“Le onde del passato”, serie attualmente in onda su Canale 5, prodotta da Banijay Stydios, diretta da Giulio Manfredonia e con protagonisti Anna Valle, Giorgio Marchesi e Irene Ferri, sta conquistando i telespettatori puntata dopo puntata ed è pronta a stupirci ancora di più durante i prossimi episodi.
Con grande piacere, “La voce dello schermo” ha intervistato Giorgio Marchesi che, dopo aver vestito i panni del magistrato Paolo Malfitano in “Vanina – un vicequestore a Catania“, è tornato in azione interpretando un commissario sui generis e dalle mille sfaccettature. L’attore ci ha raccontato quali aspetti abbia amato dell’impulsivo Luca Bonnard e dell’affascinante sfida che ha rappresentato per lui far parte della serie e girare sull’Isola D’Elba. Ma non è tutto, Giorgio ci ha regalato inoltre un’interessante riflessione sul teatro odierno, un amore a cui l’attore non vuole assolutamente rinunciare, e ci ha confidato quali siano stati, secondo lui, gli incontri più significativi della propria carriera. A voi…

Total look: FAY
Styling & press : Other srl
Make up artist: Gabriella Mustone @Simonebelliagency
Location: Studio Ventuno Roma
Salve Giorgio, bentornato su “La voce dello schermo”. Ti stiamo vedendo ne “Le onde del passato”. Dal magistrato Paolo Malfitano in “Vanina – un vicequestore a Catania” al commissario Luca Bonnard, quali corde ti ha permesso di toccare questo personaggio?
Salve a tutti, bentrovati. Luca è un personaggio più operativo nelle indagini e più di movimento rispetto a Paolo Malfitano. Ha la propria metodologia, che non si basa su un rigido rispetto delle regole ed è molto istintivo. Interpretarlo è stato piacevole, interessante e mi ha offerto diverse opportunità perché è attratto da una donna che, con il passare del tempo, gli farà vivere un conflitto tra quello che è il suo sentimento e quello che le indagini lo portano a scoprire. È stato affascinante e inusuale dover gestire la parte sentimentale e, allo stesso tempo, raccontare il rapporto di contrasto con il figlio. Sono alcuni degli aspetti che mi hanno incuriosito e che mi hanno permesso di toccare corde diverse da quelle esplorate di recente.
Gli ascolti delle prime puntate sono stati altissimi e “Le onde del passato” sta convincendo sempre di più. Secondo te, quali sono gli aspetti che hanno catturato l’attenzione del pubblico?
Sono molto contento degli ascolti della serie. È un prodotto che parte molto forte, con due donne che si ritrovano dopo una violenza di gruppo subìta vent’anni prima. Ci sono diversi aspetti che affascinano il pubblico, tra cui un inizio molto potente. La prima puntata è di presentazione, andando avanti ci saranno tantissimi avvenimenti che renderanno ancora più affascinante la serie e si scoprirà molto sui tanti personaggi presenti. È un prodotto ben pensato, se il pubblico continuerà a seguire le altre puntate troverà un finale molto coinvolgente.
Luca lascia prevalere spesso l’istinto alla ragione. Tu sei più istintivo o razionale?
Decisamente più istintivo, perché non sono un bravo stratega che ha sempre il controllo della situazione. Mi viene da sorridere perché in questi giorni sono in tournee e quando mi chiedono: “Dove vai domani?” so magari in quale città dovrò andare, ma non conosco mai altri dettagli a riguardo. Non so se sia un pregio o un difetto, ma anche sul lavoro spesso ho agito senza avere una strategia, né a breve né a lungo termine. Facevo dei provini e alcune volte ho detto di no, magari pentendomene in seguito, seguendo la pancia. Generalmente nella vita, così come con le persone, è importante l’effetto sorpresa e, in certe situazioni, la razionalità c’entra poco.
Com’è stato girare sull’Isola D’Elba? Come mai hai parlato di condizioni difficili?
È un posto meraviglioso. Inizialmente non siamo stati aiutati dalle condizioni climatiche perché siamo arrivati lì i primi di aprile e abbiamo trovato freddo e brutto tempo. Ho parlato di condizioni difficili perché credo sia stato impegnativo per la troupe, che doveva portare tutto ciò che serviva per il set e c’erano dei posti che con il maltempo sono diventati un po’ impegnativi da raggiungere. Tuttavia, credo che arrivare in un luogo non facilmente raggiungibile sia un plus per la tv, renda più affascinante il prodotto e ritengo sia giusto dare il merito alla troupe che ci ha seguito e ci ha permesso di realizzare un buon lavoro.
