Le indagini del vicequestore Rocco Schiavone sono tornate a tenerci compagnia il mercoledì sera su Rai 2 e su Rai Play. La serie tratta dai romanzi di Antonio Manzini, prodotta da Cross Productions, diretta da Simone Spada e con protagonista Marco Giallini continua a dimostrare una qualità fuori dal comune e a tenere alta l’attenzione dei telespettatori. Mentre ci gustiamo, durante queste settimane, le puntate della sesta stagione, abbiamo intervistato su “La voce dello schermo” la new entry della serie: Paolo Bernardini. Chiamato a farsi apprezzare nei panni di Italo Pierron e a raccontare lo stato d’animo di un personaggio allo sbando, Paolo ci ha parlato degli aspetti che ha amato della serie e di Italo, di come sia stato per lui inserirsi nella squadra di “Rocco Schiavone”, del suo rapporto con Marco Giallini e ci ha ricordato le altre esperienze più significative della propria carriera, anche fuori dall’Italia: da “Tutti i soldi del mondo” di Ridley Scott con Michelle Williams, Mark Wahlberg e Christopher Plummer a “Il velo nuziale” con la star di “The O.C.” Autumn Reeser e a un nuovo progetto che lo vede coinvolto al fianco di Whoopi Goldberg. A voi…

Salve Paolo, benvenuto su “La voce dello schermo”. Ti stiamo vedendo nelle nuove puntate di “Rocco Schiavone”. Hai ereditato Italo e i suoi problemi. Come ti sei approcciato a questo personaggio, in base anche a quanto abbiamo visto nelle stagioni precedenti?
Salve a tutti, grazie. Interpretare Italo ha rappresentato per me una sfida affascinante, nonostante emergano soprattutto i suoi lati oscuri e gli errori che ha fatto in passato. A livello personale, guardando la serie, ho cercato un po’ di proseguire quanto fatto in precedenza. Tuttavia, ho provato a trasmettere le sensazioni che vivevo nell’interpretarlo, ma devo dire che è stato tutto molto semplice perché ho ritrovato subito sul set quell’energia ricreata dagli altri membri del cast, da Marco Giallini ad Alberto Lo Porto, che interpretavano i loro personaggi. Sin dal primo ciak ho avvertito la tensione che alimentava Italo.
Quali aspetti ti hanno affascinato di lui?
Mi piacciono i suoi non detti, quello che dice è sempre pensato, non ragiona tanto d’istinto, è scuro e ombroso, i suoi silenzi dicono molto e queste caratteristiche lo rendono un personaggio molto forte. Secondo me, Italo non è un cattivo e ha un animo buono, fragile e sensibile ma è stato vittima delle situazioni. Sono stato travolto dalla fragilità e dalla debolezza del personaggio e ho cercato di stargli accanto, come fanno gli altri personaggi nella serie.
Interpretandolo, hai dovuto confrontarti anche con una problematica molto attuale: la ludopatia…
Sì, è un problema molto attuale e l’abbiamo riscontrato anche nel mondo del calcio. Scommettere in questo modo porta guai, perché si innesca un meccanismo che porta a rigiocare continuamente se la piazzata non va in porto. Immagino che si crei un circolo vizioso, che potrebbe provocare un accumulo di debiti e a conseguenze molto gravi, non soltanto a quella persona, ma anche a chi lo circonda. Italo, infatti, nella ludopatia coinvolge tutti gli altri personaggi.
Com’è stato far parte di questa squadra?
È stato un po’ assurdo. Ho conosciuto Marco Giallini circa vent’anni fa quando entrò come cliente nel negozio di abbigliamento dove lavoravo. Essendo entrambi appassionati di musica, parlammo dei nostri gruppi preferiti e andai a vedere, con lui e gli altri ragazzi del negozio, il concerto dei Blue Oyster Cult. Da lì è nata una sorta d’amicizia. L’ho sempre stimato, sia come attore che come persona. Ritrovarlo sul set ha rappresentato una favola che si avvera e un piccolo sogno che si realizza. Il fatto che già conoscessi Marco mi ha aiutato meglio a rompere il ghiaccio e mi ha fatto sentire a mio agio, iniziando a fare battute, come lo conosciamo tutti. Anche gli altri ragazzi sono stati molto cordiali. Entrare in una sesta stagione non è sempre facile e scontato ma tutti, dal primo giorno, sono stati molto attenti nei miei confronti, compreso il regista Simone Spada, e abbiamo fatto chiacchierate interessanti. Mi sono trovato in una situazione in cui mi sembrava di essere già stato.
Dal momento che la serie è un prodotto molto amato, compresi i suoi protagonisti, hai mai avuto un po’ di timore del riscontro del pubblico?
