La seconda stagione de “Il Patriarca” è partita da una settimana e abbiamo avuto modo di conoscere alcuni dei nuovi personaggi che, accanto a Nemo Bandera e famiglia, ci terranno compagnia il venerdì sera su Canale 5. Una delle new entry più interessanti è indubbiamente Giorgio Belli, che nella serie interpreta Daniel, figlio del nuovo antagonista di stagione Raoul.
Abbiamo intervistato Giorgio su “La voce dello schermo” per parlare del suo personaggio e degli aspetti che ha amato della serie. L’attore ha, inoltre, raccontato degli esordi tra “Luna Nera” di Netflix e “Mental” di RaiPlay, della sfida che rappresenta per lui interpretare personaggi in bilico tra bene e male, ha confidato quanto sia stato importante essere diretto da Claudio Amendola e altre curiosità che lo riguardano. A voi…
Salve Giorgio, benvenuto su “La voce dello schermo”. Ti stiamo vedendo nella seconda stagione de “Il Patriarca”. Com’è stato entrare da new entry in una serie come questa?
Salve a tutti, grazie. Inserirsi all’interno di un cast già collaudato è sempre molto particolare e dipende dal clima che trovi. Ne “Il Patriarca” ho trovato un ambiente più che familiare. Tutti i professionisti, dal cast alla troupe, sono stati molto gentili, mi sono trovato a casa ed è un aspetto fondamentale per riuscire a recitare bene dal momento che nelle serie tv i tempi sono molto più veloci rispetto al cinema. Ne “Il Patriarca” abbiamo fatto un bel lavoro di squadra.
Interpreti Daniel, il figlio del nuovo nemico di Nemo Bandera…
Sì, abbiamo visto che Raoul arriva a Levante con l’obiettivo di distruggere tutto ciò che Nemo ha costruito e annientare la sua famiglia. Daniel diventa parte integrante di questo piano, nonostante vorrebbe essere tutt’altro e dovrà lottare da un lato con il suo essere il figlio di un criminale e dall’altro il volere diventare quello che è, perché sarebbe tutt’altro se non fosse costretto.
La serie è caratterizzata da molti personaggi al limite, in bilico tra il bene e il male. In che modo, secondo te, Daniel si trova ad affrontare una situazione del genere?
Interpretando Daniel mi sono sentito come se stessi camminando su un filo sospeso a cento metri da terra e in cui si può cadere nel baratro della criminalità da un momento all’altro. Tutto lo porta verso quella direzione, cerca di lottare costantemente contro il padre e la strada che gli pone davanti ma vedremo nelle nuove puntate che sviluppi ci saranno…
Qual è il fascino di interpretare personaggi come lui?
Amo interpretare personaggi che presentino una doppia faccia e in cui bisogna scavare per trovare sia le luci che le ombre che possiedono. Ruoli del genere mi danno un grandissimo spunto di lavoro, di ricerca e mi fanno scoprire cose nascoste a livello umano che soltanto facendo l’attore si possono tirare fuori. La recitazione ti dà l’occasione di scavare dentro te stesso anche nei lati più negativi. Mi piace molto sperimentare e ruoli del genere me ne danno l’occasione.
Della serie e del cast cosa ti hanno colpito maggiormente?
Mi è piaciuto molto il dinamismo: possiede un ritmo molto serrato e incolla lo spettatore allo schermo. Quando ho visto la prima stagione non c’è stato un momento di lentezza e man mano che la serie va avanti ti appassiona, ti incuriosisce e vorresti sapere come va a finire. Ci sono dei personaggi molto intensi e questo ritmo appartiene ai prodotti che io prediligo. Riguardo il cast mi sono trovato molto bene con tutti quanti. Era la prima volta che recitavo con Claudio Amendola ed essere diretto da lui è stata una grande emozione perché sono cresciuto con il suo mito. Mi ha impressionato il suo carisma e la forza che riesce a mettere in scena in modo naturale. È una persona e un attore che con uno sguardo riesce a trasmettere tutto.
Come regista, invece, cosa pensi ti abbia trasmesso Claudio Amendola?
Sia lui che il secondo regista, Alessandro Panza, sono persone con un modo di lavorare simile, molto chiaro, nonostante siano molto diversi. Quando si arrivava sul set sapevamo bene quello che avremmo dovuto fare per rendere al meglio nel nostro lavoro. Ci siamo ritrovati tutti con la stessa idea di racconto e quando tutti vanno verso la stessa direzione il risultato è più facile da raggiungere.
Cosa dobbiamo aspettarci dagli altri episodi di questa stagione?
Tanti colpi di scena. Nel momento in cui ho letto la sceneggiatura, ogni tre-quattro pagine succedeva qualcosa di inaspettato. Sicuramente non è una serie che fa annoiare, è imprevedibile e tiene l’attenzione molto alta.
La prima stagione era stata lasciata in bilico tra il rinnovo e la cancellazione. Secondo te questa seconda stagione serve a dare una conclusione o potrebbero esserci nuovi sviluppi?
