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Intervista a Ludovica Di Donato: “Io, il teatro, il cinema e il successo sul web: tutto quello che dovrei essere” L’attrice si racconta su “La voce dello schermo” parlando del suo libro, del teatro e dello spettacolo “I 7 re di Roma" con Enrico Brignano, dei film e delle serie tv di cui ha fatto parte e del successo che le ha donato il web.

Gen 13, 2025
Foto di Alessandra Pecchia

Ludovica Di Donato è uno dei volti più amati della commedia dei nostri giorni, non è un caso che sia attualmente in tournée nei teatri d’Italia con Enrico Brignano nello spettacolo “I Sette Re di Roma”. Le sue doti interpretative e una base solida che le ha lasciato una formazione teatrale, le hanno permesso di ritagliarsi grande spazio nel mondo della recitazione, tra teatro, cinema e serie tv. Poco importa se la grande popolarità sia arrivata dal web e dai social network. Il web ci ha dato, infatti, l’opportunità di farci apprezzare il talento di Ludovica attraverso personaggi brillanti che sono diventati iconici per ognuno di noi e hanno dato la possibilità a un’attrice preparatissima di farsi notare.
Abbiamo intervistato con piacere proprio Ludovica Di Donato, che ci ha parlato dei progetti in cui la stiamo vedendo, dalla tournée con Enrico Brignano a “Never Too Late” su RaiPlay, dall’esordio ne “Il Contagio” al fianco di attori come Vinicio Marchioni, Giulia Bevilacqua, Anna Foglietta, fino ad arrivare a “Pensati Sexy”, film di Michela Andreozzi con Diana Del Bufalo. Ma non è tutto, Ludovica ha anche anticipato che sarà nel nuovo film di Giampaolo MorelliL’amore sta bene su tutto” e ci ha raccontato del libro che ha scritto e che trovate nelle librerie: “Tutto quello che non dovrei essere”. Un’intervista in cui ci troviamo di fronte una Ludovica inedita, che ci fa comprendere ancora di più quanto sia distante dai personaggi da lei interpretati, segno di una bravura fuori dal comune che la rende sempre pronta a nuove sfide e che la sta portando a ritagliarsi sempre più spazio tra teatro, grande e piccolo schermo. A voi…

Foto di Alessandra Pecchia

Salve Ludovica, benvenuta su “La voce dello schermo”. Da qualche mese è uscito nelle librerie il tuo libro “Tutto quello che non dovrei essere”. Da dove nasce l’esigenza di raccontarti nero su bianco?

Salve a tutti, grazie. L’esigenza di raccontarmi nasce dall’avere osservato, negli ultimi anni, la rapidità e la pressione sociale che questa esercita su di noi, soprattutto perché ho insegnato a ragazzi dai sedici ai trent’anni e mi rendo conto che, rispetto a quando avevo io la loro età, la rapidità del successo richiede un maggiore impegno, una maggiore pressione e ansia. Ho avuto l’esigenza di raccontare la mia storia, che è molto semplice ma che non ha intenzione di insegnare niente a nessuno e vuole soltanto dimostrare come le cadute, i rallentamenti e le incertezze spesso possono essere più edificanti rispetto a una decisione presa in maniera avventata a vent’anni e di cui ci si pente dieci anni dopo. Sentivo la necessità di spiegare ai ragazzi che leggono la mia storia che non siamo soli, che andiamo tutti di fretta, che spesso cambiamo idea, e che siamo tutti un po’ insicuri e con le nostre paure.

Come vorresti essere?

Vorrei essere più schermata, leggera e menefreghista. Purtroppo e per fortuna, mi ritengo una persona fortemente empatica e sensibile e tutto ciò che mi circonda mi colpisce, lo assorbo e a volte mi appesantisce un po’, nonostante porti leggerezza e il sorriso sul mondo social attraverso i miei personaggi, le battute e la simpatia.

Il libro esamina un po’ il tuo percorso, come pensi sia cambiata Ludovica artisticamente?

Sicuramente l’esperienza mi ha regalato una maggiore sicurezza, sia dal punto di vista scenico e sia riguardo le idee. Se prima mettevo in dubbio tutto ciò che mi veniva in mente, adesso riesco meglio a scrollarmi le cose di dosso, sono più responsabile rispetto a quando ero più giovane e lo sono nei confronti del pubblico, di chi mi segue e nel mio lavoro. Credo che questa consapevolezza si sia manifestata meglio nel momento in cui di fatto ho accettato il lavoro di attrice come lavoro con la “L” maiuscola. Tuttavia, rimango sempre curiosa di capire cos’altro ancora possa imparare da questo lavoro e, di recente, il poter lavorare con un mostro sacro del teatro come Enrico Brignano è stata un’ulteriore dimostrazione di come la recitazione possa sorprendermi continuamente. Questa esperienza mi ha insegnato tanto altro e spero di imparare ancora dai prossimi lavori. 