A breve riprenderanno le riprese di “Vanina – Un vicequestore a Catania”, ci sarai?
Non ho ancora letto le sceneggiature, ma dovrei esserci e vediamo quello che hanno scritto sul nostro Malfitano e la nostra Vanina Guarrasi.
Tu hai lavorato con grandissimi registi. Secondo te, quali sono stati gli incontri che ti hanno segnato maggiormente dal punto di vista artistico?
Ricordo con grande piacere “Mine Vaganti” e “Magnifica Presenza” di Özpetek. Da attore, riuscire a fare lavori di un certo prestigio ti permette di esistere e fare un film di Ferzan mi ha permesso di farmi conoscere. L’altro incontro importante che riguarda il cinema è quello con Marco Tullio Giordana, in “Romanzo di una strage” e nello spettacolo “Le sponde dell’utopia”, che è una persona che stimo molto e che mi ha fatto interpretare un ruolo stupendo, perché negativo. Avendo la faccia da buono, avere la possibilità di fare un cattivo e un terrorista è stata una chiave che poi mi è servita in altre situazioni e per avere anche un’altra vita artistica. Di ruoli televisivi con registi che stimo ce ne sono stati tanti, tra cui Giulio Manfredonia, che mi ha permesso di esplorare corde diverse dal solito, e Giacomo Campiotti ne “La sposa”. Ma sono tanti i registi a cui sono legato e mi dispiace non citarli tutti.
Sei impegnato a teatro, ne “Il Fu Mattia Pascal”, come sta andando?
Abbiamo fatto di recente il giro della Sicilia e della Calabria, finiremo la tournée in centro Italia, dopo essere stati in gran parte del nostro Paese. È uno spettacolo a cui sono molto legato, perché ho seguito l’adattamento insieme alla regista Simonetta Solder.
Secondo te, che fase sta vivendo il teatro?
Credo ci sia spazio per qualcosa di nuovo e ritengo sia fondamentale che le nuove leve si interessino a questo mondo, perché il teatro rischia. Da un lato corre meno rischi rispetto al cinema perché l’intelligenza artificiale su un palcoscenico non può intervenire, mentre sul grande schermo, se è troppo aggressiva, può essere un problema per gli autori e per gli attori. Speriamo che chi ci governa ci aiuti a porre dei limiti all’intelligenza artificiale. Noi, come ANICA, abbiamo chiesto attenzione riguardo questo aspetto. Bisogna proteggere la propria individualità e unicità perché non possiamo utilizzare le macchine per sostituire ciò che deve fare l’attore. Dobbiamo tutelare una categoria che rischia di scomparire ed è fondamentale regolare queste tecnologie. A teatro sarà più difficile sostituire l’attore, ma serve anche svecchiarlo rispetto a un tipo di interpretazione e di libertà per avvicinare le nuove generazioni. Il livello di concentrazione delle persone nel tempo è differente rispetto al passato e credo sia giusto riflettere e proporre qualcosa di diverso per offrire un cambio di passo.
Dal punto di vista degli attori, però, sembra esserci un avvicinamento maggiore da parte dei giovani attori nei confronti del teatro…
Chiaramente la preparazione teatrale permette agli attori una formazione più completa e un attore di cinema, che ha fatto soltanto audiovisivo, avrebbe difficoltà a cimentarsi nel teatro senza averlo fatto prima, mentre al contrario non accadrebbe la stessa cosa. Se pensiamo ai grandi nomi del cinema italiano, da Elio Germano, Pierfrancesco Favino e altri, quasi tutti hanno una preparazione teatrale e accademica.
Consiglieresti a un aspirante attore di fare teatro?
Assolutamente sì. Quando qualcuno mi chiede consigli su come diventare un attore, rispondo sempre che la prima cosa da fare è il teatro. Alcuni confondono il lavoro di attore con il successo, ma non è così perché il primo passo che deve fare una persona che vuole fare questo mestiere è capire se gli piace entrare nei panni di un’altra persona, al di là dei soldi che può guadagnare e del successo che può avere. Nel momento in cui sali su un palco, il teatro ti aiuta a capire meglio come un attore debba confrontarsi con alcune dinamiche. Se si è curiosi e ti piace conoscere l’umanità da un altro punto di vista, allora probabilmente sarà il lavoro per te e con tanti ‘forse’, perché subentrano mille varianti compresa la fortuna, ce la farai. Per cui spero ci sia una preparazione il più possibile teatrale per le nuove leve. Il teatro è un mondo più artigianale e credo che questa sia la sua forza.
Di Francesco Sciortino