Il 3 febbraio uscirà su Amazon Prime Video il film “Cassino in Ischia”, diretto da Frank Ciota, prodotto da Republic Pictures (Paramount) e con protagonisti Dominic Purcell, Miriam Candurro, Ugo Dighero e Carlotta Natoli. Abbiamo intervistato, su “La voce dello schermo”, Miriam Candurro che ci ha confidato quale prova abbia rappresentato per lei interpretare il personaggio di Titina Monti nel film di Ciota e affiancare la star di “Prison Break” Dominic Purcell. Ma non è tutto, Miriam ha anche parlato del suo grande amore per la scrittura e ha ripercorso le tappe più significative della propria carriera da attrice, da “Certi Bambini” dei fratelli Frazzi fino ad arrivare alle esperienze in “Capri”, “Un posto al sole”, “Cassino in Ischia” e una nuova serie di Rai 1 che vedremo prossimamente. A voi…
Salve Miriam, benvenuta su “La voce dello schermo”. Dal 3 febbraio ti vedremo in “Cassino in Ischia”. Quali aspetti ti hanno colpito di questa esperienza?
Salve a tutti, grazie. Credo sia un progetto molto originale, perché racconta di un attore che si sente un po’ fuori dai giochi, ed è un aspetto molto veritiero e in cui un attore può ritrovarsi, sentendosi fuori contesto, perché magari non ha più l’età giusta per interpretare dei ruoli. Lui ritrova uno slancio su un progetto assolutamente folle, girato in Italia, un luogo diverso dalle sue origini, che gli farà capire quali sono le priorità della sua vita. È un’idea carina, un progetto che ho sposato perché mi piaceva molto e mi dava la possibilità di lavorare su una lingua diversa dalla mia, che è l’inglese, e di sperimentare qualcosa di nuovo. C’è stata un’intesa istantanea con il regista, Frank Ciota, che è molto rispettoso, divertente e aveva sempre delle idee molto originali. È stato un bel viaggio e mi ha fatto sorridere sin dalla lettura della sceneggiatura. Presenta un modo di vedere l’Italia molto americano ed è un punto di vista che a noi manca.
In che modo racconta il nostro Paese da un punto di vista americano?
Frank ha origini italiane, aveva i nonni che vivevano qui e dai loro racconti è rimasto a un’idea di Italia molto romantica, anche per quanto riguarda il cinema. Nel film vediamo il regista, interpretato da Ugo Dighero, ancora legato alle immagini di Visconti, cosa che notiamo anche dalla locandina e dal trailer. Lavora ancora su un neorealismo degli anni ’50-’60 che chiaramente qui non esiste più. Ci sono degli aspetti che vengono raccontati che sono molto lontani dal cinema che si fa oggi. È molto caratteristico vedere come il regista abbia rielaborato i racconti che ha ascoltato riguardo il cinema italiano degli anni ’50 e assistere a questo omaggio da parte di un americano che ha un ricordo dell’Italia di quel tipo ed è cresciuto con quella filmografia.
Da attrice, invece, quali corde ti ha permesso di toccare interpretare il personaggio di Titina Monti?
È stato molto bello mettermi alla prova su una lingua diversa perché mi ha permesso di sperimentare, di lavorare sulla voce, di sentirmi più libera e di raccontare un personaggio molto complesso. Titina ha delle durezze, nonostante sembri tranquilla e sicura di sé. In realtà ha alle spalle delle situazioni che l’hanno portata ad avere timore di legarsi a un uomo e ad amarlo, soprattutto quando si tratta di un divo americano. L’ultima cosa che pensa possa esserci è un amore vero con un uomo che oggi è qui e domani potrebbe tornare in America. È stato divertente raccontare un personaggio che deve far sorridere, perché si tratta di una commedia, ma che ha anche dei risvolti di profondità e di fragilità che mette fuori in un tono di apparente leggerezza.
Riguardo la squadra com’è stato lavorare su questo set?
Ho girato praticamente tutte le scene con Dominic Purcell, mi sentivo come in una bolla e in un passo a due. Lui ha preso in mano le redini del film, ha portato a termine un lavoro non semplice, con grandissima professionalità ed è stato divertente lavorare con un attore che conoscevo perché fan di “Prison Break” e fa un certo effetto.
Ha detto Marcello Romolo che questo film racconta il lato amaro del vivere nel mondo dello spettacolo…
È verissimo, ha centrato il punto del film perché di base parla di un attore che deve sottostare alle regole dello show business e accettare che non possa essere più adatto per determinati ruoli, che venga scalzato da giovani attori più belli, più giusti e certi aspetti raccontati sono molto veritieri perché il nostro è un lavoro che vive momenti particolari e, per quanto possiamo far finta di non pensarci, è così.
Come ti sei confrontata con questo lato amaro che riguarda il mondo della recitazione?