È interessante questo contrasto tra i personaggi che metti in scena e la Ludovica della vita reale. Che rapporto hai con il tuo essere attrice?

Inizialmente ho dovuto superare il conflitto interiore tra quella che sentivo potesse essere la mia natura, ovvero di fare l’attrice, e quella che la società, anche involontariamente, mi imponeva di essere e che avrebbe potuto portarmi a laurearmi in legge. Fino a qualche anno fa ero molto influenzata da questo sistema, nel momento in cui ho accettato l’essere attrice come mio lavoro, ho fatto pace con questo mio modo di essere e mi ha fatto sentire molto soddisfatta, appagata e fortunata perché mi ritrovo a fare, come lavoro, quello per cui sono nata e che ho sempre fatto sin da piccola.

E con il tuo essere donna?

Per quanto riguarda il mio essere donna amo la dicotomia tra l’essere forte da un lato e dall’altro essere fragile. Quello che mi fa un po’ storcere il naso sull’essere un’attrice donna ai nostri giorni è il pregiudizio che porta a pensare che se sei una bella ragazza non puoi far ridere o se fai ridere non puoi essere una bella ragazza. Credo sia profondamente sbagliato e che le donne possano essere belle, romantiche, intelligenti e possono anche far tanto ridere.

Un’altra esperienza molto gratificante per te è la tournée a teatro con “I 7 re di Roma” al fianco di Enrico Brignano, come sta andando?

Siamo stati due mesi a Roma e sono stati molto intensi e meravigliosi. Lavorare con Enrico è stato edificante, faticoso ma appagante, che mi faceva tornare a casa soddisfatta e riempita. Lui non soltanto crea la regia e lo spettacolo, ma è un insegnamento continuo e un’incessante pillola di recitazione. Inoltre, Enrico è divertente e simpatico e vorrei che questa esperienza non finisse mai. È una garanzia, ogni spettacolo è sold out e andare in scena sapendo di avere mille e seicento persone ogni sera che ti guardano è meraviglioso. Finiremo a marzo, con la speranza e quasi la certezza di ritornare in scena l’anno prossimo, ma vorrei non fermarmi mai.

Il teatro è stato l’inizio di tutto per te. Quanto è importante la tua impronta teatrale?

Credo insegni una base importante. L’interpretazione, l’analisi del testo e il lavoro sulle emozioni sono aspetti universali, che accomunano i mondi della recitazione. Da insegnante, dico sempre ai miei allievi che se vogliono fare gli attori, anche di cinema, devono partire dal teatro. Successivamente, arriverà il lavoro di fronte alla macchina da presa, ma se vogliamo avere a che fare con l’umanità e tutto quello che ci portiamo dentro credo sia fondamentale partire da un palcoscenico. Per fare un paragone con il mondo della danza, il teatro offre a noi attori una base paragonabile a quella che la danza classica dà ai ballerini. Un bravo attore al cinema, secondo me, parte dal teatro. Poi, può succedere che un attore si renda conto di avere più potenza visiva davanti a una macchina da presa piuttosto che su un palco, ma credo che il punto di partenza debba essere il teatro. Per quanto mi riguarda, dico sempre che il teatro è la mia casa di proprietà,  il cinema invece è la mia casa, ma in affitto e sto ancora cercando l’appartamento giusto da acquistare in questo mondo.

Tra le altre esperienze, quali sono quelle che porti nel cuore e perché?

Sicuramente il film “Pensati Sexy” di Michela Andreozzi con Diana Del Bufalo, su Amazon Prime Video, perché ha rappresentato un ruolo importante e spero in futuro ne arrivino altri. È stato bello lavorare con una regista donna, molto intelligente, che viene dal teatro e che mi ha dato grande libertà, si è fidata ciecamente del mio modo di lavorare, della mia comicità e mi ha responsabilizzato molto. Un’altra esperienza molto interessante è stata, inoltre, far parte dell’opera prima di Luca Zingaretti, “La casa degli sguardi”, e anche questo progetto mi ha dato una grande soddisfazione.

Riguardo la serialità, ti stiamo vedendo in “Never too late”, su RaiPlay. Che opportunità ti ha dato?

