Su “La voce dello schermo” abbiamo ritrovato con piacere Miguel Gobbo Diaz, amatissimo Malik della serie “Nero a metà” e interprete di altri interessanti ruoli, come quello di Rico nella serie Netflix “Zero” e Benny nel film “La grande rabbia” di Claudio Fragasso. L’attore è attualmente impegnato in un monologo scritto da lui che racconta come da giovane sia riuscito a realizzare il sogno di diventare attore, nonostante le avversità che ha dovuto superare. Lo spettacolo è in scena il 10, 11 e il 12 marzo a Creazzo, ma potrebbe presto avere più tappe, ponendosi l’obiettivo di incoraggiare i giovani che non sanno ancora quale strada intraprendere nella vita e di dargli la forza di realizzare i propri sogni nonostante le difficoltà. Miguel, oltre a presentare il monologo, ci ha parlato dell’esperienza in “Nero a metà” e degli altri ruoli più significativi della propria carriera. A voi.
Salve Miguel. Il 10, 11 e 12 marzo sei a Creazzo in un monologo scritto da te, che racconta difficoltà e successi di un giovane attore. Com’è nata l’idea di metterlo in scena?
Salve a tutti. Grazie. Avevo pensato a questo monologo da due anni circa. Volevo ripercorrere i momenti più importanti della mia vita, dalla mia infanzia fino a ora, che mi hanno portato a diventare un attore. È il racconto di un ragazzino un po’ smarrito, che non sapeva quello che voleva fare nella vita. Era molto pigro, andava male a scuola e ha trovato la propria strada nella recitazione. Inizialmente non si era reso conto di cosa sarebbe potuto diventare, perché a dodici anni era molto vivace e ha avuto anche traumi con degli insegnanti che l’hanno portato a distaccarsi dallo studio. Grazie alla recitazione ha trovato qualcosa che l’ha stimolato e che l’ha portato a studiare tantissimo una disciplina che gli piaceva.
Quali altri aspetti hai voluto raccontare?
Il monologo mostra anche la forza di questo ragazzino, che non si è mai arreso, che ha sempre creduto in sé stesso, nonostante alcuni cercassero di dissuaderlo perché si trattava di qualcosa di troppo rischioso e che non offriva tante certezze. Provenendo da un paesino in provincia di Vicenza, andare a studiare recitazione a Roma è impensabile a causa di una mentalità nostrana che ci indirizza a trovare delle sicurezze lavorative. Lui non ha mai mollato e, sostenuto dagli amici e dalla propria famiglia, è riuscito ad arrivare dov’è arrivato adesso. È uno spettacolo che vuole essere da stimolo per i giovani, perché ci sono tanti ragazzi smarriti e che hanno bisogno di una carica e di un’energia positiva. Mi sta molto a cuore incoraggiarli e sono stato anche nelle scuole per presentare il monologo, parlandone anche con l’assessore alla cultura di Vicenza. Mi piacerebbe portarlo in giro in Veneto e anche fuori. La prima tappa è Creazzo perché per me simboleggia dove tutto è iniziato.
Come hai saputo superare le difficoltà durante la tua carriera?
Lavorando tantissimo e credendoci sempre. Quando arrivavano le delusioni, le trasformavo in impegno, studio e fiducia in me stesso, anche grazie all’aiuto dei miei amici. Non mi sono mai arreso, nonostante qualcuno mi dicesse che sarebbe stato difficile.
Cosa ha rappresentato per te la recitazione?
La recitazione mi ha salvato, lo dirò anche in questo spettacolo. Ritengo che il teatro sia importantissimo per le scuole e che tutte dovrebbero avere un corso a riguardo. Io ho trovato la mia strada lì, poi per altri potrebbe essere rappresentata da altro. È uno spettacolo che parla di me, ma in cui può identificarsi qualsiasi altro ragazzino che vuole fare un altro mestiere. Inoltre, è importante avere degli insegnanti che sappiano valorizzare il talento di ogni ragazzo. Se uno studente va male a scuola può dipendere dal fatto che non abbia trovato ancora qualcosa che gli piace. Bisogna comprendere i giovani. Io ho capito il mio amore per la recitazione durante il primo anno di scuola superiore, dopo essere stato bocciato. Per me recitare è tutto, il teatro è importantissimo ed è quello che mi ha portato a quello che sono oggi e gli sono molto riconoscente.