Sinceramente non mi sono mai posto il problema fino a questo momento. Credo sia normale che il pubblico si affezioni ai personaggi, che faccia un po’ parte del gioco e quando vengono cambiati a volte gli spettatori possono non essere d’accordo. Tuttavia, ritengo che l’importante sia aver fatto il mio lavoro e che abbia dato il massimo per non lasciarli troppo amareggiati. Quando vado sul set studio, lavoro, faccio del mio meglio e ritengo non spetti a me giudicare.
La serie è stata spesso accompagnata da alcune polemiche, nonostante tratti tematiche delicate come appunto mostra il personaggio di Italo. Come reputi questo pregiudizio nei confronti della serie?
Credo siano pregiudizi che vanno avanti ormai dalla prima stagione e ritengo che “Rocco Schiavone” sia una serie che funzioni proprio perché, nonostante queste polemiche, è riuscita ad arrivare alla sua sesta stagione. È fatta bene, è una storia tratta dalla scrittura di Antonio Manzini e c’è dell’attuale ma anche del fittizio. È un po’ come nella vita reale: ci sono dei momenti belli e momenti brutti che bisogna comunque raccontare.
Hai conosciuto tanti set internazionali. Com’è stato lavorare all’estero?
Lavorare all’estero è sempre stato un traguardo che mi ero prefissato da quando ero più giovane. Essendo madrelingua francese e parlando l’inglese, avevo agenzie anche all’estero e ho fatto diversi provini per prodotti internazionali. Noi italiani siamo riconosciuti anche per il nostro modo di arrangiarci e questo aspetto piace molto fuori dall’Italia. Mi sono trovato molto bene sia in Italia sia all’estero. Durante la mia carriera, ho avuto l’opportunità di lavorare con dei professionisti eccezionali e credo sia normale ottenere ottimi risultati disponendo di più tempo e di più budget, come avviene all’estero, perché permette di realizzare tutto con una maggiore serenità. In Italia, avendo tempi più ristretti, dobbiamo andare un po’ più veloci. Credo che la differenza la facciano il tempo e il budget a disposizione, perché anche il cinema italiano ha dei grandissimi professionisti.
Ne “Il Velo Nuziale” sei stato protagonista accanto ad Autumn Reeser. Com’è stato lavorare con lei?
È una persona squisita, ci siamo conosciuti a Sofia e siamo andati a cena con il regista. Dopo cinque minuti, eravamo già molto amici e carichi per il percorso che stavamo intraprendendo. Ai tempi mi disse: “Guarda, questa è una delle sceneggiature più lunghe che abbia mai ricevuto. Ma tu sei italiano, come fai?! È difficilissimo!”, Le risposi che la sera studiavo e la mattina andavo sul set. Era davvero una sceneggiatura lunghissima ed è stata una scommessa che ho vinto con me stesso. Con Autumn ci sentiamo spesso, siamo in ottimi rapporti, avendo fatto due film insieme, ed è davvero una persona alla mano.
A quali altre esperienze sei legato?
Non ce n’è una in particolare. Ogni esperienza mi lascia qualcosa da ripetere o da non ripetere, ma quando mi sono trovato sul set di “Tutti i soldi del mondo” di Ridley Scott, con Michelle Williams e Mark Wahlberg è stata una situazione un po’ assurda, che mi ha fatto sentire quasi in un limbo, ma è stata un’ulteriore prova per dimostrare di essere un professionista e per fare bene un lavoro. Ogni progetto in cui mi trovo mi lascia qualcosa, mi permette di conoscere nuove persone e si crea come una nuova famiglia. Cerco di prendere il meglio che c’è da ogni esperienza lavorativa.
Con Michelle Williams e Mark Wahlberg, invece, com’è andata?
Sul set non ho avuto modo di legare tanto con Michelle perché stava girando le scene in cui le avevano rapito il figlio ed era entrata molto nel personaggio, per cui non ho voluto disturbarla. In seguito, ci siamo rivisti al centro di Roma e ci siamo fatti due chiacchiere e due risate. Lavorare con Wahlberg, invece, è stato più semplice.
Riguardo i prossimi progetti, c’è qualcosa che puoi accennare?
Ho due progetti: uno Rai che si chiama “Balene” ed è diretto da Alessandro Casale ed è una serie molto interessante. Inoltre, ci sarà un film molto interessante diretto da Federica Biondi che si intitola “Leopardi & Co” dove recito al fianco di Whoopi Goldberg, che è un idolo della mia infanzia, ritrovarsela come compagna di set è stato fantastico e una bella fortuna lavorare anche con lei.
Se fossi un giornalista che domanda faresti a Paolo?
Gli chiederei: “Hai fatto la scelta giusta scegliendo questo lavoro?” e risponderei che ogni giorno sono super contento di aver fatto questa scelta ma allo stesso tempo mi maledico! (ride ndr.)
Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?
Significa ascoltare ogni voce che ha qualcosa da dire.
Di Francesco Sciortino