Mercoledì 27 marzo è il giorno di “Vanina – Un Vicequestore a Catania”, fiction con protagonista Giusy Buscemi nei panni di Vanina e tratta dai romanzi di Cristina Cassar Scalia, prodotta da Palomar e diretta da Davide Marengo. Tra i personaggi della serie che conosceremo presto e che incuriosirà il pubblico di Canale 5 ci sarà quello di Giuli De Rosa, interpretata da Dajana Roncione. Abbiamo intervistato proprio l’attrice siciliana che ci ha parlato di “Vanina”, dei punti di forza e delle particolarità della serie e ci ha presentato Giuli, un’avvocatessa di successo con le proprie ferite nascoste. A voi…
Salve Dajana, benvenuta su “La voce dello schermo”. Interpreti Giuli De Rosa in “Vanina – un vicequestore a Catania”. Cosa dobbiamo aspettarci da questa serie?
Salve a tutti. Grazie. La scrittrice dei romanzi da cui sono tratte le vicende della serie, Cristina Cassar Scalia, e lo sceneggiatore, Leonardo Marini, sono riusciti a restituire dei personaggi molto interessanti, ciascuno di loro con delle ferite che riguardano il passato e credo che questo sia uno degli aspetti più interessanti della serie: il fatto che le ferite devono essere attraversate per poter riuscire a essere ciò che siamo veramente destinati a essere. Vanina, ad esempio, ha perso il padre (l’ispettore Giovanni Guarrasi) in seguito a un attentato di stampo mafioso a Palermo e la scrittrice ha voluto rievocare i fatti accaduti a Palermo.
Da questa ferita che è dentro di lei, nasce il desiderio di trovare i colpevoli dell’assassinio di suo padre e, di diventare poliziotta e di lottare contro la mafia.
Passiamo al tuo personaggio: chi è Giuli?
Giuli è la migliore amica di Vanina, si conoscono dai tempi del liceo a Palermo, poi si perdono ma si ritrovano a Catania. È un avvocata matrimonialista e di successo. È molto diversa da Vanina, Giuli sembra non portarsi dietro il suo lavoro è come se, finito il lavoro, ritornasse adolescente e in questo modo riesce ad allentare le sue tensioni, invece Vanina è sempre armata anche se va a ballare, non riesce a staccare.
Il punto di forza di questa serie sta proprio nel modo in cui vengono descritti i lati umani e le fragilità dei vari personaggi.
Che rapporto si creerà tra lei e Vanina?
Giuli riesce ad avere su Vanina una sua influenza positiva ed è come se, in un certo modo, la costringesse a uscire dalla testa aiutandola così a distrarsi dalle sue preoccupazioni, è l’amica che vorremmo avere tutti: quella che nei giorni no riesce a farti sorridere ma anche quella che combina guai. Ama la vita, è sempre curata, ama le feste, fare baldoria e cerca di coinvolgere sempre Vanina in queste iniziative.
Sa che Vanina sta attraversando un momento di grande cambiamento e che il lavoro la costringe sempre ad essere vigile e, proprio perché lo sa, prova a ricordarle che esiste anche una vita che deve vivere, che è un suo diritto anche quello. Sentimentalmente Giuli però è un disastro. Interpretandola mi sono chiesta perché, pur essendo un avvocata stimata e di successo, fosse poi così poco centrata nella sua vita sentimentale
e alla fine credo di essere arrivata alla conclusione che Giuli ha in qualche modo bisogno di diventare la madre di se stessa, il genitore di stessa, che deve ancora fare questo passo in avanti, sarà necessario per Giuli entrare in crisi.
Quali sono gli aspetti che ti hanno messo alla prova di questo personaggio?
Indossare i tacchi a spillo! (ride ndr.) Scherzi a parte, è stata una bella sfida affrontare il percorso psicologico di questo personaggio. In questa serie tutti i personaggi hanno un arco drammatico ben equilibrato e siamo tutti stati sapientemente guidati da Davide Marengo. Tutti i personaggi hanno un loro percorso logico, umano e necessario che viene portato fino alla fine. Io personalmente lavoro sempre anche con la mia acting coach, Lucilla Miarelli, con la quale ho un rapporto lavorativo preziosissimo, perché lo abbiamo costruito negli anni.
In questo caso, ho dovuto tirar fuori una parte divertente di me che evidentemente c’era ma che non tiro fuori spesso. In realtà, è stato più complicato convincermi e fidarmi di questo mio lato divertente. Per ricreare l’energia di Giuli mi sono imposta di rimanere più aperta, di stare più in ascolto, di uscire dalla testa e usare più istinto, di avere più fiducia, è stata una bellissima sfida.
Mi piaceva l’idea di portare il racconto di un’amicizia tra due donne in una fiction, io e Giusy, accomunate da questo desiderio e guidate da Davide ci siamo trovate molto bene sin dal primo provino. Questo ci ha aiutato, successivamente, a portare anche sul set questa nostra chimica e questo nostro obiettivo, anche perché Giusy è un’attrice molto generosa e accogliente.
