Ludovica Barbarito è entrata di diritto nel cuore degli spettatori grazie al ruolo di Silvia in “Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883”. L’attrice è, infatti, una delle più belle scoperte che la serie, attualmente on demand su Sky e in streaming su NOW, ci ha fatto conoscere e se un trio come Sydney Sibilia, Alice Filippi e Francesco Capaldo ha creduto in lei siamo sicuri che ci regalerà altre interpretazioni degne di nota. Abbiamo intervistato su “La voce dello schermo” proprio Ludovica che ci ha raccontato cosa ha significato per lei interpretare la musa di Max Pezzali, com’è stato debuttare sul piccolo schermo in grande stile in un prodotto del genere e sotto la direzione di un trio di registi fenomenale. Queste e altre curiosità relative a Ludovica Barbarito nella nostra intervista. A voi…
Salve Ludovica, benvenuta su “La voce dello schermo”. “Hanno ucciso l’uomo ragno – La leggendaria storia degli 883” è la serie del momento. Cosa ha rappresentato per te far parte di questa esperienza e interpretare la musa di Max Pezzali?
Salve a tutti, grazie. Ha rappresentato tutto perché è stata la mia prima esperienza in una serie tv e in un progetto così grande. Non sapevo nemmeno io che il mio personaggio avrebbe avuto un peso del genere, me ne sto rendendo conto più adesso che mentre giravo e ha avuto un’importanza molto grande per me.
Quali corde ti ha permesso di toccare il personaggio di Silvia?
Inizialmente non mi sembrava complicato: appariva come una ragazza di provincia, con le proprie complessità e mi sembrava una persona come tante. Man mano che studiavo il copione, veniva fuori la sceneggiatura e mi sono resa conto che Silvia era molto più complessa di quello che sembrava. Ho dovuto rendere le particolarità di una ragazza di provincia degli anni ’90 ma in grado di sembrare anche molto attuale. Mi ha insegnato tanto, ho ammirato il suo modo di comportarsi e il coraggio che ha avuto in determinati momenti della sua vita.
Tra le tematiche, la serie racconta anche la ricerca se stessi. Com’è stato affrontare questo percorso?
Mi ha aiutato fare questo percorso insieme a lei, è stato difficile capirlo perché potrebbe sembrare una ragazza che sta agendo a tentativi per arrivare a capire chi è e cosa vuole fare. Tuttavia, mi ha dato tanto capirlo assieme a lei.
Chi è Ludovica?
Credo di essere una persona in continua evoluzione e vorrei proseguire su questa strada: non essendo mai sicura di cosa sono e continuando a lavorare continuamente su me stessa per capirlo.
Come sei arrivata al ruolo di Silvia?
Ho sostenuto il primo provino nel maggio di due anni fa, mandando un video di presentazione. Tuttavia, non avendo ancora un’agenzia, cosa che ho provveduto a fare un mese dopo, non avevo più guardato le mail perché gestiva tutto il mio agente ormai. Dopo due/tre mesi mi chiamò l’assistente casting della serie dicendo che era piaciuto molto il video di presentazione ma non aveva ancora ricevuto una risposta e avrebbero voluto vedermi. Da lì ho fatto poi self tape a distanza e circa cinque provini dal vivo fino a essere scelta.
Cosa li ha colpiti di te a tuo parere?
Mi ricordo che avevano accennato alla mia ‘romagnolaggine’ e secondo loro a livello caratteriale davo quel tocco in più a Silvia. Inoltre, nei provini che ho fatto avevo sempre come spalla Elia (Nuzzolo ndr.) ed era evidente la sintonia che abbiamo trovato io e lui nel recitare.
Com’è stato lavorare con Sydney Sibilia, Alice Filippi e Francesco Ebbasta? Un bell’attestato di stima…
È stato meraviglioso, anche perché sono molto diversi sia caratterialmente che lavorativamente parlando. Ogni volta sembrava di stare in un set diverso e mi hanno aiutato tutti e tre in modo differente.
Con la serie avete praticamente moltiplicato in maniera esponenziale i vostri follower. Cos’è per te il successo?
Sicuramente non sono i follower e nemmeno l’essere riconosciuta per strada. Secondo me il successo è quando senti di aver fatto abbastanza, di aver provato tutte le esperienze lavorative che avresti voluto fare, che hai esplorato diversi personaggi e lavorato con più gente possibile. Soltanto in quel momento si potrebbe iniziare a parlare di successo.
Gli 883 hanno fatto parte della tua vita, sin da prima di interpretare Silvia…
Sì, mia mamma era una loro grande fan, mio padre aveva cantato ‘come mai’ durante il loro matrimonio, è stata quasi una colonna sonora della mia infanzia e conoscevo anche le canzoni meno famose.
Come si riesce a immergersi all’interno di una generazione passata?
Sono stata affiancata sia dai registi sia da un’acting molto brava che hanno fatto il possibile per farci entrare nel mood anni ’90. Mi hanno sempre affascinato quegli anni, ho visto tanti film ambientati in quel periodo, è stato bellissimo e mi sarebbe piaciuto nascere venti o trent’anni prima!
Se fossi una canzone degli 883, quale saresti?
Sicuramente “Non me la menare”! Adesso che ho scoperto che sono stata io a ispirarli ne sono molto legata! (ride ndr.) Scherzi a parte, una volta avrei detto “Come mai”, tuttavia, girando e vedendo quello che “non me la menare” ha rappresentato per loro e la loro grinta la sento molto mia. Quando Silvia fa il discorso a Max, che ha poi dato vita alla canzone, mi ci sono rivista in linee generali. È un pezzo che mi è sempre piaciuto, ma grazie alla serie ho avuto modo di sentirlo ancora più mio.
Del cast con chi hai legato di più?
Sicuramente con Elia, siamo andati a Pavia due settimane prima degli altri e ci siamo trovati subito da lì. Eravamo entrambi praticamente alla prima esperienza, provavamo un’ansia e delle emozioni che ci accomunavano. In ogni scena che abbiamo girato dall’inizio alla fine ci guardavamo, ricordandoci di quell’emozione che dovevamo provare in quel momento.
Prima di “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” hai fatto teatro e artisticamente hai cominciato da lì, l’aver fatto teatro è una caratteristica che accomuna te, Elia e Matteo. Quanto è stato importante per te?
Lo è stato tantissimo. Da ragazzina mi affascinava il cinema ma mi spaventava un po’ il mondo che lo circondava e non credevo di poterci mai arrivare. Il teatro mi ha letteralmente salvata, non stavo vivendo un bel periodo, era la mia valvola di sfogo, mi ha fatto capire tantissime cose e continua a farlo anche oggi. Mi ha dato tutto quello di cui avevo bisogno.
Cosa ami del palco?
Che non sono più io. Salgo e posso gettarmi alle spalle le mie insicurezze e quello che non mi piace di me.
Come hai vissuto il passaggio dal palcoscenico al set?
Non è stato traumatico, ho trovato tantissime differenze ma la sensazione che provi mentre reciti è sempre la stessa: di liberazione.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Significa mettere da parte un attimo Ludovica ed entrare in quel mondo lì.
Di Francesco Sciortino