È stato il primo prodotto seriale che ho girato. Sperando anche che il personaggio di Emma venga sviluppato di più nella seconda stagione, ha rappresentato un bel gioco divertente. Da piccoli, giocando, diciamo: “facciamo finta di essere degli astronauti” e in questa serie ho avuto il piacere di interpretare una donna che si trova sullo spazio ed è stato molto divertente.

Tra le esperienze al cinema c’è pure “Il contagio” di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini. Cosa ha significato per te questa tappa della tua carriera?

Erano i miei primi passi nel mondo del cinema e, essendo ancora all’inizio della mia carriera, avevo un po’ paura di tutto. Tuttavia, credo che l’aspetto che mi ha sempre salvato nel teatro, nel cinema e nella tv, sia stata la mia estrema voglia di divertirmi e, nonostante tutte le paure, ho sempre pensato: “Vai e divertiti!”.

Il web, invece, ti ha dato visibilità ma dietro c’è grande studio e qualità di contenuti. Come vivi il tuo rapporto con l’essere virali?

È per certi versi un rapporto di dipendenza e devi avere sempre la forza di accettare anche il fatto che non tutti i video diventino virali e che non sempre puoi avere l’idea accattivante che ti fa fare il video giusto. È un lavoro molto complicato su se stessi. All’inizio lo vedevo in maniera giocosa, non ho creato i miei contenuti con l’idea di diventare famosa, pensando al successo o a come ottenere più follower. Non era quella la mia intenzione. Quando è successo ho vissuto il tutto con estremo divertimento e inconsapevolezza.

Cosa è accaduto quando hai visto che i tuoi contenuti continuavano a crescere e a interessare sempre più persone?

Si è trasformato in un vero e proprio lavoro, la responsabilità si è fatta più grande e da quel momento ho cominciato a vivere tutto con maggiore distacco e devo ammettere che questo approccio mi ha aiutato. Mi sono resa conto che ci possono essere dei momenti in cui pubblico un video in cui credo e non ottiene il successo sperato, mentre altri che reputo meno interessanti riescono a ottenere un riscontro maggiore. Quindi, ho capito che la cosa migliore sia non farsi domande e, nel momento in cui ho qualcosa da dire, sia in chiave comica o drammatica, provo a condividerlo vedendo ciò che accade e scoprendo il riscontro da parte del pubblico, bello o brutto che sia. Nel mio caso, la maggior parte delle volte è un riscontro positivo ma è come se fosse una relazione, che va costruita giorno per giorno, a piccoli passi.

Secondo te, il successo sul web può essere un’arma a doppio taglio per un’attrice?

Credo che possa essere un’arma a doppio taglio in relazione alla rapidità con cui si può avere successo. Ritengo che ciò che ti salva dal farti male nello stare sul web sia il non pensare a dover fare tutto in fretta ed è un po’ ciò che cerco di dire nel mio libro: non mi interessa avere tutto e subito perché più velocemente sali altrettanto velocemente rischi di cadere e a quel punto la caduta sarebbe molto dolorosa. Preferisco avere una crescita costante, lenta e di qualità e creare delle basi che siano stabili, magari con dei rallentamenti, ma che una volta finito il percorso ci sia un palazzo forte e bello, altrimenti si rischia di costruire un edificio di sabbia che alla prima scossa crolla. Non si costruisce tutto subito.

Foto di Alessandra Pecchia

In un periodo storico in cui diventa quasi necessario andare veloce e ottenere rapidamente successi, perché credi siano importanti i rallentamenti? 

L’era che stiamo vivendo sta viziando i giovani e li sta educando a una rapidità in tutti i campi: lavorativa, economica e di successo. Ma non bisogna dimenticare il senso della qualità, del sacrificio e dello studio. Un ragazzo di diciott’anni, che viene bombardato costantemente di successi altrui, si trova davanti a dei termini di paragone diseducativi, che non lo spingono a crescere ma, al contrario, lo portano a diventare frustrato nella vita perché, se non riesce a ottenere subito risultati, crede di essere un perdente. Seguendo questa direzione, il tasso di depressione e ansia nei ragazzi aumenta ed è tutto troppo rapido e veloce. Nel mio libro spiego quanto magari abbia potuto rallentare e ci abbia messo tempo per capire che questo potesse essere il mio lavoro. C’è un capitolo del mio libro che si intitola “da piccola non ho mai detto di voler fare l’attrice”. La prima volta che ho detto di voler fare l’attrice è stato a trentaquattro anni. Ai nostri giorni il sacrificio significa perdere e fallire ma, secondo me, è il viaggio più bello.

