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Intervista a Fabrizio Sabatucci: “Recitare mi fa sentire libero” L’attore, che stiamo vedendo in queste settimane nella sesta stagione di “Rocco Schiavone” e che sarà in “Morbo K” e nelle nuove puntate de “Il Commissario Ricciardi”, si racconta su “La voce dello schermo”.

Feb 22, 2025
Foto di Alessandro Pizzi

Rocco Schiavone”, “Il Commissario Ricciardi” e “Morbo K” sono tre delle esperienze televisive che ci mostrano l’interessante periodo lavorativo che riguarda Fabrizio Sabatucci. L’attore, che ha diviso la propria carriera tra teatro, cinema e televisione, è stato intervistato su “La voce dello schermo” e ci ha regalato una piacevole chiacchierata tra interpretazioni recenti e quelle che hanno caratterizzato il proprio percorso artistico. Fabrizio ha, infatti, raccontato cosa abbia rappresentato per lui vestire i panni dell’ispettore Munifici nella serie con protagonista Marco Giallini e ci ha dato delle piccole anticipazioni che riguardano i suoi personaggi ne “Il Commissario Ricciardi” e nell’attesissima “Morbo K”. Infine, l’attore ha ripercorso le tappe fondamentali della propria carriera, da “Tre Mogli” di Marco Risi alle esperienze a teatro, un amore che l’ha portato a fondare la compagnia teatrale “Formi 4”, creata assieme a Riccardo Scarafoni, Francesco Venditti e Veruska Rossi e che ha coinvolto anche Marco Bocci in diversi lavori. A voi…

Foto di Alessandro Pizzi

Salve Fabrizio, benvenuto su “La voce dello schermo”. Ti stiamo vedendo nelle nuove puntate di “Rocco Schiavone”, cosa ti ha affascinato di questa esperienza?

Salve a tutti, grazie. Il mio personaggio è l’Ispettore Munifici, che avevo già interpretato durante la seconda stagione. Riappare magicamente nei nuovi episodi, sta vivendo un dramma a Roma e chiama il suo amico e mentore Rocco Schiavone per cercare di risolverlo. È sempre bello lavorare assieme a degli amici: con Marco c’è un grande rapporto di amicizia e di stima e con il regista Simone Spada avevo già lavorato in “Domani è un altro giorno”, con lo stesso Giallini e Valerio Mastrandrea. Ci siamo ritrovati in questo set e l’aspetto che mi ha colpito maggiormente è il modo di trattare il prodotto, con un modo di girare simile a quello cinematografico: si dispone di più tempo per la scena e non c’è la frenesia dei ciak, si ha la possibilità di respirare dentro il personaggio e di trovare un istinto e un qualcosa che non soltanto arricchisce la performance, ma la completa.

Com’è stato lavorare con questa squadra?

Si respirava una grande armonia sul set. Quella di “Rocco Schiavone” è una bella famiglia e si ritrova sempre il gusto di lavorare in modo teatrale. Quando ti inserisci all’interno di un cast così stabile c’è sempre un po’ di timore, tuttavia, sono stato accolto molto generosamente e ho cercato di dare il mio contributo alla serie.

Secondo te, qual è il segreto del successo di “Rocco Schiavone”?

Sono diversi. Sicuramente i romanzi di Antonio Manzini sono ben scritti e hanno avuto un enorme successo, creando un bel legame con il pubblico. Poi, ovviamente, Marco è riuscito a dare fisico, corpo e cuore a “Rocco Schiavone” e la gente gli è molto affezionata. Sono due dei tanti ingredienti che esaltano il prodotto.

Per interpretare il tuo personaggio, su quali aspetti hai dovuto lavorare?

Sicuramente l’aspetto emotivo è stato fondamentale, dal momento che lui vive un dramma familiare che cerca di contenere un po’ ma che appare evidente anche nelle azioni che compie. È presente una parte emotiva che affligge il personaggio e che non riesce a controllare. Questa nota stonata la si percepisce sempre, nei suoi occhi, nei suoi pensieri, negli scatti d’ira ed è come se avesse sempre una rabbia repressa.

Un’altra esperienza che ti riguarda è “Il Commissario Ricciardi”, in cui ti vedremo prossimamente. Cosa ti ha colpito di questa esperienza?

