Il martedì sera, su Rai 1, “Libera”, la nuova serie tv con protagonisti Lunetta Savino e Matteo Martari, sta appassionando il pubblico puntata dopo puntata. La fiction riesce a interessare una vasta fetta di spettatori grazie alla diversità dei generi che abbraccia e a un mix tra serialità tradizionale e innovativa. Oltre al duo Savino – Martari, troviamo attori come Gioele Dix, Claudio Bigagli, Roberto Citran e due giovani interessanti come Matteo Santorum e Daisy Pieropan. Abbiamo intervistato, su “La voce dello schermo”, Matteo Santorum, che nella fiction interpreta Elia. L’attore, che abbiamo conosciuto in prodotti come “Un Posto al sole” nei panni di Jacopo, “Erasmus plus stories” e in “Piazza Fontana. Io Ricordo”, si è raccontato su “La voce dello schermo” parlandoci di “Libera”, di cosa l’abbia colpito di questa esperienza, di quanto Elia gli abbia permesso di raccontare anche se stesso e ci ha, infine, regalato diverse curiosità sul suo conto: dal legame con l’Inghilterra, con il teatro e la letteratura, fino a ricordare gli anni alla Royal Drama Academy e sul set di “Un posto al sole”. A voi…
Salve Matteo. Benvenuto su “La voce dello schermo”. Ti stiamo vedendo in “Libera”, su Rai 1. Quali sono gli aspetti della serie che ti hanno conquistato?
Salve a tutti, grazie. Per prima cosa è raro trovare dei colleghi così disponibili al lavoro, così in ascolto e c’è stato un grande lavoro di squadra, molto corale, di supporto l’uno con l’altro e credo si percepisca anche dall’esterno. Mi ha colpito molto l’umanità e la cura verso gli attori del regista Gianluca Mazzella, che ringrazio molto, e i miei colleghi che sono stati una squadra formidabile. È sempre un piacere lavorare in questo modo.
Com’è stato recitare con questa squadra?
È stato fantastico, mi sono inserito immediatamente. Quando lavoro per me è importante sentirmi come se fossi in famiglia e protetto. Devo dire che nella mia carriera sono stato molto fortunato riguardo questo aspetto e in “Libera” ho avuto modo di sentirmi accolto dagli altri. Si riusciva a dialogare molto con Gianluca (Mazzella ndr.) e con i miei colleghi. Con Daisy Pieropan ci siamo subito trovati in sintonia e la storia raccontata richiedeva grande fiducia da parte di entrambi. C’è stata cura da parte di tutti, dalla regia alla troupe fino ad arrivare a noi del cast. Lunetta Savino, inoltre, è un’attrice straordinaria, ha un’energia simile alla mia e artisticamente, con la sua forza dirompente, ha tanto da regalare e nella serie vi sorprenderà ancora una volta.
Da spettatore, invece, quali sono secondo te i punti di forza della serie?
È una serie che cambia molto ritmo e che possiede vari registri. Si passa rapidamente dal dramedy al teen drama, dal giallo al legal e ci sono tantissimi colpi di scena. Troviamo un caso principale, che aumenta la voglia di andare avanti e di scoprire la verità, e altri che rendono più accattivante la visione. È una serie molto accogliente, nel momento in cui la guardi hai respiro e ti fa star bene. Possiede da una parte elementi della serialità tradizionale e dall’altra innovativi e anche vicini a quella americana. È un prodotto fatto bene e ce ne accorgiamo anche dalla sigla. Nel momento in cui ho letto la sceneggiatura ne sono rimasto subito colpito ed ero già convinto che fosse un bel progetto ancora prima che venisse girato.
Riguardo il tuo personaggio, Elia, perché pensi sia stato importante?
Elia mi ha permesso di rappresentare tanto di me, anche se ovviamente affrontiamo situazioni diverse. È un ragazzo fragile, dolce, è il bello della scuola ma ciò che lo rende in questo modo è la sua sensibilità, il suo modo di guardare Clara e di starle accanto. È un po’ buffo, perché in amore si diventa anche un po’ così, ed è bello conservare la delicatezza che si perde un po’ crescendo. Quando si è adolescenti si è un po’ presi dall’Io. Elia, invece, riesce a essere un vero angelo custode, un compagno di viaggio e metterà Clara al primo posto. Mi è piaciuto, attraverso l’animo romantico del mio personaggio, raccontare questa storia d’amore, contemporaneamente delicata e passionale, e interpretare un Romeo del 2024.
Cosa dobbiamo aspettarci dalle prossime puntate?
Vi aspettano grandi sorprese, tante scene romantiche, capire e vedere verso quale direzione si dirigerà la linea investigativa. Mi diverte leggere i commenti sui social per scoprire le teorie del pubblico e si avranno risposte che magari attualmente si escludono. Inoltre, il duo Martari – Savino sarà sempre più coinvolgente e andrà consolidarsi durante la serie, così come quello tra Clara ed Elia, e ci saranno altri sviluppi tra Alfo Ferrero e Libera. Vedrete una trama che continuerà a sorprendervi.
Facendo un passo indietro alle tue precedenti esperienze, quali pensi siano state quelle più significative della tua carriera?
