Il 18 luglio è uscito su Peacock e Amazon Prime Video “Those about to die”, serie diretta da Roland Emmerich e Marco Kreuzpaintner e che ha tra i protagonisti Anthony Hopkins, Iwan Rheon e Sara Martins. Lo show esplora il mondo dei gladiatori e delle corse dei carri nella Roma ai tempi dell’imperatore Vespasiano. Abbiamo intervistato, per l’occasione, Michael Maggi, che nella serie interpreta Rufus. L’attore, già ammirato in prodotti come “Blocco 181” e “Another End”, ha raccontato cosa abbia significato per lui essere lanciato da un prodotto di grande importanza come la serie del duo Emmerich – Kreuzpaintner, ha rivelato alcuni retroscena dal set e ha confidato alcuni interessanti aspetti del suo lavoro. A voi…
Salve Michael. Benvenuto su “La voce dello schermo”. Partiamo da “Those about to die”. Cosa ti ha colpito di questa serie e cosa significa fare il tuo battesimo in un progetto del genere e diretto da Roland Emmerich e Marco Kreuzpaintner?
Salve a tutti, grazie. È stato tutto sorprendente. Dall’essere scelto per un lavoro del genere a poter essere diretto da Roland Emmerich e Marco Kreuzpaintner in una serie di questo spessore e con attori di questo calibro, come Anthony Hopkins, Iwan Rheon, Sara Martins e tanti altri, è stato veramente un privilegio. Direi tutto, in toto.
Riguardo Rufus, il personaggio che interpreti, cosa ti ha messo alla prova?
Il non volerlo giudicare ed etichettare perché era un rischio che avrei potuto correre, dal momento che è molto distante da ciò che sono io. Non è stato facile accettare le sue scelte, che vertevano nella direzione opposta rispetto a quella che avrei preso io, e doverlo fare senza giudizio e seguire questa persona che non sono io.
Cosa ti ha impressionato del modo di lavorare di Anthony Hopkins e dei due registi, Roland Emmerich e Marco Kreuzpaintner?
Sicuramente il bel clima che hanno creato, la loro energia nel lavoro e il fatto che mi abbiano fatto sentire sempre in un contesto nel quale avrei potuto sbagliare, provare, aggiungere o modificare qualcosa della scena. Ho ricevuto tanta accoglienza, ascolto e soprattutto spazio per potermi esprimere, che da attore è una cosa bellissima.
Hai dichiarato che questa serie ha rappresentato per te il vero e proprio battesimo nella serialità e nel cinema che conta, cosa significa farsi conoscere con un prodotto di tale portata?
Per me rappresenta la realizzazione del grande sogno, non che lavorare nelle precedenti esperienze non lo fosse ma erano una sorta di assaggino del grande sogno, mentre questo progetto testimonia il coronarsi di ciò che desideravo quando ero bambino nella mia stanza.
Come è arrivato questo progetto nella tua vita?
Avevo fatto un provino per un altro progetto e, grazie alla mia agente, Valentina Calabrò, quando mi trovai lì la casting director mi chiese se avessi una buona memoria, dandomi cinque minuti per imparare una scena. Dopo un mese mi è arrivata una telefonata, mentre mi trovavo sul set di “Another End” di Piero Messina, e mi dissero che avrebbero voluto vedermi l’indomani per un provino su parte. Da lì in poi, una volta al mese circa, mi veniva detto telefonicamente che ero la prima scelta di Roland e dopo alcuni mesi sono stato preso per il ruolo di Rufus. È stato tutto molto strano e sorprendente.
La serie racconta delle competizioni ad alto rischio, con corse pericolose, combattimenti e mettendo in mostra l’atletismo dei personaggi. Dal punto di vista fisico, la serie per te è stata impegnativa?
Nonostante Rufus non abbia mostrato combattimenti impegnativi rispetto agli altri personaggi, che si sono destreggiati in tantissime scene d’azione e coreografie, l’aspetto che per me è stato più impegnativo riguardava la dieta. Per interpretarlo, sono dimagrito di 4/5 kg in un periodo in cui ero già abbastanza magro ed è stato un po’ complicato, ma non ho fatto un lavoro estremo sul mio fisico.
A quali progetti della tua carriera sei più legato e perché?
Per me ogni esperienza che ho fatto, da “Blocco 181” a “Io sono l’abisso” e “Another End”, anche se breve, ha significato davvero tanto ed è stata davvero preziosissima, con registi magnifici e da cui ho imparato.
Con quale regista ti piacerebbe lavorare in futuro?
Sono tantissimi, dei registi italiani mi piacerebbe con Sorrentino, Garrone o Genovese. Degli stranieri ti direi Scorsese, Coppola, De Palma, Spielberg, Ridley Scott, O. Russel. Fin quando mi fanno recitare va benissimo e qualsiasi nome si valuta! (ride ndr.)
Per quanto riguarda il genere, ti piacerebbe cimentarti anche in una commedia?
Mi piacciono tanto le commedie, specialmente quelle demenziali americane ma che abbiano connotazioni intellettuali. Il cinema lo amo tutto, mi piacerebbe fare anche un horror, anche se mi fanno un po’ paura ma ho la curiosità di voler provare cosa si nasconde dietro. Amo sia le storie d’amore, i film romantici e vorrei tanto lavorare in progetti che raccontino la storia delle persone e in cui abbiano un ruolo rilevante in stile “Kramer contro Kramer”, “Il Lato Positivo” e “Gioventù Bruciata”.
Se potessi rubare un ruolo a un tuo collega, quale sceglieresti?
In un universo parallelo mi sarebbe piaciuto interpretare il ruolo che fu di quel fenomeno di Gabriel Montesi in “Io sono l’abisso”. È un attore magnifico e sensazionale.
Se fossi un giornalista che domanda faresti a Michael?
Chiederei a Michael come va la sua vita in questo specifico momento e risponderei molto bene, ma forse perché negli anni è stata un po’ faticosa. Non ho cambiato abitudini, vedo sempre gli stessi amici, mantenendo quasi la stessa vita di prima ma è arrivata questa benedizione datami dai registi di “Those about to die” e mi ha confermato che tutta questa fatica fatta fino a questo momento ha un valore e uno scopo.
Cosa significa recitare per te?
Significa vivere come vorrei, senza dovermi preoccupare delle conseguenze: ridere, piangere, arrabbiarmi e sperimentare vite, punti di vista e passati diversi.
Questo portale si intitola la voce dello schermo. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
La voce dello schermo nasconde a volte dei silenzi che sono potentissimi e che amo tantissimo perché ti permettono di crearti una tua idea su ciò che vorrebbero potersi dire due personaggi ad esempio, che ci sono delle persone che magari provano ma non riescono a esprimersi. Credo che a volte ci siano dei silenzi più pieni delle parole e vedo attori che senza aprire bocca riescono a trasportarti in un’altra realtà.
Di Francesco Sciortino