermato il fatto che quello è stato un periodo veramente eccezionale e straordinario.
Quali corde ti ha permesso di toccare aver interpretato Pietro Ingrao?
Ogni personaggio rappresenta una sfida, Pietro è stato un modo molto importante per riscoprire delle cose che appartengono a qualche vita fa. Io avevo quindici anni quando cominciai a interessarmi di politica e fu proprio Ingrao a portarmi dentro quel mondo con la sua empatia, il suo modo di saper parlare a noi giovani che ci affacciavamo a un mondo violentissimo, soprattutto a Roma. Avere la fortuna di poter interpretarlo è stato come un omaggio nei confronti di un uomo che è stato molto importante per me, anche se non l’ho mai incontrato di persona.
Quando si vestono i panni di un personaggio realmente esistito, un attore come si approccia per interpretare e non imitare?
Studiando ciò che ha fatto, cercando di immaginarsi quello che poteva essere incontrarlo di persona e cercando di sintetizzare tutto questo con quello che è frutto della tua immaginazione. L’interpretazione deve sempre innescarsi in un racconto, non può esserne avulsa e bisogna trovare la cifra e il registro giusto per raccontare quella persona.
Quale pensi sia il confine tra la recitazione e l’imitazione?
Io ho subito messo in chiaro che non avrei fatto un’imitazione di Ingrao né del modo di parlare né del modo di muoversi e non lo ritenevo l’aspetto interessante. Il mio obiettivo era quello di raccontare un personaggio che pensava e agiva in un certo modo e non di replicare una figura.
Il pubblico perché deve vedere “Berlinguer – La grande ambizione”?
Perché è un film storico e se ti interessa ciò che è successo alle generazioni precedenti alle tue è un modo per scoprirlo. Io ricordo che vedevo i film su quella generazione che non avevo vissuto. Inoltre, è importante scoprire dei personaggi politici che oggi ci sogniamo.
In che modo pensi che il presente debba imparare dal passato seguendo la scia tracciata da film del genere?
Più che imparare credo che sia necessario raccogliere il testimone, perché anche il passato era pieno di ingiustizie che caratterizzano ogni epoca. Non va appreso ad occhi chiusi, ma bisogna raccogliere il testimone di ciò che c’era di buono.
La tua carriera si divide tra grandi prodotti teatrali, cinematografici e seriali. Riesci a individuare prodotti di cui hai fatto parte che ti stanno maggiormente a cuore e perché?
La vita ti offre delle occasioni o te ne toglie altre quindi più che tracciare una rotta bisogna e cercare di realizzare tutto nel migliore dei modi. Un attore deve sempre pensare al lavoro successivo e delle cose che ho fatto alcune mi piacciono altre un po’ meno, ma credo sia normale.
Uno dei personaggi che rivedremo prossimamente è quello di Sebastiano in “Rocco Schiavone”. Cosa ami di lui?
Amo il fatto che Sebastiano e Rocco siano due amici che hanno preso strade diverse ma che non riescono a dimenticarsi o ad allontanarsi. Il rapporto di amicizia può superare tante difficoltà e tanti ostacoli ed è bella questa parte del racconto.
Ci sono altri progetti in cui ti vedremo e che puoi accennare?
Al momento sto girando una serie Disney americana su Amanda Knox e sarà pronta tra un anno circa.
Tu ti sei approcciato anche alla serialità americana, come ad esempio in “Fargo”. Come hai vissuto questo avvicinamento ai prodotti stranieri?
Sicuramente molto bene. La recitazione è un linguaggio universale e quando mi sono ritrovato sul set è stata un’esperienza molto bella, che adesso sto affrontando in questo nuovo progetto. La nazionalità del set non è così importante. È fondamentale, invece, che ci sia qualità artistica e, quando c’è, puoi essere anche dall’altra parte del mondo ma ti senti sempre a casa.
Cosa pensi della qualità dei prodotti italiani del 2024?
Credo sia molto buona, naturalmente con alti e bassi.
Questo portale si intitola la voce dello schermo. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Lo schermo è sempre stato uno stimolo per immaginare, per comprendere, per sognare ed è una fonte inesauribile di stimoli. Non posso immaginare una vita senza lo schermo.
Di Francesco Sciortino