Ho iniziato a recitare da piccolissimo. Mi sono imbattuto di recente nel libro di James Hillman “Il Codice dell’anima” e sintetizza un po’ quello che per me rappresenta la recitazione. Ho iniziato a recitare a scuola, trattando argomenti di tematica sociale e ancora oggi è importante per me perché credo mi sia stato dato questo dono per raccontare delle storie che portino a riflettere e a raccontare qualcosa a chi guarda. Una parte fondamentale delle mie esperienze l’ha tracciata il teatro che è stato fondamentale perché sono salito su un palco per la prima volta a 8 anni e non riesco ancora a farne a meno. Poi Londra è stata importante perché ho fatto la Royal Drama Academy ed è stato un grandissimo punto di crescita, durante quegli anni ho fatto diversi spettacoli importanti lì e, tornato in Italia, “Un posto al sole” ha rappresentato una bellissima palestra perché c’era una modalità simile rispetto a quella del teatro: dovevo essere sempre pronto, disponibile al lavoro ed è stato un altro passo importante per me. Mi approccio al mio lavoro con grande curiosità, studio anche lettere moderne e questa sete di conoscenza cerco di portarla tanto nelle mie interpretazioni. Anche Elia rappresenta qualcosa di importante per me perché, attraverso le proprie fragilità, offre un punto di forza per avere uno sguardo diverso rispetto all’altro. Ho ricevuto diversi messaggi da parte del pubblico, che mi ha ringraziato per quello che ha visto e quando il loro punto di vista coincide con ciò che volevi rappresentare, ti fa rendere conto di aver seminato qualcosa e secondo me fare arte è proprio questo.
Come hai conciliato con il tuo lavoro il legame con l’Inghilterra?
Nonostante ami il cinema italiano, l’Inghilterra ha il proprio estro e una creatività che la contraddistingue motivo per cui cerco di tornare a Londra spesso per mettere in pratica la tecnica Meisner, che sostiene che sia importante vivere in maniera veritiera, che è una caratteristica innata ma che andiamo perdendo a causa della società e che dobbiamo ritrovare e andare alla ricerca della verità. Bisogna spogliarsi dalle maschere che ci ha costretto a indossare la società che viviamo e Londra per me è anche questo: per quanto sia una grandissima metropoli, allo stesso tempo ti permette un’esplorazione, una ricerca di te stesso e una grande occasione di crescita. Sono andato anche a New York, vado spesso all’estero, sono praticamente madrelingua inglese, ed è importante per me approcciarmi a tante realtà differenti.
Inoltre, c’è un’attenzione maggiore rivolta al teatro…
Sì, c’è una cultura impressionante nei confronti del teatro, a Londra riuscivamo a fare sold out tutte le sere e c’è una grande voglia di vedere vite umane su un palco. C’è un culto diverso, che fa parte della tradizione inglese e che si avverte anche in America. Inoltre, il teatro si modernizza sempre di più lì. Amo l’Italia e non voglio andare contro il mio Paese perché ho un amore smisurato nei suoi confronti e secondo me ha un potenziale enorme. Tuttavia, ritengo con oggettività che ci voglia un desiderio continuo di ricerca e più attenzione al nuovo, un modo di abbracciare la verità in maniera diversa. Forse il teatro italiano è ancora troppo ancorato alla tradizione e si approccia poco al nuovo, nonostante ci siano spettacoli molto belli e di recente ho amato lo spettacolo di Lino Musella “Tavola Tavola, Chiodo Chiodo” e vantiamo tanti spettacoli belli e grandi artisti. Ma alcune volte, in generale, occorre lasciare andare un po’ il polso, ricercare una nuova forma di comunicare le cose per sperimentare e per riavvicinare la gente al teatro. Il teatro ha un rapporto diretto con il pubblico, uno spunto di riflessione enorme ed è un modo di fare arte che non andrebbe mai perduto perché è l’inizio di tutto.
Cos’è la verità per te? In ‘Parthenope’ Sorrentino ci dimostra quanto sia importante ‘vedere’. Pensi sia in qualche modo collegato al concetto di verità?
Ho trovato molto affascinante e spiazzante la definizione di ‘antropologia’ e per me la verità è proprio questo: ‘vedere se stessi e l’altro’. Provo tutti i giorni a togliere i paraocchi e a concentrare la mia attenzione sull’altro. Presto quando si recita siamo sempre preoccupati su noi stessi, ma in realtà basta stabilire una connessione con un altro essere umano e c’è verità e vita. Quante persone mentre ascoltano guardano il telefono? Un mio insegnante mi ha detto una volta: “se battessi le mani e ti dicessi: ‘ignora questo suono’ non potresti ignorarlo, perché l’attenzione va in un punto”. Se ci fermassimo un attimo e focalizzassimo l’attenzione sull’altro, scopriremmo molto di noi e inizieremmo a vedere la vita, che a volte non siamo più abituati a vedere.
Recitare invece?
Come diceva Meisner: “recitare è l’abilità di vivere la vita in maniera veritiera sotto un set di circostanze immaginarie date”. Bisogna ritrovare quella verità che ha un bambino, tornare bambino e vivere in maniera veritiera quelle circostanze che ti ricrea un copione. Quando si recita bisogna vedere le cose con gli occhi di un bambino, in maniera impulsiva e ritrovare quella purezza nel comprendere ciò che in realtà siamo.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo” cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
La voce dello schermo, piccolo o grande che sia, è un richiamo e un risuonare qualcosa verso chi sta guardando.
Di Francesco Sciortino