Parliamo di “Nero a metà” e di Malik, quali corde ti ha permesso di toccare dal punto di vista recitativo e com’è stato interpretarlo per tre stagioni?
È stato importantissimo per diversi aspetti. È stato uno dei primi poliziotti di colore in Rai. Inoltre, Malik ha delle sfumature interessantissime. Ha un passato difficile, perché è arrivato in un barcone e ha perso la madre annegata. Recentemente è successa un’altra tragedia di questo tipo e penso che debba far riflettere. Bisogna agire, invece di fare del male all’altro e fare qualcosa affinché tragedie come queste non si verifichino più nel 2023. Malik è stato un personaggio importante perché ha rappresentato tante situazioni che ci sono oggi, in positivo e in negativo.
Secondo te cosa bisognerebbe fare per evitare queste tragedie?
Bisognerebbe smetterla di litigare a vicenda, di puntarsi il dito l’uno contro l’altro per capire di chi sia la colpa e cercare di trovare una soluzione al problema. Ovviamente non sono un politico, faccio l’attore e posso soltanto esprimere un parere, perché non è bello sentire certe notizie. Quello che ci rimette è sempre l’essere umano e siamo tutti uguali. Dobbiamo cercare di unirci, facendo gioco di squadra, senza parlare male delle altre persone e cercando di fare insieme le cose. Perché le soluzioni si trovano con il sostegno e non con dissidi con gli altri.
È prevista una quarta stagione di “Nero a metà”?
Ancora non so niente a riguardo. Quando la Rai ci comunicherà qualcosa sarò il primo a svelarvi le sorti della serie, ma al momento non ho novità.
Hai fatto parte anche di “Zero” su Netflix, come pensi sia andata e perché non ha funzionato del tutto?
Secondo me era un bel prodotto che non ha avuto il successo che meritava. Purtroppo è normale che ci siano serie che vadano bene e altre che vadano meno bene e ritengo che non abbia avuto la possibilità di esplodere al massimo. È un peccato perché era una buona occasione per far vedere che ci sono tante tipologie e sfaccettature di italiani, tutte positive e pronte a migliorare questo Paese. Per me è stata una bellissima esperienza perché era un cast molto giovane, con tanta positività e voglia di mettersi in gioco. Ho trovato un bel set.
Durante la tua carriera, quali sono stati i ruoli che ti hanno messo maggiormente alla prova?
Sono stati tutti ruoli belli, come quello ne “La grande rabbia”, in cui interpretavo un boxeur che faceva incontri clandestini, che parlava romano dicendo che era di destra. È stata una grande sperimentazione che mi ha regalato tante cose bellissime. Non posso non citare anche quello di Malik, che mi ha fatto crescere tanto e aveva una grande responsabilità. Mi ha fatto responsabilizzare come attore e valorizzare tutto quello che c’è dietro una serie come “Nero a metà”.
C’è un tipo di ruolo che non hai avuto modo di fare e ti piacerebbe esplorare?
Ne sto affrontando proprio adesso uno interessantissimo ne “Il Tempo è ancora nostro”, diretto da Matteo Merli. È un film sul golf e interpreto un campione di questo sport. Mi sto allenando da tre mesi al Golf di Vicenza, che ringrazio per la disponibilità, e ho avuto la possibilità di riscoprire uno sport incredibile, sono pronto a iniziare le riprese. Sono sicuro che sarà un bellissimo film e che andrà molto bene.
Altri progetti in cui ti vedremo?
Siamo in scena al Teatro Biondo di Palermo nello spettacolo “Seagull Dreams”, io interpreto il personaggio di Trigorin. Sono in video ed è una sperimentazione diretta da Irina Brook ed è una rivisitazione che merita di essere vista. Siamo in scena in giro per l’Italia fino ad aprile. Poi ovviamente mi sto dedicando al mio monologo, sto mettendo tutto me stesso in questo spettacolo e ci tengo a far venire tanti giovani, per questo motivo sono stato anche nelle scuole, coinvolgendo l’assessore alla cultura di Vicenza, e credo che sia un bel messaggio per stimolare le persone a credere in sé stessi e non smettere di sognare.
Di Francesco Sciortino