“FolleMente”, il nuovo film di Paolo Genovese, sta letteralmente polverizzando ogni record al box office. Una bella dimostrazione di quanto la gente abbia ancora tanta voglia di riempire le sale e di sorridere di fronte a una commedia interessante. Uno dei punti di forza del film, oltre alla regia e alla scrittura, è indubbiamente un cast potente, composto da gran parte degli attori più rappresentativi del nostro cinema: dai protagonisti dell’incontro, Pilar Fogliati e Edoardo Leo, alle voci interiori dei due personaggi: Emanuela Fanelli, Maria Chiara Giannetta, Claudia Pandolfi, Vittoria Puccini, Marco Giallini, Maurizio Lastrico, Rocco Papaleo e Claudio Santamaria. Abbiamo avuto il piacere di intervistare Pilar Fogliati su “La voce dello schermo“, che ci ha raccontato gli aspetti più interessanti del nuovo film di Genovese e dell’interpretare il suo personaggio. Ma non è tutto: dai pensieri di Lara a quelli di Pilar, l’attrice ci ha inoltre confidato le sensazioni che l’hanno accompagnata in occasione delle sue vittorie ai Nastri D’Argento come migliore attrice in un film commedia, la prima nel 2023, dopo aver curato la sceneggiatura, la regia e interpretato quattro personaggi differenti in “Romantiche”; la seconda nel 2024, dopo essersi divisa tra Vittoria e Otto Novembre in “Romeo è Giulietta” di Giovanni Veronesi. A voi un’interessante chiacchierata con Pilar Fogliati: un’attrice che non smette più di stupirci…

Salve Pilar, bentornata su “La voce dello schermo”. È nelle sale “Follemente”, il nuovo film di Paolo Genovese, un viaggio tra relazioni ed emozioni. Quali aspetti hai amato raccontare di questa commedia?
Salve a tutti, bentrovati. È stato interessante indagare sul quesito: “La nostra complessità psicologica è la più grande meraviglia del mondo o a volte è un peso?”. È un po’ ciò che si chiede il film, si pone l’interrogativo con enorme tenerezza e ci fa dire: “poverini questi esseri umani, quanto sono complicati!” Ma lo sono per amor proprio o per amore per il prossimo?
Com’è andato il lavoro con Paolo Genovese?
Paolo è una persona fantastica, curiosa degli altri esseri umani e questi aspetti lo rendono anche un regista incredibile. È stato un lavoro un po’ complicato e particolare, perché io e Edoardo (Leo ndr.) abbiamo girato da soli, senza gli altri membri del cast che interpretavano le voci. Durante le riprese, dovevamo fare delle pause innaturali perché ci veniva detto che in un determinato momento sarebbe stata inserita la battuta di uno dei personaggi che facevano le voci dentro la testa. È stato tecnicamente molto complesso perché eravamo in due ma, allo stesso tempo, anche in dieci a questo primo appuntamento.
Il compito dell’attore è quello di raccontare le emozioni ed è, per certi versi, quello che fa anche “FolleMente”. Come riesci a trovare un equilibrio tra emozioni e razionalità?
È molto difficile, molto spesso si trovano in conflitto. Da una parte siamo mossi da emozioni primordiali e dall’altra esiste la ratio, che cerca di estrarle e di metterle in ordine in base all’importanza o alla necessità. Il conflitto umano è quello: la verità del corpo e il filtro della testa e in questo siamo tutti un po’ simili. Mi considero razionale e, prima di prendere una decisione, mi chiedo se quello che sto per fare sia giusto o sbagliato, se sia etico o no e penso all’immagine che voglio mostrare. Mi rendo conto, però, di quanto il corpo sia la cosa più sincera che abbiamo. Quando si ascolta una canzone, ad esempio, si ha un brivido fisico ma anche emotivo. Parole come “brivido” o “chimica” sono, secondo me, le più interessanti, perché appartengono a quel lato misterioso e più affascinante dell’essere umano.

Dai pensieri di Lara a quella di Pilar. Cosa ti è passato per la testa durante le vittorie ai Nastri d’argento?
Sicuramente gratitudine, emozione e sana ansia nel dire: “Oh cavolo, è tutto vero! Adesso devi continuare così!”.
“Romantiche” ha rappresentato per certi versi un punto importante per la tua carriera: nonostante avessi già fatto parte di tanti progetti interessanti, hai sentito la necessità di metterti ulteriormente alla prova…
Credo che in “Romantiche” si percepisse la mia voglia di raccontare con onestà e sincerità una storia e, nel mio caso, dei personaggi. Sono ossessionata dai caratteri umani, dalle persone goffe, che hanno delle insicurezze, delle titubanze e che non sono straordinarie. Sentivo fortemente nel cuore di voler dare dignità a personaggi un po’ esagerati e folli che mi facevano sorridere e provare tenerezza. Ho voluto imbattermi in questa sfida per vedere se quello che percepivo nei loro riguardi lo provavano anche le persone che avrebbero visto il film. Leggere i commenti, con citazioni dei personaggi e con riferimenti a persone simili a quelli da me descritte, mi ha riempito di grandissima gioia e soddisfazione. Era un gioco di ironia, con un fondo di tenerezza e di realtà.
Che sfida ha rappresentato curare sia la sceneggiatura sia la regia?
Il lavoro da sceneggiatrice è stato un processo bello e liberatorio. Scrivere è meraviglioso, sto continuando a farlo e sono innamorata della scrittura. La regia è molto più delicata, in “Romantiche” sentivo di poter prendermi questa responsabilità, con tutta l’umiltà del mondo, perché conoscevo alla perfezione quello che volevo che uscisse fuori e mi sono messa a disposizione tutti i mezzi per raccontare ciò che volevo, decidendo cosa fare dire ai personaggi e come inquadrarli. Era un mondo che avevo nella mia testa e mi è sembrato molto naturale doverlo dirigere io.
A quando una nuova prova di questo tipo?
Ho delle idee nella mia testa, spero di concretizzarle presto e la commedia è il genere in cui mi sto dedicando maggiormente a livello di scrittura.
In “Romantiche” hai creato e interpretato quattro ruoli diversi, in “Romeo è Giulietta” hai vestito i panni di un personaggio maschile. Hai, per certi versi, sfidato ogni limite di un’attrice. Secondo te, nella recitazione c’è un confine che non può essere oltrepassato?
No, non ci possono essere limiti per un attore. Il nostro compito è di sospendere il giudizio e di metterci accanto a un personaggio. Amo moltissimo la trasformazione e più un ruolo è lontano da me più sono felice di interpretarlo, perché reputo molto più interessante entrare nei panni degli altri e lo considero sia uno stimolo che una ricerca umana.
Secondo te, artisticamente chi è Pilar?
Non so definirmi artisticamente, mi spaventa anche un po’ farlo. Credo di essere innamorata degli esseri umani, delle loro complessità e dei loro errori.
Di Francesco Sciortino