È un qualcosa con cui ci confrontiamo quotidianamente. Noi attori abbiamo il nostro lavoro, ma nel momento in cui siamo su un progetto, non abbiamo la certezza che la carriera proceda nel modo migliore. Io cerco di lavorare al meglio su ogni progetto, cercando di non farmi troppe domande sul futuro. Perché fare programmi pensando che un lavoro possa portarti altro è sempre sbagliato. Può accadere che arrivino sorprese in un momento in cui non ti aspettavi nulla o magari su progetti in cui si puntava tanto non succede niente. L’imprevedibilità del nostro lavoro porta a non fare troppi programmi e a pensare all’oggi.
Qual è, secondo te, il lato dolce della recitazione, invece?
Sicuramente avere la possibilità di poter vivere tante vite e di poterti immergere totalmente in un’altra persona, perdere i contorni di se stesso e lanciarsi in un’altra vita. Siamo dei privilegiati da un certo punto di vista, perché il destino ti offre una vita e un destino, mentre noi attori ne possiamo avere mille e possiamo essere tante altre persone.
Se dovessi riassumere le tappe della tua carriera, quali sceglieresti?
Il primo film non si scorda mai e “Certi Bambini” dei fratelli Frazzi mi ha fatto entrare nel mondo del cinema dalla porta principale, vincendo anche premi, e mi ha permesso di catapultarmi all’interno del mondo della recitazione. Non sono tra quelle persone che sin da bambina pensava di fare l’attrice e mi sono affacciata a questo lavoro grazie a questo film. È stato il punto di partenza e una delle tappe fondamentali. Un altro momento significativo è stato far parte della seconda stagione di “Capri” perché c’è stata una svolta importante, visto che la serie otteneva circa 8 milioni di telespettatori a serata. Entrare nella seconda stagione, da protagonista, ha rappresentato per me un punto di svolta che mi ha permesso di poter lavorare in questo ambiente. “Cassino in Ischia” è un’altra tappa importante perché è il mio primo film in lingua straniera da protagonista ed è un regalo inaspettato, che mi ha sorpreso e stupito positivamente. È stata una bella sfida e mi sono molto divertita.
E “Un posto al sole”?
“Un posto al sole” è casa, famiglia e il mio rifugio. È una sensazione meravigliosa e credo che il tipo di clima che si respira su questo set e il tipo di lavoro che facciamo sia straordinario per i tempi che abbiamo a disposizione, per il numero di scene che giriamo al giorno e per gli incastri. Fare questa esperienza significa fare una palestra che ti può permettere di recitare da qualsiasi parte, in qualsiasi modo e su qualsiasi ruolo.
Tu hai fatto parte di tanti prodotti amati dal pubblico. Che rapporto hai con la gente che ti segue?
È meraviglioso. Noi non siamo niente senza pubblico. È parte integrante del nostro lavoro, è l’altra faccia della medaglia e quello dell’attore, se non si ha un pubblico che guarda, è un mestiere fine a se stesso. È bellissimo avere la possibilità di confrontarsi con i fan e di salutarli. Con altri attori di “Un Posto al sole”, siamo attualmente impegnati a teatro in “Streghe da marciapiede” e gran parte del pubblico rimane ad aspettare per salutarci. Il contatto con le persone che ti vogliono bene e che ti guardano è una sterzata di energia e di autostima ed è un aspetto molto bello.
Riguardo lo spettacolo “Streghe da marciapiede”, diretto da Stefano Amatucci, come sta andando?
Sta andando molto bene, siamo a Roma, al teatro Vittoria, dal 15 al 20 aprile, è una black comedy molto divertente.
Attualmente stai girando, possiamo dire qualcosa?
Sto girando una nuova serie per Rai1 che si intitola “A casa di papà”, è un personaggio molto divertente, mi vedrete in una veste nuova ed è una commedia molto carina che sono certa piacerà.
Ti sei avvicinata anche alla scrittura, com’è nato questo incontro?
La scrittura è il mio grande amore, ho sempre scritto, sin da quando ero bambina. Ho fatto gli studi classici, mi sono laureata in lettere classiche e scrivere è sempre stato un processo naturale per me. Ho scritto due libri: “Vorrei che fosse già domani” con Massimo Cacciapuoti e un secondo da sola che si intitola “La settima stanza”. Al momento sto scrivendo un altro progetto e quando avverto una necessità di raccontare una storia che mi viene in mente non posso esimermi dallo scrivere.
Se fossi una giornalista che domanda faresti a Miriam?
Le chiederei se è felice dal punto di vista professionale. Risponderei di sì, a livello professionale sento una maturità che prima non sentivo e mi sento pronta a lanciarmi in esperienze diverse rispetto a quelle strettamente legate alla recitazione ed è qualcosa di nuovo con cui mi sto confrontando. Dal punto di vista personale mi sento anche molto felice e credo che vada di pari passo con il percorso professionale perché, quando si sta bene, è molto più semplice essere produttivi lavorativamente.
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa ascoltare la voce dello schermo?
Significa fare silenzio per permettere alla voce dello schermo di arrivare nei punti giusti, che non è necessariamente l’udito. La capacità della voce dello schermo è quella di toccare delle emozioni più profonde, che sono le emozioni e i sentimenti. Ascoltare la voce dello schermo significa entrare nella parte più intima e personale di chi ascolta ed è una grande responsabilità.
Di Francesco Sciortino