Secondo me c’è una possibile apertura a una terza stagione.
Di recente ti abbiamo visto anche in “Amici Per Caso”. Cosa hai amato di questo set?
È stato interessante interpretare un ruolo totalmente diverso, è molto bello e divertente quando fai parte di progetti con personaggi molto vari. In “Amici per caso” ero il miglior amico della ragazza del protagonista, che cercava di nascondere la propria omosessualità per fare ingelosire il fidanzato e aveva questa ambivalenza in cui doveva sembrare un uomo duro. È stato bello lavorare verso tutt’altra direzione, nella commedia, e si è creato un clima fantastico tra gli attori. È stato semplice raggiungere quel livello di leggerezza.
Secondo te, un attore traccia una direzione verso la quale andare nei confronti dei generi e dei ruoli in cui deve cimentarsi?
Credo che ogni attore abbia le proprie corde attoriali, che conosce lui stesso e che gli fanno dire quali siano i suoi punti di forza e i punti deboli. Il lavoro dell’attore è in costante cambiamento e di studio, quindi si cresce tanto e queste corde possono pure cambiare. Magari, interpretando un ruolo che pensavi di non essere in grado di fare, riesci a trovare degli aspetti che ti aprono delle porte a nuovi personaggi. Secondo me non è giusto precludersi la possibilità di interpretare determinati tipi di personaggi o film perché magari non ci si sente all’altezza. Bisogna buttarsi, anche con il rischio di cadere, perché se non ci si lancia in questo mestiere non si ottengono risultati. In seguito, con l’esperienza, ci si rende conto di trovarsi di fronte a progetti più affini e si riesce a selezionare meglio i prodotti in base a ciò che si vuole fare e per rendere al meglio.
Rispetto alle tue prime esperienze, come “Luna Nera” e “Mental”. Cosa ricordi di quegli anni e come pensi sia cambiato Giorgio da allora?
Erano i miei primi passi nella recitazione. Ho iniziato con “Luna Nera” e prima di allora studiavo economia all’università. Quando ho deciso di iniziare questo percorso, ho provato ad approcciarmi e mi sono accorto che ero innamorato di questo mondo. Motivo per cui, una volta laureatomi, mi sono completamente dedicato alla recitazione. Da lì a poco è arrivato Pietro in “Luna Nera”, che si trattava di un ruolo importante in un set internazionale. Trovarsi a girare con tutte quelle persone attorno è stata una bella scossa. Sono riuscito a portare avanti quell’esperienza, attraverso lo studio e il duro lavoro, e ricordo ancora la confusione che provai il primo giorno di set. Man mano che i giorni passavano, dal momento che le riprese durarono sei mesi, andavo prendendo coscienza dei miei mezzi. Da quegli anni a ora mi sento molto cambiato e credo di modificarmi molto anche in futuro. Ogni set ti lascia qualcosa, studiando e lavorando si cresce come attore e come persona. Sono esperienze che mi hanno dato tanto e mi hanno svezzato.
Secondo te cosa non ha funzionato in “Luna Nera”?
Non saprei, c’erano una regia molto forte, un ottimo cast ed era un progetto molto ambizioso per il mercato italiano. Magari non siamo riusciti a tradurre nel linguaggio più giusto e più vicino agli spettatori questa storia che era molto forte. Non credo ci fosse qualcosa di sbagliato perché tutti quanti abbiamo dato il massimo affinché ne venisse fuori un bel prodotto. Tuttavia, nei progetti in uscita, ritengo che spesso sia importante anche la fortuna: alcune volte i progetti piacciono e altre volte no e non si può prevedere.
Altri progetti a cui tieni?
Ho appena girato un film da antagonista e sarà molto interessante. Non so quanto ne posso parlare, ma sono tutti attori molto validi, sarà ambizioso e molto interessante. Interpretare per la prima volta un antagonista è stato un lavoro molto interessante.
Buoni o cattivi?
Sempre i cattivi, sono dei ruoli molto affascinanti perché ti consentono di andare a trovare alla radice il movente che li spinge a essere così e la loro natura umana di fondo. In loro c’è sempre una grande sofferenza da qualche parte da cui scaturisce tutto quanto. Mettere in pratica questo tipo di ricerca del personaggio è molto bello e interessante.
Se fossi un giornalista che domanda faresti a Giorgio?
Magari gli chiederei quali sono i suoi film preferiti, perché sono sempre tantissimi ma quando si riescono a trovare due-tre titoli sono indicativi della personalità. Sto girando per la casa e ho i poster appesi al muro di “The Elephant Man” di David Lynch, “Whiplash” e “Amici Miei” di Monicelli. Ma il mio film preferito in assoluto è “La leggenda del pianista sull’Oceano”.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
È una grande responsabilità perché lo schermo è molto presente ai nostri giorni nella vita delle persone e chi sta dall’altra parte dello schermo lo dovrebbe sapere ma spesso non è così.
Di Francesco Sciortino