Ci sono tanti polizieschi in questo periodo in tv, quali novità porterà Vanina secondo te?
È bello vedere sempre più figure femminili di questo tipo nelle nostre tv e qualche tempo fa sarebbe stato impensabile. È stato interessante leggere quanto detto da Cristina Cassar Scalia che, essendo appassionata di gialli, avrebbe voluto trovare un personaggio femminile come quello di Vanina e invece ha dovuto scriverlo lei, realizzando un lavoro impeccabile. Inoltre, ritengo che la novità della serie sia l’ambientazione, perché di Catania si parla poco in tv, e troveremo una Sicilia metropolitana. Rispetto ai gialli di Camilleri, ad esempio, emerge un altro tipo di approccio nel linguaggio, nei luoghi, nella descrizione dei personaggi, con una Catania alla moda, fatta di locali, di incontri, attenta all’arte e con le sue specialità culinarie sempre presenti. Oltre ai casi, sono molto interessanti le relazioni tra i vari personaggi e la regia raffinata di Davide Marengo, che ha creato un prodotto di alta qualità.
Tu sei siciliana. Che legame hai ancora con la tua terra e quanto ha influito nel tuo lavoro essere siciliana?
Paradossalmente sto rivivendo il mio essere siciliana nei personaggi più recenti. Quando ho iniziato ho interpretato personaggi che avevano provenienze diverse dalla mia e quindi con accenti diversi. Ma ritornano sempre anche i ruoli siciliani. Ho lavorato in diversi progetti scritti da Camilleri come “La concessione del telefono”, “Una Lama di luce” e sono orgogliosissima di averne fatto parte perché Camilleri è stato uno scrittore meraviglioso e di cui ho grande stima. Amo la Sicilia, sono andata via da Monreale perché volevo frequentare l’Accademia Silvio D’Amico. Mi ero detta: “se non mi prendono ritorno”. Poi mi hanno presa e ho cominciato a lavorare e a trovare in Roma la mia seconda casa.
Torno in Sicilia tutte le estati e la mia migliore amica è di Palermo. Mantengo le mie radici e ne vado fiera. Pur avendo una vita che oscilla tra Londra e Roma, le mie radici sono e resteranno quelle. Anche dal punto di vista letterario sono molto legata a Sciascia e Pirandello.
Quali sono le interpretazioni della tua carriera che reputi le più impegnative e perché?
Ogni volta che interpreto un personaggio cerco sempre di fare un lavoro molto approfondito prima di andare sul set perché così mi sento più libera di dimenticarmi tutto, di fidarmi del lavoro che ho già fatto e di poter seguire l’istinto e di godermi il momento. È stato molto stimolante interpretare Loredana Bertè in “Io Sono Mia” perché era difficile restituire, in così poco tempo, la sua energia e ho dovuto lavorare di bilanciamento, per restituire la sua fierezza e la forza che possiede. È stato un lavoro molto interessante che mi è servito tantissimo perché ho una mia naturale “dolcezza” nello sguardo che volevo che non venisse fuori nel caso di Loredana Bertè perché volevo dare priorità alla sua forza.
Quali altre esperienze lavorative hanno messo alla prova dal punto di vista artistico?
Sicuramente mi ha messo alla prova anche “Anima”, lo short-movie di Paul Thomas Anderson per prima cosa perché stavo lavorando con un grandissimo regista che io personalmente amo moltissimo. E poi perché in questo short-movie praticamente “danzo” ma, non essendo una ballerina, mi sono messa a esplorare territori che conoscevo poco ma che mi sono diventati, a poco a poco, familiari. La cosa più sorprendente era quella di trovarmi a fare delle coreografie che pensavo di non ricordarmi e invece il giorno dopo mi sorprendevo a scoprire che la memoria del corpo è più potente della mia testa!
Questo lavoro mi ha aiutato tantissimo a mettermi in relazione con il mio corpo e ad ascoltarlo. La scena sul treno l’abbiamo costruita dopo diverse improvvisazioni approvate dal regista. Il coreografo ha lavorato utilizzando il nostro linguaggio del corpo, le nostre intuizioni e idee e da lì ha costruito quella coreografia. Sono molto grata al lavoro straordinario del coreografo Damien Jalet e alla fiducia che Paul Thomas Anderson mi ha dato.
Dove ti vedremo prossimamente?
Mi vedrete in “Eterno Visionario”, film sulla vita di Luigi Pirandello e diretto da Michele Placido. Qui interpreto Vera Vergani la prima attrice che nel 1921 interpretò il ruolo della Figliastra nei “Sei personaggi in cerca d’autore” al teatro valle di Roma.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Credo che, in generale, l’ascolto sia fondamentale e non significa non esserci, ma ti aiuta ad avere più coscienza di chi sei. Qualsiasi cosa ascoltiamo veramente, da uno schermo a una persona, è qualcosa di importante e che ci aiuta a codificare noi stessi.
Di Francesco Sciortino