È un lavoro totalmente differente rispetto a “Rocco Schiavone”, essendo in costume e ambientato negli anni ’30. Il personaggio è un sovversivo, un capitano fascista che cerca quasi di fare un colpo di stato. È sordido e scivola un po’ come una serpe. Durante questa esperienza, ho avuto la fortuna di lavorare con Lino Guanciale, che conoscevo da tempo, con Antonio Milo e con tantissimi attori che vengono dal teatro. È stato importante assistere alla cura che il regista dedicava a noi attori prima di ogni ciak, perché voleva provare la scena prima di girarla. Nonostante i tempi stretti che imponeva la serie, Gianpaolo Tescari riusciva a trovare il tempo per queste prove. L’ho apprezzato tanto e credo si percepisca anche dal risultato finale.

Hai lavorato con grandissimi registi. Quali pensi siano quelli che sono riusciti a mettere in risalto maggiormente le tue qualità di attore?

È un viaggio che fai con te stesso, scoprendoti anno dopo anno, lavorando sulla tua sfera emotiva e trasferendola ai personaggi che interpreti. Tuttavia, Marco Risi è il primo che mi ha fatto debuttare al cinema e gli sono molto legato. Mi ha dato la possibilità di lavorare con lui e di fare un’esperienza di cinema vero. Poi ce ne sono stati tanti altri come Carlo Vanzina, un signore del cinema e Ricky Tognazzi. Ma ho trovato stimolante lavorare anche con registi giovani e bravissimi come Stefano Lodovichi, con cui ho girato la serie “Christian”, e ha una cura minuziosa per i dettagli e per i personaggi. Il percorso di crescita ti permette di raccogliere qualcosa da ogni esperienza perché fare l’attore è un mestiere che non ha tempo e non si finisce mai di imparare e con l’esperienza capisci meglio come trattare un personaggio molto distante da te ed è fondamentale per restituire quella verità che può avere un determinato ruolo.

Tra i personaggi interpretati, riusciresti a individuarne qualcuno che ami particolarmente?

Ce ne sono diversi, tra cui teatrali. Avendo una compagnia che fa un tipo di teatro contemporaneo, quelli che portiamo in scena sono sempre spettacoli più moderni e con un linguaggio più veloce ma dalla drammaturgia profonda. Cito un personaggio che ho fatto in “Vita Morte e Miracoli”, uno spettacolo che abbiamo portato in scena con la mia compagnia, “Formi 4”. Sono molto affezionato anche ai ruoli di commedia che ho fatto in passato, come quello in “Nove Lune e mezza” di Michela Andreozzi. Infine, un altro progetto a cui sono molto legato è sicuramente “Morbo K”.

Riguardo “Morbo K”, puoi dirci di più?

Raccontiamo un avvenimento accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale, quando un medico inventò un morbo per salvare tantissimi ebrei. Interpreto lo zio della protagonista che gestisce un negozio di abiti al centro di Roma. Sono affezionato a questo personaggio perché inizialmente appare un po’ egoista, sordido, viscido ma imparerà una lezione che lo farà cambiare. È stato un ruolo, a livello emotivo, abbastanza invasivo. Nel cast ci sono attori meravigliosi come Antonello Fassari, Antonella Attili, Giacomo Giorgio e Vincenzo Ferrera.

Il teatro invece cosa significa per te?

Significa sicuramente affrontare prima di tutto se stessi, il tema della società, il giudizio e la persona che sei. Tuttavia, interpretare quel determinato personaggio ti fa vivere quel momento lì e dimenticarti del resto. Recitare a teatro è catartico, ti rendere libero, ti fa sognare, ti ispira e ce n’è sempre bisogno. Quando vedi che il pubblico riesce a entrare nella bolla emotiva che tu vuoi trasferire è segno di libertà.

Oltre ai progetti già citati, ce ne sono altri che vorresti accennare?

C’è la nuova serie Rai “I casi dell’avvocato Guerrieri”, tratta dai romanzi di Gianrico Carofiglio e con protagonista Alessandro Gassman.

Se fossi un giornalista che domanda faresti a Fabrizio?

‘Come Stai?” è sempre una bella domanda. Si parla sempre di lavoro, ma cosa fa un attore quando non lavora? Io ho trovato nuove fonti d’ispirazione facendo dei corsi con dei ragazzi per fagli comprendere meglio chi sono e per insegnargli a essere autentici.

Questo portale si intitola “La voce dello schermo”, cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Significa lasciarsi andare alla voce e alle emozioni che ci arrivano attraverso lo schermo.

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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