Pensi che ci sia un po’ di pregiudizio verso chi ottiene successo dal web?

Certo, assolutamente sì. Ma credo che, per certi versi, sia comprensibile perché, purtroppo, questo mondo ha dato spazio anche a delle persone sbagliate e meno indirizzate artisticamente, allo stesso tempo però sono emerse persone che avevano un loro percorso e una loro formazione artistica e mi includo tra queste, perché non sono capitata sui social per caso. Prima della popolarità che mi ha dato il web, venivo da quindici anni di studio, di gavetta e dopo essermi diplomata in accademia. Avevo il mio percorso, ma quella rapidità di successo va, in qualche modo, a denigrare e a depauperare il lavoro di una persona che invece ha studiato e si è formata. È uno specchio che si ribalta a discapito di chi ha studiato.

Ti è mai capitato di percepire questo pregiudizio?

Quando ho fatto il mio primo musical, “Tutti parlano di Jamie”, ci sono stati dei pregiudizi immotivati sul mio conto e c’è stato qualcuno che ha detto: “Ma chi hanno preso, quella di Tik Tok?!”, senza sapere minimamente chi fossi, la mia formazione, il fatto che avessi studiato canto, che sapessi muovermi, ballare e che fossi una performer completa. Quando abbiamo debuttato e siamo andati in scena, so che molti di loro sono rimasti a bocca aperta e si sono ricreduti. C’è un pregiudizio, ma non è colpa nostra e forse nemmeno di chi l’ha perché i social hanno dato voce un po’ a tutti.

Come si sconfigge questo pregiudizio?

Non si sconfigge, si asseconda, facendo finta di niente, e continuando per la propria strada. Se c’è qualcuno che pensa che io non sia meritevole di poter fare il mio lavoro perché “sono quella di Tik Tok”, è sicuramente una persona limitata, che giudica senza avere gli strumenti e che non conosce il mio percorso. Io continuerò a fare il mio lavoro, dando il massimo, avendo la mia formazione, continuando a studiare e consapevole di essere arrivata dove sono perché me lo merito e non perché ho fatto due o tre video che sono diventati famosi. Il pregiudizio si sconfigge con la propria consapevolezza e con la possibilità di guardarsi allo specchio dicendo: “ti meriti quello che hai ottenuto”. Credo fermamente in quello che faccio, alla mia forza di volontà e che i miei momenti con il morale un po’ basso sono quelli che mi fanno dire: “dai, alzati e prenditi quello che ti meriti!”.

Di personaggi ne hai creati e interpretati tanti. Che personaggio nuovo per te ti piacerebbe esplorare tra serie tv o cinema?

Non saprei dire la tipologia di ruolo, ma sicuramente mi piacerebbe toccare corde molto lontane da me. Non mi dispiacerebbe esplorare un ruolo drammatico o magari studiare un lato più intimo di un personaggio.

Se fossi una giornalista che domanda faresti a Ludovica?

Le chiederei: “Sei felice?” e risponderei che penso di essere felice a momenti, che non è una costante nella mia vita e quando succede lo sono. Sono felice quando penso che in questo momento sono seduta in un centro commerciale, faccio il lavoro dei miei sogni, posso permettermi di comprare un cappotto che mi piace, che posso telefonare a mia mamma, che al momento sono in tournée con uno degli spettacoli più importanti in Italia in questo momento e che, tornando a casa, posso baciare il mio gatto. Pensare a queste cose mi fa provare quegli attimi di felicità. In questi momenti sono felice e sono attimi impareggiabili.

Ci sono altri progetti in cui ti vedremo prossimamente?

Oltre a quelli accennati, ci sarà il film di Giampaolo Morelli “L’amore sta bene su tutto”, che è un altro progetto in cui mi sono divertita tantissimo. Lavorare con Giampaolo è stato molto bello e divertente ed è stata la seconda volta che ho recitato in un suo film dopo “L’amore e altre seghe mentali”. Sarò impegnata ancora ne “I 7 re di Roma” e spero ne arrivino tanti altri. Infine, il mio libro continua a girare per le librerie italiane e spero possa infiammare gli animi di chi lo legge.

Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Significa fermarmi e mettermi in ascolto, dal momento che è molto importante e mi dà la possibilità di staccare la spina alle tante voci nella mia testa che mi ricordano cosa devo fare, quando, entro quando, dove, come e perché.

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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